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"Eppur mi son scordato di me": Recensito incontra l'attore e regista Paolo Triestino

Recensito ha incontrato l’attore Paolo Triestino, interprete e regista dello spettacolo “Eppur mi son scordato di me”, scritto da Gianni Clementi e in scena al Teatro Vittoria fino al 14 maggio. Un viaggio nel tempo sulle note di Lucio Battisti, per tornare alla giovinezza, alle sue gioie semplici, alle sue delusioni che sembrano insormontabili, ma senza inciampare nella nostalgia.

La parte musicale è una componente fondamentale dello spettacolo e serve a riannodare il passato e il presente del protagonista. La scelta di affidare a Lucio Battisti questo “compito” si ricollega a un suo vissuto personale?
"Lucio Battisti era il cantante preferito sia mio che dell’autore, Gianni Clementi. Volendo affrontare un discorso su ciò che eravamo e ciò che siamo diventati, lui era sicuramente l’emblema della nostra trasformazione. Quindi lo spunto è stato proprio questo: se Battisti mi incontrasse adesso, mi vorrebbe bene, si litigherebbe, mi abbraccerebbe, si vergognerebbe...? E poi i sogni: che fine hanno fatto? Da che parte stanno? Da qui è partita la storia che Gianni ha scritto, della quale abbiamo parlato nell’anno di gestazione dello spettacolo e che io, quando sono sul palco, racconto come se fossi a cena con amici. L’intento era proprio quello di non tirare fuori uno spettacolo che fosse retorico e lacrimevole, pieno di rimpianti che sarebbero rimasti fini a se stessi. Battisti, quindi, è diventato naturalmente il “protagonista” perché ci sembrava l’unico che riuscisse a travalicare anche gli schieramenti politici, così forti in quel periodo. Ha, inoltre, il grande pregio di essere ancora molto ascoltato: proprio di recente mi è capitato di sentire un ragazzino di undici anni intonare spontaneamente “Il mio canto libero”. E io, davanti a Eppur2lui, mi sono chiesto: E che ne sa questo bambino?".

Il pregio di Battisti è quello di essere non solo un cantautore generazionale, in cui lei e i suoi coetanei si identificano per evidenti questioni anagrafiche, ma anche transgenerazionale, capace di parlare a tutti simultaneamente.
"Ho visto ragazzi in sala che erano presi e colpiti da questo mondo che noi raccontiamo e di cui noi non diciamo “Era meglio, era più bello”. La prima messa in scena di questo spettacolo è stata proprio la sera dopo l’attentato al Bataclan: la nostra idea è stata di mettere la bandiera francese sul fondale e, alla fine, cantare tutti insieme “Il mio canto libero”, dedicando una canzone così intensa a Parigi e a quelle ore terribili".

Lo spettacolo, attraverso la musica, congiunge la storia personale del protagonista con la storia del Novecento, che ritorna in una pietra miliare del cinema come “Il grande dittatore”.
"Ognuno di noi ha la propria colonna sonora che, inevitabilmente, ci lega a ciò che sullo sfondo sta accadendo: se penso alle canzoni che ho amato nella mia vita ci sono i Beatles, i Sigur Rós, ma anche “Avrai” di Claudio Baglioni. Molte, inutile dirlo, sono di Battisti, autore immenso e che continua ad accompagnare la giovinezza, la convivialità, la socializzazione anche oggi. Tutto questo vissuto personale si ricollega a delle parole e a una storia che ritrova ne “Il grande dittatore” la sua summa: un discorso eterno, che continua a parlare agli spettatori".

Eppur1Da cosa deriva la scelta di chiudere lo spettacolo proprio con il monologo de “Il grande dittatore”?
"Quella è stata una mia scelta personale che non era presente nel testo iniziale. Mi è sembrato bello perché mentre quando Antonio va con Francesca al cineforum del discorso non sente niente, mentre il fatto che nel finale sia proprio Lucio Battisti, emblema della sua giovinezza, a prenderlo per mano e a condurlo verso la comprensione, identifica una relazione tra ciò che il protagonista era e ciò che è".

Quale crede che sia una figura di riferimento, insieme a Lucio Battisti, in grado di parlare alle generazioni presenti e future?
"Uno che mi sembra ancora oggi almeno venti passi avanti è senza dubbio Rino Gaetano. È stato capace di portare nelle sue canzoni una profondità e una lungimiranza inedite che non ha o ha avuto nessuno: l’attualità di “Nuntereggae più” è incredibile, eppure è stata scritta quarant’anni fa.
Ma anche il Pasolini di “Profezia”, con la sua descrizione di “Alì dagli occhi azzurri” sembra cronaca di questi giorni. Queste figure ci mettono davanti alla triste verità che non è cambiato nulla, se non una parziale consapevolezza di ciò che è bene o ciò che è male. Ci siamo abituati alla violenza e alle tragedie, al punto da aver perso l’umanità, ed è un elemento che emerge anche nello spettacolo, quando il collega di Antonio suggerisce di investire il ragazzo di colore al semaforo".

Quando Battisti “compare” in scena sembra di avere a che fare con un personaggio pasoliniano, anche in virtù del suo soprannome, il “Riccetto”.
"È una analogia non voluta, ma è in questo che risiede la bellezza del teatro: nella possibilità di assistere a uno spettacolo, trovarci dentro qualcosa di personale e riallacciarlo alle storie e ai testi di altri, proprio come quest’immagine, che si colloca perfettamente in Eppur mi son scordato di me".

Letizia Dabramo 13/05/2017

Leggi l'intervista a Gianni Clementi: https://www.recensito.net/rubriche/interviste/gianni-clementi-incontra-recensito-parlare-suo-eppur-mi-son-scordato-di-me-intervista.html

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