ROMA – Entrando nel foyer del piccolo e delizioso Spazio Argot (i teatri nei palazzi sono più frequenti all'estero, da noi sono più una rarità; viene in mente il Teatro Libero a Milano) campeggia un bellissimo quadro con rappresentato un lottatore, o meglio un wrestler, si notano appunto le corde e la maschera, quest'ultimo dettaglio è l'icona che caratterizza questo sport-show-intrattenimento rispetto ad ogni altra disciplina che si muove dentro il quadrato del ring. Sembra una strana coincidenza studiata con lo spettacolo che da lì a poco farà da detonatore dentro la sala nera, invece quell'opera staziona sulla parete accanto alla biglietteria da molto, ma stasera il binomio è perfetto, l'incastro lampante, il parallelismo lapalissiano. Entrare nel mondo del wrestilng (e Mickey Rourke ne sa qualcosa del vortice nel quale è stato fagocitato) è come mettere piede nel tunnel degli specchi dove tutto non è come appare, in un gioco di palazzetti strapieni e di atleti dove la finzione è dichiarata, dove le mosse sono coreografie e gli scontri dialettici, che permettono la netta divisione per la folla tra buoni e cattivi, è pura drammaturgia, testo, vera scrittura di autori che preparano i canovacci. Praticamente una soap, una fiction, un reality con protagonisti culturisti acrobati mascherati dai muscoli scintillanti.
Nell'interessante ottica di riflettere sui possibili punti di contatto tra il teatro e il wrestling (anche in teatro i morti e feriti sono finti e la trama spesso è nota fin dall'inizio ma non per questo non andiamo in platea a vedere uno Shakespeare, un Moliere, un Goldoni o un Pirandello) un allegro e brioso trio di scalmanati (grande amalgama e complicità: Silvio Impegnoso, Ludovico Rohl, Alessandro Sesti hanno numeri e assi nella manica) ha creato l'impianto di “Tonno e Carciofini” (prod. Argot, menzione ad un recente Premio Scenario 2021; titolo traviante che non rende giustizia alla pièce e al suo contenuto) racconto sull'amicizia intrecciato con tutto l'ammasso di contemporaneo di cui siete capaci di immaginare. Ne viene fuori un calderone e uno zibaldone folle e pazzo, spietato e divertente che fa ululare. I tre ci hanno ricordato per veemenza e scaltrezza e incoscienza il collettivo dei Tony Clifton Circus e di rimando il loro maestro, Leo Bassi. Potremmo spingerci fino ad aver scorto qualche lampo di Antonio Rezza. E come veri “clown cattivi” si insultano, si pestano, si picchiano su quel limite di verosimile che ad ogni scontro fisico sembra travalicato. Invece tutto è misurato pur nell'eccitazione dell'esagerazione, pur nella calibratura dell'eccesso. E' questo il gioco, spingersi oltre per poi rientrare nei ranghi per prendere nuovamente la rincorsa in un affannato spassoso frizzante effervescente coinvolgente play che certamente non lascia indifferenti.
Il pubblico eccitato si ritrova in una sorta di Colosseo a parteggiare e soffrire tra urla di giungla, musica industriale, poesia, sudore e botte da orbi. C'è una sorta di provino per un quasi X Factor, c'è Achille Lauro che si miscela con Yoko Ono, c'è un padre a cui l'ex ha portato via il figlio, c'è un'analisi sull'arte contemporanea come sulla politica, c'è la tessera del PD, ci sono i racconti strappalacrime da caso umano e le luci stroboscopiche, il tutto tritato e frullato e concentrato e condensato nel caos tra sedie spaccate sulla schiena, chitarre inferte sulle scapole e bidoni dati in modo assatanato sulle spalle. Un Maestro crudele e malvagio che mette i due amici uno contro altro (la competizione del mondo attuale) riuscendo a tirar loro fuori la rabbia, l'insoddisfazione e la violenza spremendoli e toccando i tasti psicologici giusti, le molle per farli saltare, provocando le loro reazioni. Il succo finale è una spremuta fradicia, sprezzante della coerenza drammaturgica, dove l'invidia sociale si bilancia e fa da contraltare con la ricerca dell'amicizia, la richiesta d'amore e il bisogno di stima. I tre meritano di essere visti: eccentrici, fulminati, confusionari, squilibrati, sconclusionati, eccezionali, irriverenti, sfrontati, carismatici, rumorosi, casinisti, pirotecnici, apocalittici, esondanti, punk, rock, caustici, corrosivi, furiosi, esponenziali si autoalimentano, isterici, sferzanti, scapigliami scompigliati e scarmigliati, istrionici, cialtroneschi, illogici, sarcastici, viscerali, senza paura né lucidità, di rara carica e potenza, sprizzano un'energia rigenerante e ristoratrice che ha bisogno di essere incanalata in nuove sfide. Il rimedio contro la noia, la medicina contro il logorio della vita moderna. “Don't try this at home” è il motto. Andateci e menatevi, il consiglio.
Tommaso Chimenti 28/01/2023