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L'adolescenza è un Nodo gordiano che non si scioglie

FAENZA – “L'adolescenza è come un cactus” (Anais Nin). Ogni tanto il teatro prova a scandagliare quel microcosmo che tutti ci tocca, ci colpisce (a volte ferisce), sicuramente ci forma, ci dà un'impronta per quello che saremo più avanti: il mondo della scuola. Piccolo habitat dove convivono età diverse e l'insegnamento delle prime regole da rispettare, i compagni, il gruppo, la disciplina, gli amici, il divertimento, gli amori, i professori. C'è stata “La scuola” di Lucchetti, passata anche sul grande schermo, “L'ora di ricevimento” di Stefano Massini, anche questo divenuto una pellicola, che si interrogava sulle differenze culturali e religiose, e poi “La classe” di Fabiana Iacozzilli, con i traumi provocati da quell'istituto di suore sadiche e insensibili, “La classe” di Giuseppe Marini, con un corso di recupero per ragazzi difficili, “Nemico di classe”, una delle prime regie di Gabriele Salvatores sul testo di Nigel Williams, per non parlare de “Il dio della carneficina” di Yasmina Reza. Ecco, la scuola ci forma, ci sforma, ci dice quello che vogliamo diventare e quello che non vorremmo mai essere nel confronto costante con i compagni, con il mondo degli adulti.facebook_1637609252416_6868631037847694494.jpg

“Il periodo adolescenziale manca della percezione del futuro” (Vittorino Andreoli). Ed eccoci a questo “Il nodo” (prod. Società per Attori – Goldenart; testo della statunitense contemporanea Johanna Adams) per la regia di Serena Sinigaglia che vede lo scontro-incontro tra due universi separati, una professoressa (Arianna Scommegna) e una madre di un ragazzino (Ambra Angiolini). La scena ci dà subito, al primo impatto, l'idea del difficile, del complicato ma soprattutto dell'argomento impervio, proibitivo, ripido, burrascoso, sdrucciolevole e scivoloso: praticamente un dosso, una cunetta, un'ellissi, una gobba che scende giù a capofitto come una scogliera d'Irlanda. Su questa collina inclinata che declina verso l'abisso stanno banchi e sedie come quelle capre aggrappate e abbarbicate alle rocce sporgenti. In alcuni controluce le figure nere delle due donne su questa sorta di palla da basket tagliata a metà ricordavano il Piccolo Principe e l'Aviatore nell'omonimo libro di Saint-Exupery. Sarà per il tema, sarà per il nome di Ambra, il Teatro Masini di Faenza era pieno in ogni ordine compresi i palchetti. Il Masini è gestito da Accademia Perduta che dirige anche le stagioni dei teatri del Goldoni di Bagnacavallo, il Walter Chiari di Cervia, il Diego Fabbri e Il Piccolo di Forlì e il Dragoni di Meldola.

La il-nodo-cover.jpgstoria è semplice e al tempo stesso nasconde nelle sue pieghe, volutamente, tante ombre e ambiguità: un ragazzo si è suicidato con un colpo di pistola, la madre del ragazzo va a scuola dopo qualche giorno per un confronto con una professoressa che aveva sospeso suo figlio, cosa che il genitore pensa sia stata la molla scatenante del suo gesto estremo. Inizia così un corpo a corpo tra le due figure che mettono in campo la loro diversa autorità, il loro modo differente di essere donne, l'angolazione opposta di approcciarsi ai ragazzi. Nascono così guerriglie e accuse, schermaglie e solidarietà, odio feroce e abbracci, mea culpa e voglia di dimenticare, in una tensione crescente che sale a maree, e appena scema riprende vigore per scagliarsi ancora in impeti di rabbia e ira e astio, tra attacchi e difese inutili, per spiegare l'inspiegabile, per cercare di ricondurre l'accaduto a qualcosa di razionare, per incasellare questa morte in un continuum di cause ed effetto, di azione e reazione. Le due parti in causa vogliono dividere il senso di colpa che le affligge, vogliono scaricare il peso indicibile che stanno affrontando, vogliono sentirsi meno sole, abbandonate dalle istituzioni (la scuola che latita, la preside che come Godot doveva arrivare ma alla fine non si vede, diserta l'incontro) e dagli uomini (dove è il padre? La figura maschile?).img-1641814593.jpg

Di sottofondo il ticchettio di un orologio, quasi una clessidra per questo confronto su un immaginario ring dove le regole sono saltate, due donne sole su un'isola deserta con il loro dolore (diverso, certamente) pesante come un macigno che gli graverà sulle spalle fino alla fine dei loro giorni come Sisifo, incatenate alle loro responsabilità come Prometeo. E non c'è salvezza né possibile (auto)perdono per questa tragedia, il dialogo e la dialettica possono soltanto lievemente lenire ed essere un balsamo per colmare lacune, per cercare di razionalizzare la perdita, relativizzare il dramma e la sciagura.

Però nodo-angiolini.jpgse le due interpreti sono pugnaci, generose e dirette, Ambra ha piglio da guerriera mentre il ruolo della Scommegna arretra e incassa alle corde, c'è qualcosa, principalmente nel testo, che rimane sospeso, che non riesce perfettamente a sciogliersi come appunto questo “Nodo” che rimane lì a ricordarci qualcosa ma che non sappiamo dissolvere né dipanare. Sullo sfondo appaiono grandi temi, come il bullismo o la consapevolezza del proprio orientamento sessuale in età adolescenziale così come il perbenismo degli insegnanti e la responsabilità degli adulti, non pienamente approfonditi che confondono le acque facendo calare una coltre nebbiosa e insabbiando sospetti e incriminazioni. Anche la trasformazione dei personaggi e il loro lato psicologico, in evoluzione durante la piece, forse non convince appieno con tratti poco scandagliati e repentini cambi umorali e momenti che nella realtà non sarebbero perfettamente credibili.

“Sto male l’ho detto molte volte, ci sono cresciuto con quella frase, ho sempre saputo le ragioni del mio star male, era tutto perfettamente chiaro nella mia testolina di quindicenne” (Pier Vittorio Tondelli).

Tommaso Chimenti 11/03/2022

Foto di scena: Serena Serrani

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