«Tre grandi amici, oltre che maestri, che si sono goduti la vita in maniera straordinaria e hanno lasciato un segno indelebile sia a livello umano che professionale. Vorrei che li festeggiassimo tutti insieme in maniera gioiosa, nonostante sia grande la mia pena. E vorrei che fossimo in tanti ad a partecipare a questa nuova avventura, non tanto dal punto di vista egoistico, ma soprattutto perché so che loro si godrebbero insieme a noi questa festa con un ottimo bicchiere di vino rosso».
Con queste parole, Luca Zingaretti, ha voluto rendere il suo personale omaggio, in occasione della presentazione - presso la “Sala Arazzi” di Viale Mazzini 14 - dei nuovi episodi de “Il commissario Montalbano”, a tre delle figure fondamentali che hanno determinato la longevità - oltre che il successo italiano e internazionale - della serie campione di ascolti dal 1999 (targata RAI): il maestro Andrea Camilleri (padre dello storico personaggio), Alberto Sironi (regista) e Luciano Ricceri (ideazione scenografia), rispettivamente scomparsi i primi due l’estate scorsa e il terzo all’inizio di mese corrente di febbraio.
Distribuito eccezionalmente al cinema solo il 24, 25 e 26 febbraio (in onda su Rai 1 il 9 marzo), “Salvo amato, Livia mia” è la prima delle due puntate (insieme a “La rete di protezione”, 16 marzo) che anticipa il ritorno in grande stile del commissario più amato d’Italia, consegnando agli spettatori presenti alla “prima visione” un prodotto dalle pregevoli peculiarità, tali da rendere questo evento davvero speciale.
«Si tratta di un regalo che abbiamo voluto fare ai grandi affezionati della fiction – ha commentato in conferenza stampa Carlo Degli Esposti (produttore) – sulla base del desiderio comune mio e di Andrea Camilleri di vedere un Montalbano “grande”, fuori dai normali contesti familiari legati alla prima serata in tv». Ecco allora che si spalancano nuovamente le porte della meravigliosa e solare Vigàta, pronta a fare da scenario per il 21° anno di fila alle nuove indagini che, inevitabilmente, finiranno con l’intrecciarsi alla vita privata dello stesso Montalbano (con risvolti interessanti, soprattutto nella relazione con l’eterna fidanzata Livia, interpretata da Sonia Bergamasco).
A rendere ulteriormente unica questa nuova produzione è il passaggio alla regia dello stesso Zingaretti, che non ha nascosto l’emozione rispetto alla scomparsa dell’amico regista Alberto Sironi e del maestro Camilleri. «E’ stata un bellissima esperienza, seppure dolorosa. Ogni giorno mi chiedevo come Andrea o Alberto avrebbero voluto girare determinate scene. Quando si subentra nel modo in cui è capitato a me, si cerca fondamentalmente di rispettare gli stilemi di chi ti ha preceduto: ecco, di mio, essenzialmente, troverete una malinconica dolcezza, o malinconia dolce se preferite, rispetto a tutto questo».
Non mancano, naturalmente, alcuni dei temi sociali del momento all’interno del nuovo lavoro prodotto da Palomar e Rai Fiction: da quello dei migranti all’omosessualità, fino a toccare la sicurezza delle “app mobile”. Un Montalbano, insomma, sempre più inserito nella realtà contemporanea del nostro Paese, tale da metterlo quasi in contrasto con quello primigenio dei romanzi.
«Montalbano rappresenta per certi versi l’italiano medio, tra virtù e difetti, ma sostanzialmente si muove bene nella vita – spiega Andrea Camilleri in una delle ultime interviste realizzate da Vincenzo Mollica, e trasmessa, per l’occasione, all’inizio della conferenza stampa (arricchita non solo dalla presenza del cast e della produzione, ma anche del nuovo direttore Rai, Stefano Coletta – e forse questo spiega in parte le ragioni di un tale successo. Buona parte degli italiani si riconoscono in lui, e ciò mi rende orgoglioso. Io di questo personaggio amo la lealtà di fondo, che traspare tanto nei rapporti sociali quanto nelle indagini: non è mai sleale e cerca sempre la “sua” verità personale, in ogni cosa».
E sul paventato capitolo finale della serie risponde: «Io so chi è l’assassino, ma il personaggio che si muove nella trasposizione televisiva porta con sé delle notazioni di “novità”, che nelle pagine dei miei romanzi per esempio, non ci sono».
Jacopo Ventura