ROMA - Eccentrico e raffinato, amante dei piaceri e della modernità, figura geniale per le sue doti poetiche e letterarie ma allo stesso tempo detestabile per gli atteggiamenti kitsch e spesso sopra le righe: Gabriele D’Annunzio è ancora oggi un personaggio che non lascia indifferenti e che suscita, nel bene e nel male, un costante interesse rivolto sia alla sua brillante produzione artistica sia alla sua intrigante vita privata. Non sorprende dunque che la Compagnia dei Masnadieri abbia voluto rendergli omaggio con lo spettacolo D’Annunzio mondano, scritto da Maricla Boggio e con la regia di Jacopo Bezzi, in scena allo Spazio 18b dal 5 al 17 febbraio.
Nella Roma umbertina degli anni Ottanta dell’Ottocento, tra i salotti della borghesia rampante e dell’aristocrazia in declino si aggira un giovane ma già spregiudicato D’Annunzio – interpretato con elegante portamento da Massimo Roberto Beato –, sempre pronto a divenire testimone, complice o persino protagonista di qualche tresca amorosa. In un contesto decadente e votato al più sfrenato edonismo, il futuro Vate si pone come efficace anello di congiunzione tra le tante storie che si intrecciano e si susseguono l’una con l’altra e che finiscono per comporre un variegato, spassoso e a tratti nostalgico tableau vivant di un’epoca eclettica e segnata da forti mutamenti sociali e culturali.
Ispirandosi alle cronache romane riportate da D’Annunzio sulle colonne del giornale «La Tribuna» tra il 1884 e il 1888, puntualmente firmate con bizzarri pseudonimi tra cui quello di “Duca Minimo”, Maricla Boggio restituisce con il suo testo un ritratto accurato del protagonista e un quadro autentico di quella dimensione mondana, grottesca e maliziosa, confezionando una vivida galleria di personaggi che, tra amori, equivoci e inganni, riescono a conquistare lo spettatore con le loro avventure sentimentali. Alla bontà della scrittura si affianca la briosa regia di Jacopo Bezzi, che sfodera diverse trovate tanto semplici quanto ricche di inventiva – dall’affascinante apertura dello spettacolo all’ingegnoso intermezzo della gita notturna in carrozza – e che ricorre a una scenografia caratterizzata da pochi ma simbolici elementi chiave – tra cui un classico separé, un tappeto damascato e un grammofono gracchiante che scandisce i vari passaggi narrativi al suono di musiche figlie di un tempo lontano. Un ulteriore valore aggiunto è poi costituito dai bellissimi ed elaborati costumi di scena curati da Silvana Biagini e perfezionati con il supporto attivo di tutto il cast e della direzione artistica dello stesso Bezzi.
Infine, a proposito del cast, risulta doveroso citare il fondamentale contributo alla buona riuscita dell’opera dato dai quattro attori a cui si unisce, nella seconda metà dello spettacolo, un quinto inatteso e gustoso personaggio per una breve ma a suo modo memorabile comparsata. Massimo Roberto Beato porta in scena un D’Annunzio compiaciuto, magnetico e appassionato; ma non da meno sono le figure interpretate da Elisa Rocca, Alberto Melone e Sofia Chiappini, quest’ultima particolarmente abile nel muoversi con disinvoltura dal ruolo di seducente Venere a quello di ingenua e non troppo sveglia fanciulla della vecchia aristocrazia romana.
Opera caleidoscopica, divertente e sorprendente, D’Annunzio mondano ha il merito di saper condurre lo spettatore con il giusto tocco di ironia in una realtà decadente fatta di passioni, tradimenti, pizzi e damaschi, gettando però al contempo un acuto sguardo sul nostro presente in cui, a ben vedere, sopravvivono gli stessi vizi e le medesime ipocrisie.
Francesco Biselli 13/02/2019
(Foto di scena: Luca Tizzano)