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Il cibo è la nostra carta d’identità: al Maxxi la mostra “Food dal cucchiaio al mondo”


Qual è l’ultimo pasto di un condannato a morte? Perché il cibo è considerato l’ultimo piacere che si può concedere? Le risposte sono custodite nelle foto di Henry Hargreaves, che ha catalogato le portate richieste come ultimo desiderio prima di morire da diversi condannati a morte in America. Il terrore è negli occhi di chi le guarda e avverte, anche solo per poco, quel piacere fugace custodito da quei sapori.
Il cibo è un indicatore preciso della nostra personalità, della nostra cultura, dei nostri spazi, del nostro passato e del nostro futuro. Tutto è esposto sulle nostre tavole. La mostra “Food dal cucchiaio al mondo”, istallata al Maxxi, Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, offre una mappa concettuale del “food”, attraverso lo spazio sociale del cibo, dal corpo, all’ambiente domestico, dalla strada alla città, dal paesaggio alla geopolitica degli scenari mondiali. “Food dal cucchiaio al mondo” cerca di non tralasciare le numerose questioni che ruotano intorno al cibo, dal glamour, infatti c’è un’area dedicata al cibo in tv, al food design, dalle proteste verso le multinazionali che hanno monopolizzato le coltivazioni, alla riqualificazione del paesaggio.
La sezione “Corpo” indaga gli aspetti rituali, religiosi e intimi dello spazio legato al cibo. C’è una stretta connessione tra la religione e il cibo, basti pensare al rituale cristiano dell’eucarestia, ai preparativi per le festività religiose, all’imbandire banchetti per sancire e celebrare ricorrenze importanti. Il cibo in questa sezione è uno strumento di empatia nelle foto di Henry Hargreaves, di sostentamento in situazioni straordinarie come le bustine di quinoa per gli astronauti, e di immaginario nelle composizioni “Fictitious Dishes” di Dinah Fried, piatti fittizi scaturiti dalla lettura di pietanze e banchetti nei romanzi.
Il cibo plasma l’ambiente domestico e familiare. Nella sezione “Casa” ci sono le foto in bianco e nero delle cucine collettive nelle Kommunalka, ideate da Lenin, in cui ogni fornello era attribuito a ciascuna famiglia, con risultati simili alle cucine delle case degli studenti fuori sede. Lo spazio dedicato alla cucina si è ampliato nel corso del tempo, con l’invenzione di elettrodomestici, il frigorifero, il forno, la lavastoviglie, che hanno modificato il processo di conservazione e rielaborazione del cibo.
Al di fuori delle mura domestiche anche la strada è il luogo dove si mangia, si compra, si trasporta, si trasforma il cibo; progettata per ospitare ampi supermercati o carretti dello street food, o ancora per permettere gli scambi commerciali e culturali. Lungo le strade sorgevano e sorgono strutture architettoniche diverse per il rifocillamento durante un viaggio. Le foto di Rajes Vora documentano la vita dei Dabbawalas, dei fattorini che hanno il compito di consegnare il cibo ai lavoratori di Mumbai; seguire il loro itinerario giornaliero consente di restituire una mappa fedele della vita di quella città.
Nella sezione dedicata alla città, l’attenzione è centrata su come lo spazio urbano si è modificato seguendo l’evoluzione della produzione, stoccaggio, distribuzione e smaltimento del cibo. Rintracciando la posizione del granaio nella città, ad esempio, è possibile studiare il ruolo della sicurezza alimentare nelle varie epoche storiche. Nelle città persiste l’importanza del mercato quale luogo di scambio al centro della vita pubblica, in linea con la scelta di mantenere le tracce dell’agricoltura in città, attraverso numerosi progetti di agricoltura urbana landscape urbanism e agricivismo. Anche i ristoranti e i supermercati sono luoghi architettonici rilevanti, che contribuiscono a caratterizzare lo spazio urbano.
Le sezioni “Paesaggio” e “Mondo” mostrano la costante ricerca di un equilibrio, al fine di limitare lo sfruttamento delle risorse, di cercarne sempre nuove, ad esempio sostituire l’apporto proteico della carne con un panino di cavallette secondo gli studi di Pedro Reyes, di proteggere la biodiversità, grazie alle sinergie di architetti e biologi è stata creata una cassaforte per custodire tutti i semi del mondo, la Global Seed Vault, in Norvegia.
Il cibo ha sempre dettato il corso della storia, le carestie, le siccità, la denutrizione sono state le cause di guerre e migrazioni ed è per questo che l’obiettivo di questa mostra è mostrare gli sforzi e le ricerche verso politiche e strategie per contrastare gli squilibri alimentari e ambientali.

Gerarda Pinto 10/07/2015

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