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Intervista a Cristiana Minasi: "il teatro sul limite" della coppia Carullo-Minasi

Cristiana, come è nato questo sodalizio teatrale? Come vi siete conosciuti?      
Noi comunque siamo una coppia anche nella vita e inevitabilmente ci siamo conosciuti in una dimensione teatrale di sguardo condiviso.

 

In che senso?   
Nel senso che andavamo entrambi a teatro e ci incontravamo casualmente, ma in realtà era fatto volutamente. (ride)

 

Tu però sei siciliana e lui calabrese, dove avviene l'incontro?
Sì lui è di Reggio Calabria, però concretamente stava a Messina. Entrambi lavoravamo in due diverse compagne teatrali che spesso però si incontravano e guardavano i reciproci spettacoli. Questo comunque è successo sette anni fa.

 

E poi?  
E poi da lì abbiamo cominciato a collaborare con una regista, Tino Caspanello, a uno spettacolo che si chiamava "Fragile". Però poi, dopo, lui è stato molto male.

 

Proprio da questo momento di difficoltà è nata poi l'ispirazione per Due passi sono, vero?
Sì, questo spettacolo nasce da una circostanza vera, quindi drammatica; perché lui è stato in ospedale per lunghissimo tempo. E uscito dalla convalescenza non faceva altro che dire: "Dài io voglio uscire!" perché non lo facevano uscire dall'ospedale, per sicurezza. Poi da lì tutta una serie di elementi, di richieste, di desideri che voleva realizzare e così è nato lo spettacolo.

 

E il confronto-scontro fra un "Pe" più sognatore e una "Cri" più analitica, anche questo è autobiografico?
Sì è così la nostra vita.

 

Fa parte del vostro gioco di coppia…    
Sì (ride), "drammatico" gioco di coppia, in cui lui in realtà è la mia vittima! Ma poi… io penso di poter insegnare tutto a lui, che io comando, però alla fine è lui che vince con la poesia della bellezza della vita. Anche perché toccando seriamente certi temi, Giuseppe, proprio col corpo, si è reso conto di quanto la vita debba essere valorizzata nelle piccole cose. Di quelle cose che sono fatte di verità.

 

E questo è proprio il nucleo del vostro spettacolo. Come si è sviluppato poi Due passi?           
Io in quel periodo lavoravo ai dialoghi di Platone con Anatolij Vasiliev e ho voluto analizzare il Simposio insieme a lui: da lì il tema della malattia che è diventato il prendersi cura, è diventato l'amore nell'accezione di ricerca condivisa e quindi era un crescere insieme, un percorso di crescita condiviso. Poi ci sono delle battute - per esempio: "L'amante amando, anche se muore, lascia al suo posto qualcosa di nuovo e simile a lui"; lì effettivamente ci siamo resi conto che noi stavamo lasciando un testimone a chi guardava e ascoltava lo spettacolo.

 

I vostri spettacoli compongono una trilogia.    
Sì è una trilogia sul limite. È un brocardo kantoriano da cui io ho poi tratto il tema per l'ultimo spettacolo [T/Empio, Critica della ragion giusta, NdR], che dice: "È dal limite che viene fuori l'opera d'arte".

 

Portare alle estreme conseguenze  il potenziale nascosto di una situazione. 
Infatti. E poi è diventata metafora del contemporaneo, perché noi comunque ci siamo resi conto che da quel giochino poi superato della situazione di malattia e di convalescenza si arriva a un discorso molto più ampio, molto più generale.

 

Da una parte voi ponete in forte discussione la realtà, ma al contempo cercate anche di concludere i vostri spettacoli con una proposta per così dire costruttiva.
Sì è la nostra cifra caratteristica. Ci siamo resi conto che questi spettacoli vogliono lanciare un segno di luce, un segno di salita: è inevitabile. L'abbiamo vissuto personalmente come esperienza e siamo consapevoli che la vita funziona nella misura in cui tende ad un qualcos'altro. Perché sennò è veramente una beffa la vita: sai già come va a finire.

 

E ora, cosa ci riserva la coppia Carullo-Minasi?               
Carullo-Minasi si unirà a "Teatri Uniti" per il Napoli Teatro Festival. Questa occasione per noi vuole essere l'incontro con una grande compagnia che ha un suo virtuosismo fatto di sincerità, di verità, di ricerca.

 

Di cosa si tratta?             
Di "Dolore sotto chiave", un atto unico di De Filippo che si collega a Pirandello con una o forse due novelle e diventa un processo di ricerca su tematiche di una drammaturgia molto simile alla nostra.

 

Come mai proprio De Filippo?
Perché mi voglio incontrare con la grande letteratura, con i grandi maestri: non per imitarli ma semplicemente per comprendere le basi per il teatro, studiarci sopra; per incuriosirmi e capire le assonanze.

 

Se ti potessi rivolgere a chi è indeciso se venire ai vostri spettacoli o magari ancora non vi conosce, cosa gli vorresti dire?
Gli vorrei dire di provare a cercare insieme un qualcosa che ha a che fare con l'esserci: esserci insieme qui e ora, a condividere un atto democratico fatto di possibilità di partecipazione. E vediamo se ci riusciamo: non ci incontriamo più! Noi siamo in una stanza, ma  in quella stanza si può creare un miracolo, che è fatto del dubbio dell'esserci: siamo tutti insieme domandandoci chi siamo.

 

(Giulio Sonno) 

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