Un contenitore dinamico e informale, con puntate che durano dai quindici ai venti minuti, è il format di PlayBooks, prodotto creato specificamente per RaiPlay, che tenta di rinnovare gli schemi del programma culturale, proponendoci una sorta di magazine settimanale che unisce ai grandi nomi della letteratura le ultime novità editoriali di artisti e scrittori emergenti.
Scritto da Giulio di Martino e Alessandro Rustichelli, il programma è stato inaugurato nel luglio 2020, per proseguire con ulteriori quattro stagioni, articolate in dieci puntate l’una.
La veste grafica e la struttura sono state adattate col trascorrere del tempo, con l’intento di rendere il prodotto via via più “smart” e variegato. Ciò che è rimasto intatto è il desiderio di coinvolgere nella riflessione anche personaggi celebri legati ad altri settori: musicisti del panorama contemporaneo come Nina Zilli o Morgan, politici come Emma Bonino, filosofi come Massimo Cacciari o architetti come Massimiliano Fuksas.
Ad attori del calibro di Massimo Popolizio e Giorgio Barberio Corsetti sono affidate invece letture di brani in versi o monologhi di vario tipo, che costituiscono i momenti più “contemplativi” di un programma dal ritmo altrimenti molto sostenuto, che continua a spaziare tra passato e presente ma anche a zigzagare tra produzione nostrana ed internazionale. Accanto a celebri autori della narrativa italiana, da Erri De Luca a Gianrico Carofiglio, troviamo anche nomi come David Leavitt, Frank Westerman, Amèlie Nothomb.
Il desiderio di inclusività, lungi dall’essere limitato allo spettro geografico o anagrafico, vuole comprendere generi e linguaggi diversi, incalzando tra prosa, poesia, reportage giornalistico, graphic novel. In questo si palesa una struttura quasi da varietà, priva però di qualsiasi suggestione “passatista”: al contrario, per sua natura PlayBooks è desideroso di aprirsi il più possibile alla dinamicità dell’arte.
A ben vedere, l’intento del programma è quello di farsi sguardo universale - in modo però fruibilissimo, per certi aspetti pop (speciale menzione va all’impostazione grafica, frizzante e piuttosto fumettistica, ma non sempre allineata coi toni) - sul cangiante mondo della letteratura. La strategia è quella di scegliere via via un diverso filo conduttore che cuce ogni puntata partendo da sentimenti (la nostalgia, la meraviglia etc.), concetti (ad esempio il “buon governo”) o condizioni (dalla sconfitta al successo). Insomma, pretesti che, in modo flessibile, permettono di sviluppare in una riflessione ramificata i più disparati spunti.
Nell’ultima puntata, per esempio, la “fragilità” è il calderone in cui Italo Svevo e Henry James si ritrovano a fianco del fumettista Gipi e del neo-scrittore Ermal Meta, in un discorso eclettico spruzzato con l’ormai onnipervasivo tema della diversity in tutte le sue declinazioni: dalla disabilità alla riflessione sulle identità di genere, giusto per dirne alcune...
Volendo individuare un limite nell’operazione PlayBooks, è forse proprio il desiderio di creare un palinsesto - anzi, un buffet - quanto più possibile variegato, a orientare il format verso un intrattenimento onnivoro, con toni non sempre ben amalgamati. I recenti siparietti semi-comici di Claudio Morici, in particolare, stridono rispetto a un contesto mediamente serio, anche se non serioso, in cui si segnalano i contributi ponderosi della filosofa Ilaria Gaspari.
Inoltre, la lodevole intenzione di impostare il tutto secondo una composizione da “terza pagina”, che tenga però il passo con la frenesia dei nostri tempi, fa perdere un po’ di profondità al discorso, data anche la rincorsa a un target quanto più possibile vasto. La contrazione dei tempi è sicuramente collocabile in questa dimensione di attention-grabbing, facendo assumere alla composizione complessiva un’aurea da suggestione lampo piuttosto che da approfondimento.
A RaiPlay va sicuramente il merito di saper giocare con la tradizione di programmi culturali della Rai, storicamente più “impostati” e lenti: PlayBooks è un prodotto che si adatta a riempire le esigenze dell’attuale contesto televisivo multi-piattaforma, caratterizzato da un’offerta sempre più vasta, frammentata e al contempo tematica. In conclusione si tratta di un programma che ha il pregio di tentare una nuova via nella struttura come nei contenuti, promuovendo la visibilità di hub culturali interessanti spesso esclusi dai grandi circuiti, ancorandoli però a un discorso di più ampio respiro intellettuale.
Arianna Cerone, Andrea Meroni 09/06/2022