Intervista a Ilaria Margutti, artista anticonvenzionale e ''mediatrice narrante''
Tra le collaborazioni nate a Sansepolcro in occasione del Kilowatt festival, molto interessante il progetto legato al recupero della CasermArcheologica della città, luogo, ricco di storie e d’identità che ha ospitato dal 12 al 27 luglio “Recto Verso. Il percorso dello sguardo”, progetto curato di Ilaria Margutti, artista e insegnate dalla sensibilità contemporanea e anticonvenzionale, in collaborazione con l’Istituzione Museo Biblioteca e Archivi Storici di Sansepolcro e con il Patrocinio del Comune. Ilaria ha voluto recuperare questo luogo restituendogli un nuovo spirito ospitando opere di quattro artisti, Samuele Papiro, Ketty Tagliatti, Giancarlo Marcali ed Elisabetta Di Sopra; ciascuno ha raccontato attraverso un suo linguaggio il proprio sguardo verso il mondo per, come afferma Ilaria, “orientarci a percepire il Verso delle cose e dell’arte, per applicarlo alla vita”; inoltre una parte del progetto prevedeva lavori legati alla conclusione del laboratorio di “educazione allo sguardo” tenuto con gli studenti del liceo scientifico e linguistico di Sansepolcro.Come ha dichiarato la stessa Ilaria questa “non è una mostra, ma un processo di relazione tra opera, pubblico e artista, volta a sottolineare quell’aspetto invisibile della vita, che solo l’arte ha il potere di mettere a fuoco, portando alla luce ciò che non si può dire”. L’incontro con Ilaria Margutti è particolarmente vivace, stimolante e ricco di spunti di riflessione; conosciamo un’artista anticonvenzionale, lontana dagli stereotipi usuali legati al mondo dell’arte. Il suo sguardo personale sulla vita, sulla crisi attuale sociale e artistica è intensamente reale, coraggioso, libero da false ideologie o preconcetti; il suo percorso artistico e personale tende sempre a una ricerca continua, è rischioso ma coraggioso perché non evita le sfide, ma le insegue (e per lei che è anche un’insegnante, è un valore aggiunto prezioso e raro); si definisce, a proposito di questo progetto “ Recto|Verso” (ma queste parole raccontano molto della natura della sua anima) “una mediatrice narrante perché dialogando con gli artisti e la mia mancanza ho sentito l’esigenza di capire in prima persona, cosa non vedo e come vorrei imparare”.
Come si inserisce questo tuo progetto nello spirito di Kilowatt Festival?
Sicuramente quello con Luca Ricci e con il Kilowatt Festival è stato un incontro possibile generato dalla condivisione dello stesso territorio, da una comune attenzione al contemporaneo e da una sensibilità all’ascolto e al coinvolgimento attivo tra artista e pubblico. Quando l’assessore alla cultura e il vicesindaco mi hanno fatto vedere questo spazio, la ex-Caserma dei Carabinieri di Sansepolcro, ho pensato di poter recuperare anche qui la struttura, come avevo già fatto per un progetto precedente ad Arezzo in quel caso una piscina coperta, per restituire a quelle mura una nuova linfa vitale attraverso la realizzazione di uno spazio espositivo per accogliere opere di artisti, ma anche un progetto artistico realizzato con gli studenti in un percorso di scoperta, di ricerca e di relazione con il proprio vivere personale, perché solo così secondo me può nascere un’opera. Questo luogo ha catturato la mia attenzione per la sua storia, ancora in parte da scoprire; si sta cercando di risalire a chi ha vissuto qui, alle trasformazioni vissute da queste mura nel tempo, alle numerose stratificazioni d’identità che dal ‘500 a oggi si sono accumulate nella sua storia. Questo mi ha fatto pensare all’epoca che stiamo vivendo; ci stiamo dimenticando delle nostre origini perché abbiamo tanti strati di storie che si accumulano senza essere conosciute. Quando riusciamo a riportare alla vita un ambiente ricco di storia, questo ci permette di costruire il futuro, la riscoperta di quel luogo è un mezzo per poter ripartire dalla memoria, non solo per ricordare ma per andare avanti riscoprendo un’identità senza dimenticare il passato. L’arte lavora e si sviluppa in un tempo dilatato, lungo; sono consapevole che progetti come questo non producono i propri frutti immediatamente. Il percorso che sto seguendo va un po’ controcorrente rispetto al sistema sociale attuale; io come artista non agisco per raggiungere un risultato immediato, ma per crescere attraverso l’opera.
Una scelta coraggiosa e anticonvenzionale sostenere dei progetti che non hanno un immediato risultato; trovare gli stimoli per percorrere questa strada a volte non è semplice.
L’entusiasmo si ritrova anche in un semplice incontro; se anche una sola persona si entusiasma per il lavoro che hai fatto vuol dire che è entrata in contatto con il tuo pensiero, tu sei stata necessaria a lei e lei a te, hai dato una risposta a una necessità. Noi siamo qui per imparare; spesso pensare che le cose si risolvano da sole o che qualcun altro possa risolverle al posto nostro non ci permette di vivere attivamente. Io non ho come scopo il cambiamento universale ma quello personale; quando però c’è un incontro vuol dire che anche un’altra persona vuole cambiare se stessa attraverso un dialogo e uno scambio. Ogni volta che noi non facciamo qualcosa che ci fa stare meglio, è come se togliessimo questa possibilità a qualcuno che non ha l’opportunità di farlo, quindi c’è nella scelta un senso di responsabilità nei confronti di se stessi ma anche degli altri.
Quali percorsi si possono seguire per far conoscere a una realtà piccola come quella di Sansepolcro nuovi linguaggi artistici per “vedere” il mondo?
Io ho iniziato per caso; il direttore del Museo Civico di Sansepolcro mi aveva invitato a presentare le mie opere in un incontro informale al Museo. Da lì ho iniziato una collaborazione, portando degli artisti miei amici a presentare il loro percorso creativo e così ogni anno presento quattro artisti. Il progetto che è qui esposto è un po’ l’evoluzione del percorso che io seguo al Museo Civico.Per me l’arte è una possibilità di vivere bene con “qualità”. Sono consapevole di aver avuto una grande fortuna: aver dedicato il mio percorso di studi e d’interesse all’arte contemporanea, una passione che si è ancora di più amplificata da quando insegno. Questa disciplina ti permette di guardare la realtà non solo da un altro punto di vista ma di osservare il mondo cogliendo un punto di fuga sconosciuto fino ad allora, di uscire da quella cornice che ci siamo precostituiti. L’ampliamento della cornice in cui viviamo ci permette di trovare soluzioni personali; io credo nell’arte applicata all’industria perchè è uno strumento che ti permette di arrivare a provare, sperimentare e trovare nuove soluzioni anche da utilizzare in altre situazioni.
Da che suggestione parte il tuo pensiero nella realizzazione delle tue opere, contemporanee ma legate alla tradizione e all’arte del ricamo in particolare?
Ho fatto l’Accademia di belle Arti, mi sono dedicata alla pittura, al disegno animato, ho sempre lavorato sull’arte visiva e non avrei mai pensato di arrivare al ricamo. E invece c’è stato un incontro con una ricamatrice che mi ha permesso di scoprire aspetti inediti dell’arte del filo. Il ricamo per me rappresentava un mondo legato a una generazione ancorata al passato, a quelle della mia nonna, dove la donna che svolgeva quell’attività era legata alla casa e a una condizione sociale tradizionale, poco “moderna” e indipendente. Io volevo essere libera, avvicinarmi a quel mondo e a tutta quella cultura significava per me arrendermi a qualcosa che non sentivo aderente alle mie idee. Dopo l’incontro, sette anni fa, con la ricamatrice, ho trovato nel filo una possibilità, ho ritrovato l’origine dell’arte al femminile, un aspetto ormai dimenticato ma che conserva in sé l’identità del nostro passato attraverso la memoria.
Tu esponi molto in Italia e all’estero, poco qui a Sansepolcro.
Uscire ti permette di conoscere altre realtà; per me è un’esigenza, ti permette di “vedere”, di recuperare stimoli, di ascoltare gli altri, di metterti in gioco. Se esponessi solo qui, non avrei la possibilità del confronto; per me l’artista deve fare ricerca. E’ chiaro che a volte sono necessari dei compromessi, ma bisogna mantenere un proprio percorso e non tradire mai la propria identità. Ilaria Margutti, un’artista da seguire per scoprire un nuovo punto di fuga che può spingere ciascuno di noi verso un percorso di crescita e di ricerca personale. Tutto da scoprire il suo sito www.ilariamargutti.com e la sua pagina facebook www.facebook.com/IlariaMargutti.Artist
(Tamara Malleo)
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