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"Saluti dalla Terra" dell'Orsa: salvare il Pianeta è possibile fermandosi

PARMA – Stiamo aspettando che la meteora ci arrivi sulla testa. E staremo lì a filmarla per poi postarla. Siamo quegli uomini e donne della pellicola “Don't look up” che guardano al cielo, avendo avuto in precedenza tutto il tempo per prendere delle decisioni sensate e che invece si sono interrogati, divisi, lacerati, litigando furiosamente in fazioni ideologiche per, infine, non arrivare a nessuna soluzione, disuniti (e anche qui potremmo proporre una citdownload (1).jpgazione sorrentiniana dell'ultimo “E' stata la mano di Dio”), disarticolati, scaramantici, primitivi, riducendosi a pregare quando ormai non c'è più niente da fare invece che fare qualcosa quando ancora il tempo glielo consentiva. E' riduttivo definire “Saluti dalla Terra” (a cura del Teatro dell'Orsa di Reggio Emilia, visto a Europa Teatri a Parma) un testo ambientalista o ecologista: è uno spettacolo d'amore, per noi stessi, per il pianeta dove viviamo, che ci accoglie, che ci sfama, amore per il prossimo che verrà che troverà macerie e distruzione, un clima impazzito di tornado e caldo atroce, specie animali estinte e fotografie sbiadite di un mondo che è stato e che, come miraggio, non sarà più. Si saluta quando si arriva e lo si fa quando ce ne stiamo andando, nel caso tra l'uomo e la Terra siamo, purtroppo, nella seconda ipotesi. Venticinque quadri come fossero una lunga lettera dispiaciuta, un chiedere perdono per i danni che abbiamo arrecato, per la morte che abbiamo portato, per l'arroganza, la presunzione e l'ignoranza delle quali siamo stati capaci avendo avuto il desiderio di manipolare tutti gli esseri viventi ai nostri voleri, vendendo la nostra salute (stessa radice di “saluti”) per il soldo, l'economia, questa tanto celeberrima e chiacchierata crescita.

Aveva ragione Teatro dell'Orsa, Saluti dalla Terra - foto di Gaetano Nenna (1).jpgToro seduto quando diceva “Quando avranno inquinato l'ultimo fiume, abbattuto l'ultimo albero, preso l'ultimo bisonte, pescato l'ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter mangiare il denaro”. Il nostro è un momento storico che dovrebbe essere fatto di consapevolezza e di scelte epocali invece stiamo solo attendendo, perché pigri, la fine che inesorabilmente sta arrivando, si sta avvicinando a passi da gigante. Ma, ignavi e fintamente ignari, facciamo finta di niente, andiamo avanti fin quando l'aria sarà irrespirabile, il mare totalmente di plastica, la pioggia chimica, la terra piena di scorie nucleari, solo allora, forse, ci metteremo le mani nei capelli incolpando, ovviamente, le generazioni e i governi precedenti, bestemmiando Dio o pregandolo a seconda dei casi, attaccando la sfortuna, accusando il karma, invocando il destino. Stiamo aspettando un intervento esterno (“Extraterrestre portami via” cantava Eugenio Finardi), ma nessuno verrà a salvarci: “Se hai bisogno di una mano, guarda in fondo al tuo braccio”, diceva Confucio. Dobbiamo prenderci le responsabilità quotidiane delle nostre azioni, del nostro vivere, del nostro stare su questa terra che “non abbiamo ereditato dai nostri padri ma lo abbiamo preso in prestito dai nostri figli”. Siamo molto più bravi a lamentarci e ad indignarci con un post sui social o un pollice contro verso qualche istanza o raccolta firme per poi, nella vita reale, continuare con il nostro stile di vita che, evidentemente, crea disuguaglianze sociali e deforestamento, squilibri, povertà, miseria, guerre. Nessuno vuole rinunciare ai Teatro dell'Orsa, Saluti dalla Terra (2).jpgsuoi diritti acquisiti, al suo piccolo lusso ferocemente conquistato, nessuno vuole fare un passo indietro e siamo disposti a crepare tutti insieme invece di cercare di cedere qualcosa all'altro: “Less is more”.

Ancora non abbiamo capito che siamo tutti, tutti i popoli, tutte le nazioni, una cosa sola e, come diceva Jim Morrison “da qui nessuno uscirà vivo”. L'egoismo è la miglior qualità e pregio dell'uomo. Non ci sarà la classica “fine del mondo” ma il globo sta già lentamente morendo e perdendo i suoi pezzi, la sua biodiversità, le foreste che scompaiono, gli animali che si estinguono, i cambiamenti climatici estremi ma non siamo disposti ad intervenire sulle nostre piccole esistenze, aspettiamo leggi e decreti per poi lamentarci che lo Stato è “fascista” e limita le nostre libertà di inquinamento. Quando ci sarà la fine del mondo preferiremo guardarla su uno schermo, in streaming, in diretta con la cena portata da un deliveroo perché non ci vorremo certo perdere lo show. Perché ormai tutto è diventato uno spettacolo da mostrare e se non c'è un “video virale” allora non esiste e se ci preoccupiamo sarà soltanto in mezzo ad un like per un gattino, un apprezzamento per il panda, un cane abbandonato, un bambino con la faccia buffa, qualche guerra sparsa qua e là. Tutto sullo stesso piano.

Il Teatro Teatro dell'Orsa, Saluti dalla Terra (7).jpgdell'Orsa (in scena i compatti e affiatati Monica Morini, Bernardino Bonzani, Lucia Donadio, Elia Bonzani) fa un teatro civile comprensibile e aperto a tutte le generazioni (questa la loro forza: essere intimi e vicini), il loro modo di stare in scena è un abbraccio, è un prenderti per mano senza darti soluzioni o indicarti con il dito come peccatore. Non giudicano ma ci dicono “Siamo insieme, siamo sulla stessa barca”. Ecco infatti la metafora, che ci accoglie e ci saluta alla fine (amaramente), dell'Arca di Noè, perché l'idea più semplice che l'uomo vorrebbe applicare sarebbe quella di, dopo aver lordato tutto un pianeta, abbandonarlo a se stesso, invece che tentare di ripulirlo proprio perché lo deve abitare. Il musicista (Gaetano Nenna, musiche originali composte insieme ad Antonella Talamonti) ha il casco da apicoltore e sulla scena si alternano ruoli tristemente ironici (si ride molto ma subito dopo averlo fatto ci sentiamo in colpa di aver sorriso delle nostre quotidiane stupidità). Il refrain di fondo è che dobbiamo salvarci da noi stessi, dalla nostra ingordigia, dalla nostra fame di conquista, dalla nostra volontà di sottomettere le altre specie, gli altri esseri umani. Il dolore causato ad altri esseri viventi non porta mai gioia e ormai dovremmo averlo capito che la politica e l'economia globale sono fortemente connesse con l'ambiente. Il miglior dissenso però che le nostre menti illuminate e progressiste possono mettere in atto è allargare le braccia sconsolate e dire “E' molto difficile cambiare sistema di vita”, oppure perdersi dentro “Ormai” consunti e “purtroppo” sbiaditi.

Impossibile non parlare di Greta e della biosfera, e arrivano i due affaristi “brechtiani” imprenditori con la maschera con il nasone aquilino (che ricorda Zanni della Commedia dell'Arte) quelli che godono e soprattutto guadagnano con le catastrofi, e tanti animali in miniatura, e viene citato Chico Mendes, il sindacalista della Foresta Amazzonica ucciso dai latifondisti. Preferiamo parlarne e discuterne più che mettere in atto politiche, sociali, personali, quotidiane, per la salvaguardia del nostro pianeta anche perché, come dice uno slogal semplice ed efficace: “No Planet B”. Siamo come “la gatta sul tetto che scotta”, come quegli animali che, anche mentre la casa sta andando a fuoco, decidono di rimanere, preferendo morirci che scegliere altre soluzioni alternative, certamente più faticose e destabilizzanti, da attuare. Stiamo scegliendo di lasciarci morire perché non siamo minimamente disposti a rinunciare alle nostre comodità acquisite. Stiamo scegliendo di non scegliere e alla fine ci sarà presentato il conto della nostra stupidità.

Quelli dell'Orsa hanno carisma e padronanza della scena e dei linguaggi teatrali (dopotutto gli adulti sono soltanto bambini cresciuti) per far passare alti concetti e renderli malleabili, fruibili, Teatro-dellOrsa-Saluti-dalla-Terra-foto-di-Gaetano-Nenna-1280x720.jpgedibili, digeribili da una parte con dati scientifici a supporto, dall'altra con scene che folgorano come fulmini, affreschi che impattano, ci scuotono dal nostro torpore, ci smuovono, ci danno la scossa, ci schiaffeggiano, ci risvegliano. E quando ci raccontano che le montagne più alte, quelle dalle nevi che erano considerate perenni, si stanno sciogliendo, e le foreste bruciano e l'Artico sparisce e gli iceberg collassano e il livello del mare sta salendo allora non può far altro che prenderci la paura. Ma la consapevolezza non basta più. Un mappamondo illuminato ci fa vedere la bellezza della nostra Terra ma anche che l'abbiamo sempre trattata come un giocattolo. Il pianeta Terra senza l'uomo vivrebbe meglio, se noi sparissimo rifiorirebbe. Però preferiamo fare gli struzzi e dire “Andrà tutto bene, il problema non esiste” proseguendo per una strada che si fa sempre più piccola e spinosa e tortuosa e in salita, continuando a spingere sull'acceleratore sperando in un miracolo che, sappiamo già, non accadrà. La frase iconica che ci lascia storditi di “Saluti dalla Terra” è: “Se fai l'ambientalista senza fare la lotta al capitalismo fai solo giardinaggio”.

È la fine del mondo sopra la rovina sono una regina. Questa terra sparirà nel silenzio della crisi generale ti saluto con amore. Con le mani, con i piedi, e con la testa, con il petto, con il cuore, e con le gambe, con il culo, coi miei occhi. Questa è l'ora della fine, romperemo tutte le vetrine, tocca a noi, non lo senti, come un'onda arriverà, me lo sento esploderà, esploderà. La fine del mondo è una giostra perfetta, mi scoppia nel cuore la voglia di festa. La fine del mondo, che dolce disdetta mi vien da star male, mi scoppia la testa” (La Rappresentante di Lista, “Ciao, Ciao”).

Tommaso Chimenti 28/03/2022

Foto: Gaetano Nenna, Alessandro Scillitani

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