Resistere al passare dei secoli: un desiderio di molti ma un successo riservato a pochi. Tra quest’ultimi rientra sicuramente Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle il quale, grazie a due grandi sceneggiatori e produttori come Steven Moffat e Mark Gatiss e a un prestigioso canale televisivo come la BBC, è riuscito a tenere il passo con i tempi vivendo una vera e propria rinascita contemporanea. Nel 2010 la serie tv “Sherlock” ha dato nuova linfa vitale a un personaggio che, immerso in un affascinante presente tecnologico, ha conquistato il mondo: dimenticate il vuoto Robert Downey Jr. del film “Sherlock Holmes” perché la serie tv ha tra i suoi assi vincenti il volto e la voce profonda di Benedict Cumberbatch. L’attore è il cuore pulsante della serie e a essa deve tutto il suo successo. Al nuovo Sherlock sono bastati tre episodi per farsi notare da Hollywood che da quel momento non lo ha più lasciato andare: è stato Khan per J.J. Abrams in “Star Trek: Into Darkness”, il drago Smaug per Peter Jackson e a un passo dall’Oscar per l’importante (ma non privo di difetti) “The Imitation Game”. Cumberbatch, amato dalle nonne per il suo accento inglese, dalle mamme per il suo charme e dalle adolescenti urlanti che si definiscono “cumberbitches”, è tra gli attori più importanti e richiesti degli ultimi 5 anni.
Seguendo un formato da film-tv (tre episodi da 90 minuti ciascuno per ogni stagione), “Sherlock” predilige la qualità alla quantità, si fonda su un articolato processo di scrittura caratterizzato da uno stile inconfondibilmente british, dialoghi brillanti con un tocco di umorismo e una narrazione visivamente costruita ad hoc, sempre in bilico tra tradizione e innovazione.
Inoltre, la serie è ormai celebre per i suoi tempi di lavorazione lunghissimi: la terza stagione si è conclusa nel 2014 ma l’uscita della quarta è prevista per il 2017. In questo lunghissimo periodo di astinenza è stato posto strategicamente uno speciale andato in onda lo scorso dicembre sulla BBC dal titolo “Sherlock: L’abominevole sposa”. Il successo è stato di portata mondiale: solo in Italia si contano oltre 70mila spettatori che sono accorsi nelle sale cinematografiche per vedere l’episodio e, su richiesta dei fan, l’episodio tornerà nei cinema italiani il 10 febbraio (in alcune sale anche in lingua originale). Infine, la pellicola sarà corredata da 20 minuti di riprese aggiuntive e da una visita guidata al 221B di Baker Street con il produttore esecutivo Steven Moffat.
“Sherlock: L’abominevole sposa” inizia con una parola chiave: “alternativamente”. L’episodio è ambientato nella Londra vittoriana dei romanzi di Conan Doyle la quale viene completamente rielaborata con il ritmo e i dialoghi incessanti tipici della serie. Stessi attori in completo stato di grazia: Martin Freeman/Watson è da applausi anche con due baffi improbabili e tutte le figure femminili conquistano con brevi ma importanti battute. Si riprendono delle sequenze delle stagioni passate che faranno gioire gli spettatori più attenti (fanservice in diversi momenti) e in 90 minuti si riassumono tutte le sfumature del rapporto instaurato tra Sherlock e Watson nell’arco di tre stagioni.
Da un punto di vista di continuity, sembrava che quest’episodio speciale non doveva avere nessun collegamento con la serie madre (è ambientato nel 1895, come avrebbe potuto?) ma Steven Moffat e Mark Gatiss sono i padri di “Doctor Who” e chi meglio di loro sa mischiare le carte in tavola a proprio piacimento. Una dimensione solo apparentemente parallela che, nonostante si colleghi alla serie principale, non dirà molto e lascerà solo le briciole ai fan soddisfatti ma ancora più desiderosi. Il caso dell’episodio racconta il ritorno dalla morte di Emelia Rigoletti ma ricopre un discorso di importanza storica del quale non parleremo per motivi di spoiler. Il plot, più deducibile del solito ma non per questo meno avvincente, conquista lo spettatore senza remore per tutta la prima parte: brillano gli occhi per l’accurato lavoro che investe ogni campo produttivo e sorridiamo nel vedere gli attori e le azioni modificate dalle lancette dell’orologio spostate all’indietro (Watson passa agilmente dal blog ai racconti sui giornali che, in ogni caso, riportano una versione falsata di Sherlock). Notiamo con l’amaro in bocca che la sovrapposizione di piani narrativi e la costruzione del palazzo mentale di Sherlock (di nolaniana memoria) seppur notevolmente affascinante rende il caso principale meno intrigante e dal finale troppo frettoloso. Nonostante questo piccolo difetto, “Sherlock: L’abominevole sposa” risulta essere l’ottimo antipasto di una portata molto più grande che sarà la quarta stagione. “Sarei dovuto nascere in un’altra epoca” afferma Sherlock; quest’episodio speciale ci ha dimostrato che, con la dovuta cura, Sherlock Holmes è un personaggio senza tempo.
Matteo Illiano 04/02/2016