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Veronica Cruciani, con una vera coppia in scena, rivoluziona “L'Amante” di Pinter

CATANIA – E' un gioco sottile nel quale perdersi, scivolare come dentro le sabbie mobili, un meccanismo che sempre più, lentamente ti inchioda a passaggi, dettagli che mutano impercettibilmente, in un andamento tanto armonioso quanto feroce, adesso leggero ora scattoso dentro un marchingegno psicologico dove i personaggi (e gli attori), ma anche il pubblico, sono gli ingranaggi di un sistema che cambia le regole, che prende nuovi spiragli e luci, che assume nuove forme perché visto e inquadrato da diverse angolazioni. Potremmo essere dentro il tunnel degli specchi nell'affrontare questo sorprendente “L'Amante” di pinteriana scrittura al quale la regista Veronica Cruciani (prod. Teatro Brancati di Catania) non solo ha dato una veste nuova ma anche una percezione, un percorso misterioso e minimalista, che cangia i contorni, sposta, architetta come una partita a scacchi dove la strategia prende il sopravvento sull'azione. Un testo complesso, mai puramente lineare, pieno di non-detti, di sfaccettature ambigue. Una regia con solide idee.

DSC_8795.JPGIn quest'ambiguità la Cruciani ha voluto mettere, in questa palude dei sentimenti, Graziano Piazza e Viola Graziosi (convincenti, pieni di tinte e colori e tonalità, grande affinità e disponibilità nell'ascolto dell'altro in scena) nelle parti di Richard e Sarah, marito e moglie sulla scena, marito e moglie nella vita. Un altro, l'ennesimo salto mortale di questa messinscena. Come Tom Cruise e Nicole Kidman che però dopo la lavorazione di “Eyes wide shut” di Kubrick si lasciarono. Non è un dettaglio da poco che la vita entri prepotentemente dentro il teatro, dentro questa drammaturgia, che ha sessant'anni, che riserva sempre sorprese, nuovi bagliori, infiniti nodi gordiani e dubbi insoluti. Un puzzle con tessere mancanti, da inventare, elementi tra sogno e realtà, tra immaginazione ed enigmi che, anche a fine replica, non si saranno dipanati. Sta al pubblico fare “fatica”. Se forziamo un po' la mano al ragionamento potremmo avvicinare, o almeno trovare un parallelismo, tra “L'amante” e “Nella solitudine dei campi di cotone” di Koltes; in quest'ultimo un qualcuno voleva vendere qualcosa a qualcun altro che non sapeva di volere questa mercanzia. La merce che viene messa in vendita dentro questo testo di Harold Pinter (potrebbe essere l'anticamera o il prequel di “Tradimenti”, sempre a firma dello stesso autore londinese) non è tanto la fiducia ma quanto siamo disposti a recitare, a trovare nuove strade, a immedesimarci in altre vite per digerire meglio le nostre esistenze, quanto possiamo essere qualcun altro per essere pienamente noi stessi, quanta infelicità ci può regalare la monotonia.

Gli attori (che effettivamente stanno insieme dagli stessi anni della relazione dei personaggi che interpretano) cominciano senza costumi, con il copione in mano, con le luci in platea, presentandosi con i loro veri nomi, leggendo le didascalie del testo e le note di regia, parlano con il pubblico in un continuo scambio di battute e opinioni. Ed è questa la trappola (complice anche le sonorità di John Cascone e le luci di Andrea Chiavaro) che la regista romana tesse alla platea: piano piano le luci cambiano, la scena prende corpo, si mettono i costumi, tutto rigorosamente a vista. E' una materia pulsante, un magma che ribolleDSC_8890.JPG e che evolve da un attimo all'altro creando nuovi mondi, parentesi, bolle di pensiero. Il marito è consapevole dell'amante della moglie ma, si scoprirà, anche l'uomo ha una sua tresca con una prostituta. Coppia aperta quasi spalancata, si penserà. Sono complici ma ogni tanto accenni di violenza e colpi di gelosia scuotono la borghesitudine che li accompagna dolcemente, ora giocando adesso accusandosi e litigando, o ancora confessandosi sinceri senza filtri e perdonandosi. Che il letto sia di legno francescano duro e scomodo non è un dettaglio secondario, un talamo nuziale non confortevole. Gli abiti, il pigiama, la vestaglia, la poltrona, il divano, la tovaglia, tutto è di un verde spinto quasi psichedelico come un sogno acido, una deformazione della realtà mistica e allucinata.

Ripetono delle stesse scene come dovessero seguire, ed eseguire, un copione, come fossero dentro un “Truman Show”, fino a scambiarsi i ruoli, fino a diventare l'altro, fino a prendere le sembianze del coniuge (in una sorta di “Psycho”), fino al completo ribaltamento dei ruoli. E non è un particolare da poco nemmeno il fatto che realmente ci sia una distanza anagrafica tra la Graziosi e Piazza nella vita e quindi questo si riverbera anche sul palco: la scrittura maschile di Pinter ci mostra una donna più giovane, volitiva, aggressiva, testosteronica, consapevole, decisa, sicura di sé che obbliga il compagno più maturo, vittima e succube, più calmo e pacato, ad acconsentire a certe dinamiche imposte per il bene della relazione. E' in questa continua messa in scena che il matrimonio somiglierà sempre più al teatro con i ruoli da ricoprire, una trama da rispettare, un andamento da onorare.

Tommaso Chimenti 10/03/2023

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