“Una vita semplice”, lezione di etica e di dignità
Ah Tao (Deanie Ip) fa la domestica, da sempre, di una ricca famiglia borghese. Quando, però, resta paralizzata, è costretta a lasciare il lavoro e a trasferirsi in una casa di riposo. Roger (Andy Lau), il più giovane della famiglia, cresciuto con le amorevoli cure della donna, non la abbandonerà e cercherà, invece, di starle accanto e darle conforto fino alla fine.
Questa la storia, che grazie ai due protagonisti ed a uno stile asciutto e quasi documentaristico, acquista un potere sconosciuto alla maggior parte delle sofisticazioni narrative del cinema moderno, che troppo spesso si ripiega in sé, a scapito dell’emozione vera.
Al contrario, “Una vita semplice” coglie, con tocco leggero, un rapporto di amore unico e speciale, fatto di piccoli gesti e affetto disinteressato. La regista, Ann Hui, riesce ad aggirare le soluzioni più facili del patetismo e dell'emozione ad uso della platea, che una storia così potrebbe dare a piene mani. Invece, guida con pudore e discrezione, la straordinaria protagonista, un'intensa Deanie Ip che all'ultimo festival di Venezia ha giustamente vinto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile.
Questa, dunque, la forza del film, che sa essere semplice ma non semplicistico, toccante ma senza furbizie, capace di cogliere la bellezza della “vita semplice” ed esaltarla; in un mondo che rincorre l’eterna giovinezza e che si costruisce storie popolate da giovani eroi che vivono avventure eccezionali. La pellicola, con la propria essenzialità, invita invece lo spettatore a scoprire come la vita di tutti i giorni sia, in realtà, la più straordinaria delle avventure e la vecchiaia non una condanna da cui fuggire, ma un tesoro che ci attende alla fine di un'esistenza ben spesa.
Nella storia del lento spegnersi della protagonista, Hui tocca livelli di commozione e partecipazione altissimi, arrivando a costruire un film che è una magistrale lezione di etica e di dignità, in un mondo pervaso dal conformismo e dalla superficialità. Un tipo di cinema che riscopre la propria vocazione di medium universale, capace di parlare, senza mediazioni, al di là di ogni barriera culturale, all’umanità che risiede nel cuore di ogni spettatore, con quella forza e quella disarmante semplicità che solo i grandi film hanno.
(Francesco Casale)
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