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"Il marito invisibile": la pandemia, la solitudine, l'invisibilità sociale

FIRENZE – Quanti danni ha fatto la pandemia e quanti ancora non sono visibili ma respirano subdoli sotto la pelle delle nostre esistenze all'apparenza così soddisfacenti e piene e colorate. La solitudine innanzitutto, quel sentimento che adesso è vigoroso e ci rimbomba addosso mentre fino a poco tempo fa ci potevamo tuffare nella confusione degli altri per zittire le voci di dentro che chiedevano imploranti soluzioni e via d'uscita. Adesso, da due anni, l'eco sotto la nostra cassa toracica si è fatto prima pressante e adesso soffocante: domande alle quali non abbiamo nessuna risposta e quella socialità, gli altri, che si allontana sempre più tra divieti da una parte e mancanza di desiderio dall'altra; tu chiamala se vuoi depressione. Su questo filo cammina come un trapezista armonioso l'intelligente testo di Edoardo Erba, “Il marito invisibile” (prod. Gli Ipocriti Melina Balsamo) che prima parte come una sitcom, con due straordinarie interpreti brillanti, poi vira sul noir con tocchi di thriller, ed infine si fa esistenzialista e drammatico lasciandoci un vuoto incolmabile di amarezza e un grande senso di voragine e abisso. Marina Massironi è Lorella, over 50 disillusa dall'amore e dagli uomini, rimasta sola durante il lockdown, Maria Amelia Monti invece è Fiamma, coetanea dell'amica, sposata, abita in campagna con il marito mentre i due figli grandi vivono lontano, sembra realizzata, una vita dove tutte le caselle sono al proprio posto. Ma la realtà, scavando sotto la superficie, non è mai come la facciata vuole farci credere.edoardo erba

“Il marito invisibile” risente fortemente del post-pandemia e di come è cambiata la comunicazione e di come sono mutate le relazioni amicali e di come percepiamo il reale. La messinscena, che ha un qualcosa che ci ha ricordato l'adattamento teatrale di “Festen” dei torinesi Il Mulino di Amleto, ci presenta due “palcoscenici” visivi: puoi vedere il sotto con le due protagoniste alle loro scrivanie intente nel chiamarsi in questa call su Zoom, oppure puoi guardare sopra sui maxi schermo dove è possibile seguire le nostre due “eroine” come se fossimo direttamente noi a chattare con loro vedendo lo schermo del portatile e lo sfondo casalingo dal quale si stanno connettendo. Una visione teatrale e “sporca” sul palco e sopra quella perfetta e ripulita (ne è già stata tratta una versione per l'online che uscirà alla fine della lunga e fortunata tournée; è una delle poche piece che si può prestare ad una visione che l'utente può usufruire da casa proprio perché pensata per quel mezzo e non adattata allo scopo). Uno spettacolo dove alcuni elementi concorrono alla sua felice riuscita: un testo che scandisce e puntella, una recitazione che non è né parodistica né sopra le righe, piccoli interventi musicali che ne sottolineano i cambi di climax, di status e i vari passaggi, e ovviamente lo strumento tecnologico (con riprese in soggettiva) che diventa centrale e cardine, fulcro e perno sul quale poter ruotare tutto il senso della vicenda. Una telefonata ti salva la vita, diceva Massimo Lopez in una pubblicità anni '90, oggi potremmo dire una call, anche se il vedersi a distanza, una volta che abbiamo staccato la comunicazione, ci lascia ancora di più un senso di vuoto e di buco nero facendoci sentire ancora più forte i morsi del mancato contatto.

teatro.it il marito immaginario marian massironi maria amelia monti spettacoloPotrebbe essere “Donne sull'orlo di una crisi di nervi”, ma sarebbe troppo semplicistico e riduttivo: due amiche si sentono dopo molto tempo e dopo qualche convenevole Lorella spiega a Fiamma che, dopo tanti amori andati al macero e alle ortiche, stavolta ha trovato il grande amore e, non paga del recente passato che l'ha illusa e poi delusa, se lo è addirittura sposato in fretta e furia. L'amica è da una parte sconvolta, dall'altra felice se l'altra, da sempre sfortunata sul fronte uomini, ha trovato la sua stabilità e serenità dopo tanto cercare e vagare di fiore in fiore. Ma le sorprese devono ancora arrivare quando la Massironi-Lorella confessa che il suo Lui è invisibile. Sì, proprio invisibile, ovvero c'è ma non si vede. La Monti-Fiamma prima va su tutte le furie dicendo all'amica di una vita che la solitudine le sta facendo male, di non smettere di prendere le medicine e gli ansiolitici, che si deve far curare. E qui ci è venuta in mente la recente e dolorosa vicenda del pallavolista italiano che ha avuto una relazione online, senza mai vedersi dal vivo, per quindici anni con una donna che si fingeva una modella e che gli ha sottratto 700.000 euro. Se l'amica bolla il marito dell'altra come “amico immaginario”, l'altra invece glielo presenta portandolo davanti allo schermo e, non vedendo né udendo alcunché, ottiene l'effetto contrario. Fiamma ora ha la certezza che l'amica non sta effettivamente bene. Ma i colpi di scena sono soltanto agli inizi. Qui sentiamo, nella drammaturgia di Erba, una strisciante denuncia di complottisti, terrapiattisti e no vax che hanno fatto presa sulle persone sole e fragili, abbandonate prima davanti allo schermo della tv e che adesso, con una tastiera a disposizione nell'era del 2.0, si sentono protagoniste e finalmente hanno trovato qualcuno che realmente ascolti le loro istanze e paure. Ognuno di noi ha fortemente bisogno di credere in qualcosa.

“Il marito” si fa noir, con inserti hitchcockiani e pennellature sonore, quando si affacciano ipotesi di spionaggio o addirittura l'idea aliena. Fanno capolino Spielberg o Carpenter, Lynch e Cronenberg: magia e mistero, nebbia sul fronte logico ma ampi spazi di manovra su quello poetico e catartico. Ma è tutta la drammaturgia che veleggia amabilmente sul doppio binario del reale da una parte e del metaforico e simbolista dall'altra e quando pensi di aver capito e inquadrato personaggi e situazioni in un attimo, con una virgola o una sospensione, ribalta il senso precedentemente e sapientemente costruito attorno, appunto, a quello che non c'è (come cantava Manuel Agnelli). Sta di fatto che Lukas (il nome del marito invisibile che Erba ci dice essere norvegese: un aggancio e un'autocitazione riferendosi al suo testo “Utoya” basato sulla strage di Breivik?) è come un virus che si propaga e si diffonde e tutto travia e tocca e sposta e macchia. Mentre constatiamo che anche ilzelbio cult 174029.660x368 matrimonio di Fiamma sia basato su fondamenta deboli di sabbia: chi è più invisibile tra il marito reale dell'una e quello effettivamente invisibile dell'altra? E non è che tutti noi siamo invisibili agli occhi degli altri, considerati di volta in volta come oggetti o numero o massa o folla? Tutti abbiamo bisogno di essere ascoltati e di essere amati.

Il finale, ancora più sconcertante e che lascia definitivamente lo spumeggiante (le due attrici tengono magnificamente le redine del play in un continuo ping pong pirotecnico) per sondare un terreno più intimo, acre e tormentoso, collegando lo scomparire alla sparizione sociale, al perdersi come eremiti nichilisti (gli hikikomori ne sono un esempio giovanile) nascondendosi nelle proprie abitazioni-loculo, chiudendosi senza relazioni soli tra le quattro mura domestiche nelle nostre case che diventano prigione ovattata e nido caldo o al gesto estremo del suicidio diventando energie che fluttuano senza più preoccupazioni terrene, senza più timori materiali. Ma è un testo che ci parla anche di una trasformazione che ormai è necessaria, nella società e dentro ognuno di noi, di un cambiamento perché i tempi sono diabolici e i passaggi fanno paura. La paura di scomparire (o morire) è quella che più fa tremare e tribolare noi occidentali nel mondo che abbiamo costruito a nostra misura, fondato sull'apparenza e sul concetto di avere che determina l'essere. “Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono, supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare, ti salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale, ed io avrò cura di te”, Franco Battiato ci indica sempre la via giusta.

Tommaso Chimenti 01/01/2022

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