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Cechov: il progetto di studi degli allievi registi dell’Accademia Silvio d’Amico e Giorgio Barberio Corsetti. Intervista all’allievo Andrea Lucchetta

Dalla fredda e affascinante Russia, arriva “Cechov”, il progetto di studi degli allievi del II anno del Corso di Regia dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, a cura del M° Giorgio Barberio Corsetti.
Agli allievi registi Andrea Lucchetta e Luigi Siracusa, si unisce l’allieva diplomata Francesca Caprioli che, dal 25 febbraio all’8 marzo, al Teatro Studio Eleonora Duse, portano in scena, rispettivamente, Dio è morto sulla strada maestra, Sulla riva del lago e Ivanov, riscritture delle opere dello scrittore/drammaturgo russo.
Il 25 e il 26 febbraio, alle ore 20, Andrea Lucchetta inaugura il palcoscenico: l’abbiamo incontrato per approfondire il progetto e avere qualche chicca dal “dietro le quinte”.

E’ di appena qualche giorno fa la notizia che Giorgio Barberio Corsetti, ideatore del progetto “Cechov”, è stato nominato Direttore del Teatro di Roma.
Partiamo proprio dalla collaborazione con il Maestro.
Com’è stata l’esperienza con un esponente illustre del teatro italiano? Da quanto state lavorando al progetto?


Non è la prima volta che Corsetti collabora ai saggi di noi allievi registi dell’Accademia,proponendo di volta in volta un autore e, spesso, anche i testi su cui lavorare.
Sin dall’inizio, ci è stato vicino nel momento in cui avevamo bisogno di consigli nell’impostazione di alcune scene, così come di grande supporto è stato anche l’aiuto-regista Fabio Condemi. Quest’anno, a dicembre, il Maestro ha proposto Cechov e siamo stati molto entusiasti, quindi, è iniziata la ricerca del testo giusto da mettere in scena. Nonostante il mio testo cechoviano preferito sia Ivanov, non sono stato subito sicuro di voler scegliere proprio quell’opera e ho preferito prendermi del tempo per riflettere bene: forse devo ancora sviluppare la giusta sensibilità per accostarmi a un’opera così importante come quella; poi ho pensato a una riscrittura de Le tre sorelle, ma non ero convinto, così, ho ripreso la mia collezione Einaudi degli Atti Unici e il primo è stato proprio Sulla strada maestra…

Ecco, questa è l’opera di Cechov meno rappresentata … Perché l’hai scelta? Da che idea sei partito?

Una delle ultime messe in scena dell’opera è quella al Teatro Eliseo, nel 2011, a cura di Dario Marconcini. Il testo mi ha colpito in particolar modo, lo trovo molto moderno e affascinante, come del resto tutto il teatro russo. 
Ho affrontato il testo cercando di dare una mia reinterpretazione, grazie anche all’aiuto della drammaturga (Giulia Bartolini, ex allieva attrice dell’Accademia), ho voluto modificare il titolo in Dio è morto sulla strada maestra. 
Infatti, il testo presenta diversi personaggi che si ritrovano, nel mezzo di una notte tempestosa, in una locanda lungo una strada maestra e, tra di loro, c’è quella che viene definita come una “voce dall’angolo”, io l’ho resa “viva”: seguendo un crescendo, sembra prima rappresentare la voce del popolo, ma poi, a poco a poco, diventa quasi un’entità divina.
E’ una divinità che, tuttavia, può rappresentare diverse disposizioni, concetti, pensieri, che ritornano nel finale, che voglio sia una libera interpretazione di chi guarda.Il lavoro che ho cercato di fare con Giulia Bartolini è quello di dare sostanza, di dare corpo a personaggi e azioni che, nella lettura originale, volevo esprimessero e contassero di più.Quello che mi interessa, inoltre, è dare l’idea che tutti i personaggi, sebbene inizialmente ostili tra loro, in particolare con uno di loro, alla fine si uniscano in uno stesso destino, prendano su di sé la sofferenza altrui e tentino un riscatto, è un “nessuno si salva da solo”.

Qual è stata l’impressione del M° Corsetti sulla tua scelta e, poi, sull’interpretazione dell’opera?

E’ stato molto contento della scelta, in quanto testo poco rappresentato e anche poco noto.
Io stesso ho voluto fare una scelta “differente”, perché mi piace raccontare storie nuove, diverse, che possono coinvolgere realmente il pubblico e non semplicemente assuefarlo.
Infatti, credo che il ruolo del teatro sia proprio questo, riuscire a parlare ed arrivare a tutti, anche se l’opera rappresentata non è la più semplice da capire. Sta qui l’abilità del regista, dei drammaturghi, degli attori. Non a caso, nella messa in scena ho deciso di fare in modo che il pubblico stesso diventi attore, in qualche modo, e che il teatro Duse diventi la locanda della nostra storia …

Come hai lavorato con gli attori e gli altri membri della compagnia?

Per me il teatro significa lavoro comune: io, da regista, posso avere un’idea sul testo, impostarlo come piace a me, ma è nel confronto comune, con tutta la compagnia, dagli attori, alla drammaturga, allo sceneggiatore, il tecnico delle luci, che poi lo spettacolo prende effettivamente vita, perché si mettono insieme idee e si fa luce su pensieri, aspetti cui, magari, non si aveva pensato e che possono cambiare la visione stessa dell’opera.

Qual è, quindi, la tua idea di teatro?

Il teatro è sempre stato per me l’incontro di diverse arti: costumi, scene, luci, tutto è fondamentale per la costruzione dell’opera e per solleticare la fantasia dello spettatore, specie in una realtà come la nostra in cui siamo sempre e solo circondati da visioni “imposte”, rigide, predefinite, a partire dagli schermi digitali che sono ovunque ormai: cellulari, Tv, vetrine … A teatro si deve essere liberi di immaginare.

 Cechov ha affermato di non voler portare in scena eroi o persone dalla straordinaria intelligenza, ma uomini comuni, semplici che vivono i fenomeni normali della vita quotidiana…

Sono d’accordo. E' un discorso che va esteso anche al pubblico. Io ho iniziato ad avvicinarmi al mondo del teatro, anche come attore, attraverso le recite teatrali della mia parrocchia. Quindi, sono dell’idea che il teatro debba essere di tutti, deve emozionare tutti, ecco, deve sollecitare persino la vecchina della mia parrocchia. E’ necessario trovare un equilibrio tra la rappresentazione più propriamente “di nicchia” e una “popolare”,
tutti devono godere della rappresentazione. Il vero capolavoro, secondo me, è quello che riesce a parlare a tutti: Euripide, Shakespeare e De Filippo, per citare alcuni dei grandi della storia del teatro, riuscivano a comunicare con ogni tipo di spettatore, dal più al meno colto.

Stai pensando già a progetti futuri? Quale opera ti piacerebbe portare in scena?
Al momento sto lavorando, con una compagnia teatrale di Napoli, sul testo Ricorda con rabbia di John Osborne, drammaturgo britannico. Il mio sogno nel cassetto, però, è realizzare la Medea di Euripide e Questi Fantasmi di Eduardo De Filippo, due grandi capolavori su cui è necessario lavorare sodo e a lungo: ci vuole una ricerca approfondita per un lavoro fatto bene.
Di Cechov, invece, mi piacerebbe lavorare sui Racconti, in cui credo ci siano spunti e suggestioni che ritornano anche nelle altre opere, infatti, ho consigliato di leggerli anche agli attori per la preparazione dello spettacolo.

Noemi Riccitelli  22/02/2019

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