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Il riflesso del presente, lo specchio del passato e uno sguardo al futuro: il Retape Festival

Giu 13

Gli ultimi giorni del Retape Festival, tra il 2 e il 3 giungno 2018, hanno visto alternarsi sul palco dell'Auditurium Parco della Musica in Cavea ben 21 artisti con generi e stili disparati, tutti romani doc, tutti con il bisogno di gridare quelle parole scritte nelle loro canzoni. Retape quest'anno si è presentato variando del tutto la sua forma e sviluppandosi in diverse rassegne parallele: Retape Lab, in Teatro Studio Borgna, con ospiti Tommaso di Giulio, Mòn, Andrea Ra e La Scala Shepard; Retape Off, nelle realtà dei club e delle strutture alternative romane (CSO La Strada, Teatro Tor Bella Monaca, DeFrag, Geronimo’s, Jailbreak) con Chiara Padellaro, The Artisan, Mark Hanna Band e I dei degli Olimpo. Le due giornate conclusive si sono incastonate perfettamente all'interno di un qualcosa di più grande, divenendo il riassunto di ciò che i giornalisti e critici musicali Ernesto AssanteGino Castaldo hanno voluto mostrare al loro pubblico, retape ginoernestofacendo da tramite fra la buona musica, spiegata in mini-interviste tra un cambio palco e l'altro, e lo spazio del palcoscenico che ha permesso a ogni artista di mostrare i propri contenuti.
Durante la prima data, il 2 giugno alle ore 19, il pubblico inizia ad affluire entusiasta per assistere a questa specie di Woodstock romana. Ma cos'è il Retape?
Bisogna innanzitutto sottolineare la stessa importanza di Festival come questo nel nostro periodo storico: è una rassegna dedicata alla scena romana che racchiude in sé un perfetto connubio, un vero e proprio ponte temporale tra lo storico passato e il presente in pieno fermento, in pieno stato creativo. Con il desiderio di scrivere, raccontare, denunciare, far divertire o semplicemente toccare qualche corda giusta nell'anima di chi ascolta, il Retape si fa carico, in una piccola ma non indifferente parte, di una missione nobile e portata a segno: aprire un varco, lasciar trapelare un barlume di speranza tra la canzone d'autore-non solo-e un pubblico che negli anni scorsi si era quasi disabituato all'ascolto, trascinato in un vortice di musica commerciale spesso povera di contenuti.
La rassegna ha inizio con una scarica di energia pura-e pulita-trasmessa dai giovani componenti della band Il Grido, Andrea Jannicola (chitarra), Giuseppe Di Bianca (voce), Davide Costantini (basso) e Lorenzo Spurio Pompili (batteria). Scatenati, grido retapesovversivi, con una voce-quella di Di Bianca-limpida ma con dei nodi incastrati nelle corde vocali che sputano rabbia con ironia e rabbia. "La Canzone di Merda", "Zero", e poi il gran finale, "Solo se Luccica": il traffico di Roma, le sei di pomeriggio in tangenziale, il bisogno di emergere lungo la schiera di luccichii e false speranze che una città dalle mille risorse può donare a dei giovani artisti con il bisogno di tirar fuori il proprio universo dai cassetti impolverati.
A seguire ritroviamo Bombay, simpatico nome d'arte trafugato dal gin, "quello di qualità", come afferma l'artista stesso sorridendo affiancato dai due presentatori. Il cantautore di Torpignattara confessa di voler continuare a scrivere-con una buona dose di incoscienza-per sdrammatizzare situazioni imbarazzanti che sono inevitabilmente protagoniste della vita di tutti i giorni. Con il suo album totalmente auto prodotto muove da qualche anno i suoi passi nella scena romana, che necessitava particolarmente di un personaggio così spensierato e "macchìettistico". Con gli occhiali da sole e l'aria da lupo solitario, subito dopo calca il palco del Retape Germanò, che condivide con il pubblico l'intimità che caratterizza non solo i brani scelti per l'occasione, ma anche tutto l'album uscito sotto Bomba Dischi/Universal. Tra le nove tracce ritroviamo "Dario", "San Cosimato"-dedicata alla piazzetta omonima-e "Grace", i suoi singoli di maggior successo.
Abbandonando per un secondo gli sprazzi d'autore -nonostante si continui sulla scia del Made in Rome- troviamo Rhò (Rocco Centrella), musicista e producer che vive a Roma da 18 anni. Mosso da linguaggi e ambiti diversi, decide durante il suo spazio di mostrare al pubblico entusiasta la sua vena poliedrica che deriva certamente dalla partecipazione a progetti di stampo internazionale. Vantando collaborazioni con Fox, A+E, Sorrentino e Ridley Scott, propone sul palco dell'Auditorium il suo ultimissimo progetto Neon Desert, partorito nel 2018, che verte prettamente sule suggestioni provocate da suoni prodotti delle nuove tecnologie musicali. Il tutto coronato dalla presenza di un flauto traverso, ospite sorprendente e inaspettata.
A far ballare l'intero pubblico e staff dell'Auditorium ci pensano i Garçon Fatal, storica band romana formatasi nel 1986 e composta da Luigi Bonanni assieme a Lorenzo Tovoli, Andrea Morelli e Carlo Riccioli, riunitasi nel 2018 proprio in occasione dei quarantanni di attività coronati dal remastered dell'ep "Love & Pride". Si respira quel pezzetto di passato nostalgico in cui vigeva un caotico turbinio a cavallo tra gli anni ottanta e novanta. Una vera esplosione di energia.gatti retape
Il cantautore Luca D’Aversa-giovane leva della canzone romana- riporta i bollenti spiriti sulla retta via del cantautorato voce/chitarra (e soprattutto parole). Con delle sonorità tipiche della nostra tradizione, D'Aversa cerca quel pizzico di universalità nei suoi brani trasportando specialmente le zone strumentali dei suoi pezzi verso un campo filo-pinkfloydiano, sorprendendo chi non l'aveva ancora ascoltato e riconfermando le sue innate doti per chi già fa parte della sua schiera di pubblico. Riaffiora, insieme e grazie a Filippo Gatti, un carico di commovente malinconia e intimità poetica, ritrovata tra le righe scritte per mano sincera, probabilmente non adatta ai tempi che corrono, troppo svelti tra una tweet e un post Instagram. Gatti resta seduto, ricurvo sulla sua fedele chitarra, dedica un commovente tributo a Lucio Battisti, canta la sua "1968" dedicata a Joni Mitchell, ci delizia con brani dal gusto nostalgico come "Il Pilota" e "La cameriera", e racconta piccoli momenti di ordinaria follia in cui le parole scritte divengono veri e propri flussi di coscienza da cui farsi trasportare e cullare dolcemente.
Il registro si fa meno cupo e più sbarazzino grazie alla presenza di Leo Pari, cantautore, musicista e producer romano che vuole raccontarsi con ironia, con suoni nuovi cercati nei meandri della consolle. Con la sua voce roca e potente coinvolge totalmente la platea in una parentesi di riflessivo divertimento, prima di lasciar posto ad una delle giovanissime promesse della scena romana: Mirkoeilcane. Vincitore di Musicultura 2017, secondo classificato nella sezione giovani di Sanremo 2018, calca il palco come se quel distacco naturale che esiste tra platea e artista fosse completamente, totalmente, essenzialmente annullato. Mirko Mancini strappa sorrisi con "Se ne riparla a settembre", ma strappa anche più di una lacrima. Come fossero coltelli e lame infilzate tra i ricordi, ci parla della sua città, Roma, così bella e cane retapemaltrattata, quella signora immensa da permettere a chiunque di perdersi nei suoi meandri anche sono per una notte. Per concludere, l'esibizione di "Stiamo tutti bene": nessuno resta impassibile.
L'ultima parte della prima giornata di Retape si conclude con un tris di rapper a loro modo storici. Si parte dal più giovane ma non con meno esperienza, Amir. Per metà egiziano, il rapper porta con sé il desiderio di chiacchierare con le persone e sottolineare l'importanza di eliminare il pregiudizio causato dal colore della pelle. A seguire gli storici padri del rap in Italia, gli Assalti Frontali, che invece decidono, tra un brano e l'altro, non solo di far ballare il pubblico sotto il palco per battere il pugno e cantare a squarciagola, ma anche di promuovere l'anti-violenza urbana intonando "Bella Ciao" sulle note del fisarmonicista Tobias, picchiato a sangue solo per averla suonata per strada. Con la loro poesia di strada conquistano ben tre generazioni di ascoltatori. Risultati da record.
A chiudere il cerchio non poteva mancare il vero e proprio pilastro dell'hiphop italiano. I Cor Veleno, che con la loro esibizione, in un flusso continuo di pezzi storici e pezzi recenti, coronano il gran finale proprio trasponendo in musica il messaggio portante di tutta la manifestazione: unire sotto lo stesso squarcio di cielo e sullo stesso pezzetto di palco il presente, il passato e il futuro prossimo che si spera sia volto a promuovere la buona musica Italiana.

Giorgia Groccia 13/06/2018

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