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Recensito incontra Max Caprara: “The Carnage-I cannibali”, una tragicommedia che riflette le sfumature della nostra società

Viviamo in una società in cui domina la logica dell’homo omini lupus, in cui siamo pronti a sbranarci per imporre noi stessi e le nostre idee, a discapito delle singole personalità e dei singoli individui, in maniera del tutto egoistica : questo è lo scenario che sarà portato in scena dal 4 al 23 maggio al Teatro dell’Angelo da Max Caprara nel suo “The Carnage - I cannibali”, con Antonella Alessandro, Stefano Ambrogi, Alessandra Muccioli e lo stesso Caprara.
Una tragicommedia che racconta con ironia le competitività e le sfumature della stupidità sociale attraverso quattro personaggi, che il pubblico non dimenticherà facilmente.
Una semplice cena diventa il pretesto per dare vita a un teatrino di ostentazioni e auto rappresentazioni che finiranno per servire un minestrone di pressapochismo culturale e crudeltà etica, destinato a ribaltare le cordiali premesse in un feroce consesso tra cannibali. Il tutto affrontato con toni ironici, che uniscono situazioni comiche e paradossali per portare ad una risata che tuttavia lascia l’amaro in bocca e fa riflettere. Una commedia intrisa di profonda attualità che l’autore, regista e interprete Max Caprara ci racconta in questa intervista sulle pagine di Recensito.

Il titolo dello spettacolo “The Carnage” rimanda immediatamente al celebre film di Roman Polanski e all’opera teatrale “Il dio del massacro” della drammaturga francese Yasmine Reza. Quanto si può ritrovare del film e quanto della commedia nel tuo spettacolo?
“In realtà il titolo è una coincidenza. Ma a scanso di equivoci ho voluto accostarlo ad un secondo titolo :”I cannibali” appunto. Evidentemente la presenza di due coppie ciascuna con un figlio è simile alla situazione presente nel testo della Reza, ma le similitudini si fermano qui.”

In “The Carnage” domina la crisi dei valori etici e sociali in un microcosmo rappresentato da due famiglie che si avviano verso un gioco al massacro, come è nata questa idea?
“L’idea è legata alla cena che una coppia offre a casa sua ai nuovi arrivati nel condominio. E’ una cena a domicilio che però non arriva rendendo evidente qual è il vero pasto che consumano i nostri personaggi: essi si fagocitano l’un l’altro esemplificando una società incapace di apprezzare gli individui attraverso i sentimenti o l’intelletto ma attraverso la pancia, appunto; personaggi quindi metafore di una società che non si stima più e perciò tende a distruggersi a ingurgitarsi in modalità consumista.”the carnage img. 3

È una tragicommedia, quali sono gli elementi più drammatici e quelli più comici che metti in evidenza?
“Come indica il nome questi elementi sono fusi e spesso indistinguibili. L’idea del vuoto del nulla per esempio (non c’è la cena, la cucina è vuota, la gabbia del criceto è vuota, il bambino è chiuso a chiave come un oggetto irreale) è un concetto drammaticamente esistenziale, ma al contempo è un serbatoio di innumerevoli situazioni comiche e paradossali.”

Si affrontano tematiche molto attuali, credi che il teatro possa essere un mezzo per riflettere e analizzare il contemporaneo?
“Diciamo che ammiro molto coloro che riescono a fare uno spettacolo che prescinda completamente dall’attualità sociale perché il teatro è inevitabilmente un esercizio sociale in tempo reale (e in questo molto più “tecnologico” del cinema”). Tuttavia l’Italia è una terra di virtuosi e questa invidiabile capacità si è ’oggi diffusa immensamente e soprattutto attraverso testi che paradossalmente richiamano espressamente persino nel titolo riferimenti al sociale o al politico!”

The Carnage sembra essere la fotografia di una società vuota e ingabbiata, in cui tutti i valori sono stati cannibalizzati, in che modo hai reso tutto ciò con la scrittura e poi registicamente sulla scena?
“Ho utilizzato le parole e le costruzioni logiche che sento tutti i giorni nei vari ambienti che attraverso quotidianamente dalla strada alla scuola dal luogo di lavoro ai mezzi pubblici e poi li ho incarnati a seconda degli orientamenti che esprimono nei quattro personaggi della commedia. Ho lavorato molto su questa originale consuetudine. Il risultato è a tratti agghiacciante. Esattamente come la maniera di pensare ed esprimersi di quasi tutti noi ogni giorno. Registicamente ho semplicemente messo in pratica le teorie del testo. Come regista anche di testi non miei sono infatti sempre stato contrario a sovrappormi o a trasfigurare con gli strumenti della regia il testo teatrale. Il regista non si deve mai vedere, cosi come la sua regia. Il risultato così è sempre coerente e compatto. In questo caso l’espressione della desolazione portata fino all’esilarante, essendo tematica, è stata resa con una messa in scena assolutamente tradizionale senza una virgola di troppo ne’ un effetto di luce o un suono musicale. Nessuna sottolineatura, nessun trucco teatrale. Questo per un pubblico medio è sufficiente per rendere quell’idea.”

Lo spettacolo è un ritorno sulle scene dopo il successo ottenuto qualche anno fa al Teatro dell’Orologio, c’e stata un’evoluzione, un cambiamento?
“C’è stato un aggiornamento del testo. Il testo in quanto contenitore è sempre un oggetto modificabile a seconda degli umori e delle priorità che le persone vivono in questo o quel periodo. E un anno è molto tempo. E poi posso contare su un cast differente, sensibilità attoriali differenti, esperienze differenti e quindi anche i personaggi si sono adattati per essere calzati da attori differenti. Lo stesso spettacolo, ma completamente diverso nella sua uguaglianza. Più ricco di sfumature più dinamico nel ritmo e più divertente. Dal mio punto di vista.”

Quali sono i tuoi modelli teatrali?
“Quando ero più giovane ne avevo diversi Mi ricordo a poco più di vent’anni seduto ad un tavolino con alla mia sinistra Orazio Costa e alla mia destra Luca Ronconi discutendo animatamente del ruolo e dell’esistenza del maestro a Teatro. Ricordo anche una lunga litigata con Dario Fo...Oggi non ho più modelli teatrali. Magari ve ne sono e anche eccellenti, ma io non li vedo. Direi che vedere degli spettacoli intelligenti interessanti e che si sforzino di fornire punti di vista differenti qualche ipotesi e un paio di risposte, sarebbe per me già estremamente positivo.”

Cosa speri possa arrivare al pubblico?
“Tutto quello che ho detto spero che arrivi. Ma casomai anche qualche bella risata andrà benissimo.”

Maresa Palmacci 24/07/2017

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