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Aterballetto protagonista al Teatro Olimpico di Roma

Si dice che ognuno abbia la propria percezione del tempo in base a quello che vive. Scorre più velocemente in un momento di particolare euforia, sembra fermarsi quando siamo pervasi da un senso di inquietudine che lascia contare le ore, i minuti. Privato, intimo, quanto di più profondamente nascosto nelle viscere dell'uomo, il tempo. È qualcosa che si sente quando in realtà è già sentito perché sfuma senza che ci sia concessa l'occasione di afferrarlo, il tempo. Questa è un po' la chiave di lettura del primo dei tre pezzi che Aterballetto ha presentato al Teatro Olimpico di Roma martedì 24 maggio.ater1
“SENTieri”, il primo dei tre, ha insito già nel titolo molti dei significati a cui la stessa coreografia vuole arrivare. La parola «sentire» si tronca a metà, esaltata da un maiuscolo che è più forte, più sicuro di quel debole «ieri». È anche un imperativo, il terzo tempo della coniugazione “to send”, per dire «spedito, inviato» più nel senso di qualcosa che abbiamo “mandato via”, intenzionalmente, ma senza che avessimo avuto alternativa. La corografia di Philippe Kratz è anche questo: il fatto di poter o meno comprendere cosa ci ha lasciato quel tempo che è corso via, che tipo di emozioni sono rimaste anche se non le stiamo più vivendo in quel preciso momento.
Viene davvero difficile pensare che le creazioni artistiche non siano in qualche modo ispirate dall'esperienza del “creatore”. Kratz infatti, in questa coreografia di ritmi incessanti e morbidezza dei movimenti, riflette proprio su quel che “torna alla mente” in base a delle istintive sensazioni. Non è una semplice questione di memoria, di sterile catalogazione di ricordi, ma di impressioni che dal presente al passato e poi di nuovo al presente, ritornano. Il coreografo tedesco non porta in scena la nostalgia di un tempo che non può più presentarsi uguale a se stesso, ma dà una forma a ciò che ha già provato, già sentito, come se adesso fosse solo più consapevole, o semplicemente in grado di riconoscere una sensazione che fa l'effetto di una petit madeleine alla maniera di Proust.
Ombre e luci diventano parte fondamentale di questo racconto fatto di scontri e sintonie, di rabbia e sentimento, insieme e solitudine. Il tempo di un passo a due si trasforma nel contrattempo di movimenti che sembrano rincorrersi senza mai riuscire ad andare all'unisono, i soli si trasformano in idea di lontananza, ma anche di abbandono da un tutto-unito che sta a guardare senza intervenire.
Aterballeto continua con “14'20”, la coreografia di Jiří Kylián, un estratto dell'opera originale “27'52”. Il titolo deriva semplicemente dalla durata di questo duo tanto astratto e concreto insieme. Di nuovo il concetto di tempo che torna nel suo senso di “estensione”, di segmento definito da un inizio e da una fine. La vita stessa, dalla nascita alla morte, è proprio come una porzione esistenziale che “contiene” altrettante piccole origini, dipartite e poi ancora nuovi risvegli. In questo passo a due, l'uomo e la donna rappresentano semplicemente delle persone che il tempo ha “omologato” ma solo davanti alle sensazioni, non tanto alla percezione di esse. È un passo a due per questo molto fisico, è una continua vicinanza di corpi, di pelle a contatto con altra pelle, i danzatori sono masse in attrito e attrazione attraverso cui passa l'amore, la velocità, la paura, l'invecchiamento e anche la ragione.
A chiudere questa ricca serata di danza il lavoro di Adonis Foniadakis, “Antitesi”. Se ancora di tempo si vuol parlare, in questo caso è il “tempo musicale” il vero centro intorno al quale ruota tutta la coreografia. Lento e veloce, piano e forte, vecchio e nuovo, melodico ed elettronico. Aterballetto (al completo) balla sui contrasti sonori di componimenti barocchi che si alternano al Sound Design di Julien Tarride. Contrasti antitetici ma non dissonanti generano infiniti effetti sorpresa che lasciano lo spettatore attaccato a un palcoscenico perennemente in fermento. Un effetto che quasi fa sparire gli interpreti in favore della danza, o meglio di un flusso che scorre senza sosta, o più semplicemente “a prescindere da”. I tanti danzatori che riempiono il palcoscenico sono completamente al servizio di queste «convivenze/collisioni musicali», ma non c'è corrispondenza tra passi e componimento, quanto piuttosto un equilibrio di parti.
La principale compagnia di produzione e distribuzione di spettacoli di danza in Italia si è fatta portavoce di tre grandi coreografi e delle loro ardue visioni. “SENTieri”, “14'20” e “Antitesi” rappresentano tre lavori che richiedono non solo una grande tecnica, ma delle capacità interpretative altrettanto forti. Aterballetto continua a confermare la propria identità artistica nel vastissimo panorama di linguaggi coreografici tutti contemporanei.

Davide Antonio Bellalba  27/05/2016

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