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Malvaldi col BarLume come Camilleri con Montalbano

Marco Malvaldi, chimico ma anche giallista pisano, ha in comune con Camilleri una casa di produzione: la Palomar. Che produce la serie tv del “Commissario Montalbano” (Rai), ma anche “I delitti del BarLume” (Sky), una serie nata dai romanzi dell’autore toscano: un altro successo visto che siamo alla seconda stagione.
“La tombola dei troiai”, prima puntata di quest’ultima stagione, proiettata alla Cava di Roselle (Grosseto) a margine di un incontro con Malvaldi la sera del 16 luglio, ci dà l’idea di come il prodotto stia a metà tra il Montalbano di Camilleri, la fiction Rai e l’incontro col pubblico: il barista del BarLume frequentato dai vecchietti ricettori di pettegolezzi, ovvero Massimo Viviani (interpretato da Filippo Timi) alla fine guarda in camera, parla con gli spettatori, non facendola sembrare più solo una serie tv. Un tocco che può anche avvicinare il pubblico ad un prodotto che può rimanere antipatico a chi non piace troppo l’accento toscano.
Quello che non torna però, è la volgarità. Talvolta è troppa. E Malvaldi, concorde su questo, scandisce bene che: “Trovo la volgarità un po’ eccessiva sulla serie TV. La volgarità si usa esclusivamente quando serve. Perché quando non serve la svilisci. Fai qualcosa di brutto e fastidioso, e a me dà noia. Solo che non mi hanno considerato. La rudezza, la parolaccia, va utilizzata esclusivamente quando ci sta, non in modo onnipresente. In questo c’è secondo me una presunzione di imbecillità dello spettatore televisivo, e mi sono scontrato su questa cosa molte volte. Lo spettatore è intelligente, e ci sono decisioni degli autori dalle quali mi dissoci completamente”.
L’autore pisano preferisce di gran lunga scrivere libri: “Molto più bello e facile è scrivere romanzi, perché qualsiasi cosa la puoi scrivere, invece tradurla in immagini non è così semplice”. La serie tv comunque non ha avuto un cattivo approccio con i personaggi, nonostante la scomparsa del personaggio di Ampelio Viviani in concomitanza della reale morte di Carlo Monni. Che Malvaldi vedeva benissimo come interprete, vicino al personaggio che aveva creato su idea di suo nonno (Varisello), fin troppo sincero: “diceva quel che pensava”.
Nel complesso, volgarità a parte, la serie non dispiace. Sarà per il suo legame con i gialli di Malvaldi, con la sua storia, i suoi auspici, perché, come racconta: “Aldo, insieme ad Ampelio, viene dalla realtà. Fa il ristoratore, è appassionato di musica barocca tardo – rinascimentale. Aldo è un augurio di come spero di finire. Volevo la scuola alberghiera, spero a 80 anni di essere come lui, anche se è vedovo, ma è un espediente narrativo per farlo andare sempre al bar!”
“I delitti del BarLume” inevitabilmente si confronta maggiormente con il prodotto derivato dai gialli di Camilleri: “Il Commissario Montalbano”. E si potrebbe dire che lo spirito da (e del) Commissario è ripreso dal protagonista Massimo Viviani, ma credo si farebbero comparazioni forzate per serie tv differenti. Un confonto che, forse, si può tradurre, senza nulla togliere a nessuno, con la scena ironica dell’incontro (reale) tra Camilleri e Malvaldi (che, nella carta stampata, hanno lo stesso editore: Sellerio). Come ha raccontato l’autore pisano: “Camilleri ha 90 anni ed è sempre imprevedibile. Ci siamo visti una sola volta. Vado a casa sua a Roma, prima passa sua moglie. Poi arriva lui. Mi fa: Sei tu Malvaldi? Quanto sei str**zo’ … ma come, scusi… Quanto sei giovane”.
Quindi gioventù. In fondo nulla più da dire su un confronto quasi inesistente se non voluto fare per forza.
Ma, come si dice in Toscana (e anche in altri luoghi), "per forza non si fa neanche l’aceto".
E Malvaldi lo sa. 
 
Federico Catocci 18/07/2015 
 
Clicca qui per saperne di più sull'incontro con l'autore: https://www.recensito.net/pag.php?pag=14988 

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