Nelle sale cinematografiche da aprile, “PIIGS” è un viaggio affascinante e rivoluzionario nel cuore della tragica crisi economica europea. Realizzato da tre filmmaker dopo cinque anni di ricerche e due di riprese, il documentario racconta senza precedenti e senza censure i dogmi dell'austerity. È vero che nell'Eurozona non c'è alternativa al Fiscal Compact, al pareggio di bilancio, ai tagli alla spesa sociale? Ne parliamo con uno dei tre registi del docufilm, Adriano Cutraro.
Con Federico Greco e Mirko Melchiorre hai diretto “PIIGS”. Puoi raccontare la genesi della vostra collaborazione registica?
"Ho avuto modo di lavorare già con Mirko qualche anno fa alla regia del documentario “L’ombra del gigante”, ma è la primissima volta che dirigiamo tutti e tre insieme. Probabilmente ciò che ci ha unito e spinto a collaborare è stato il sentimento di angoscia per una società straziata e senza futuro".
Da dove nasce l’esigenza di realizzare un docufilm sulle politiche europee?
"Ormai sono diversi anni che l’Italia attraversa una crisi economica gravissima, che ha prodotto sofferenze sociali devastanti. L’Istat, qualche giorno fa, ha pubblicato i dati relativi alle persone che vivono in condizioni di povertà assoluta: sono 4,6 milioni! Mentre Reuters afferma che la disoccupazione giovanile in Italia ha raggiunto il 44%. Numeri spaventosi. Le ricette economiche basate sull’austerità sono risultate fallimentari, ma nonostante ciò continuano ad essere perpetrate. Di fronte a questo scenario, seriamente preoccupati per questa perenne stagnazione, ci siamo chiesti se effettivamente si fossero vagliate tutte le soluzioni possibili e se il cinema potesse contribuire a creare un dibattito pubblico in merito a questioni così complesse, ma determinanti per la vita di ognuno di noi. Ecco, è attorno a queste riflessioni che è nato il progetto".
Come avete scelto gli esperti che dovevano intervenire nel film?
"La nostra intenzione era quella di intervistare intellettuali ed economisti di assoluto prestigio che potessero offrire un punto di vista alternativo rispetto alle analisi e alle soluzioni proposte fino ad oggi, quelle che ci hanno portato nel baratro in cui viviamo. Su tutti Noam Chomsky, definito dal New York Times “il più grande intellettuale vivente”, Paul De Grauwe della London School of Economics, uno dei più grandi monetaristi del mondo, Yanis Varoufakis, ex ministro delle finanze in Grecia, Stephanie Kelton, consulente economico di Bernie Sanders ed inoltre Erri De Luca, Federico Rampini".
Claudio Santamaria, oltre ad essere un attore di grande talento, è impegnato attivamente nel sociale. È per questo motivo che è la voce narrante del film?
"Dal nostro punto di vista, un film del genere aveva bisogno di un cast che sentisse nell’intimo le problematiche raccontate per poi riportarle sullo schermo con autenticità. Abbiamo fatto vedere il film a Claudio, il quale, nonostante gli innumerevoli impegni professionali, ha accettato quasi subito il ruolo che gli abbiamo proposto. Per questo non finiremo mai di ringraziarlo".
Quanto siete stati influenzati dallo stile di precedenti docufilm a tema sociale?
"Le opere di Michael Moore e film come “La grande scommessa” ci hanno sicuramente influenzato per quanto riguarda l’aspetto puramente estetico. Il nostro però, era un progetto più complesso, perché volevamo agire su due livelli contemporaneamente: quello analitico e quello emotivo. È stato un percorso arduo, a tratti straziante, abbiamo sperimentato molto, per tentare di raggiungere il giusto equilibrio. Speriamo di esserci riusciti".
In questo senso, perché raccontare proprio la storia della cooperativa sociale “Il pungiglione”?
"Con questo film abbiamo avuto modo di far conoscere una meravigliosa realtà che, a causa dei tagli alla spesa sociale, rischia di chiudere, lasciando a casa 100 lavoratori e senza assistenza più di 150 ragazzi disabili. Abbiamo scoperto la cooperativa sociale “Il Pungiglione” per caso, su suggerimento di un amico. Fin da subito ci siamo accorti che disponeva di quel potenziale umano in grado di rendere universale anche una piccola realtà locale (e quindi di essere elevata ad esempio emblematico di Welfare State), pertanto abbiamo deciso di seguirne le vicende. Sinceramente non avevamo una strategia di approccio, piuttosto sono stati loro ad accoglierci, intuendo la nostra buona fede. Stando a contatto con i ragazzi ci siamo resi conto di quanto sia incredibile il lavoro dell’operatore sociale, con quale naturalezza e affiatamento riesca ad interagire con ragazzi vittime di gravissime patologie motorie e cognitive, donando loro serenità. “Il Pungiglione” è stata un’esperienza che ci ha segnato profondamente".
È prevista una distribuzione estera, oltre che italiana?
"In Italia il film è distribuito da Fil Rouge Media, una distribuzione indipendente ma molto agguerrita. A giorni sveleremo la data ufficiale di uscita e le sale dove sarà possibile vedere il film. Per quanto riguarda le vendite estere se ne sta occupando la Berta Film, ci auguriamo che riesca a venderlo in tanti Paesi e che più gente possibile abbia l’opportunità di vederlo".
Com’è stato accolto finora il film in Italia?
"Con nostra grande sorpresa, le anteprime stampa a Roma e a Milano hanno visto gli addetti ai lavori particolarmente entusiasti; abbiamo ricevuto attestati di stima e recensioni estremamente positive. Speriamo che anche il pubblico lo accolga con lo stesso calore".
Sara Risini 03/04/17