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"La nostra musica è condivisione": Recensito incontra Lo Stato Sociale

Nati come gruppo di amici in un garage a Bologna, sono arrivati quest’anno sul palco del sessantottesimo Festival di Sanremo guadagnandosi il secondo posto con la canzone "Una vita in vacanza". La band Lo Stato Sociale oggi vanta un pubblico sempre più grande e variegato. Recensito li ha incontrati a Roma, durante la festa di presentazione della nuova Nastro Azzurro tra gli enormi spazi dello stabilimento Peroni. Ecco la nostra chiacchierata con Alberto Cazzola aka Albi (voce e basso) e Enrico Roberto aka Carota (voce, sinth, tastiere, programmazione), tra una birra e l’altra.

Innanzitutto una domanda d’obbligo, cosa è cambiato per voi dopo la partecipazione al Festival di Sanremo?

A.C.: "In effetti molte cose. Dopo il Festival, Una vita in vacanza è stata trasmessa moltissimo dalle radio, questo ha permesso che un pubblico molto più ampio di quello a cui eravamo abituati, diciamo generalista, conoscesse noi e il nostro universo musicale. Poi Lodo (Lodovico Guenzi, ndr) ha presentato il concerto del primo maggio, è stato tutto davvero un bell’upgrade".

I vostri brani racchiudono un forte senso ironico oltre che drammatico ed emotivo. Pensate che il pubblico di Sanremo, diverso da quello a cui eravate abituati, sia riuscito a comprendere appieno lo spirito della vostra band?

A.C.: "Abbiamo deciso di portare proprio quel pezzo perché l’abbiamo considerato quello che ci rappresentava di più. Quel brano siamo noi, è il nostro stile e ci appartiene profondamente. Presentandoci con un’altra canzone non saremmo stati altrettanto convinti. Proprio grazie a questo forse il pubblico è riuscito ad adattarsi a noi e non l’opposto. Il brano Una vita in vacanza è nato, l’abbiamo prodotto e dopo un po’ abbiamo deciso di presentarlo al festival, senza troppe pretese. Nel caso in cui il pubblico non avesse capito a fondo che tipologia di band siamo, con quel brano ha comunque potuto comprendere in parte il progetto che portiamo avanti da anni".

Ma credete di aver perso pubblico con la partecipazione Sanremo?

E.R.: "C’è da ammettere che all’inizio i nostri fan più affezionati avevano storto un po’ il naso. Ma in realtà no, vedendoci presentare un brano che restava fedele al nostro stile, sono stati davvero in pochi quelli che hanno avuto effettivamente qualcosa da ridire, anzi, probabilmente abbiamo riconquistato quella fetta di pubblico che avevamo perso dopo il terzo disco. Il nostro spirito è sempre stato quello di espandere la base, diffondendo la nostra musica verso più gente possibile. A dire la verità, noi, da soli con la nostra musica non stiamo per niente bene. Le nostre canzoni hanno bisogno di una relazione con la gente. Vuoi per l'attitudine di portare la festa nei posti, o per il gusto di condividere, sentiamo una forte esigenza di farci ascoltare".

In che direzione si è ampliato il vostro pubblico negli anni?

E.R.: "Può sembrare una barzelletta, ma la verità è che dopo il Festival si sono aggiunti anziani e bambini. Adesso ci sono un sacco di persone che ci chiedono le foto per la figlia, per la sorellina, per il nipotino e così via. Prima del Festival non l’avremmo mai immaginato possibile".

Per quanto riguarda invece la fase di creazione dei vostri brani, tecnicamente e artisticamente, come vi dividete la composizione delle melodie, le armonie e la scrittura dei testi?

A.C.: "L'idea di base, il nocciolo della questione, il tema del brano, solitamente parte da uno. Poi viene condiviso, maneggiato a giro da tutti, soprattutto a seconda delle attitudini di ognuno. Ad esempio per le melodie ci pensa spesso Carota (ridono, ndr). Per tutti i primi dischi ad esempio le parti musicali erano quasi tutte di Lodo, ma la realtà è che più andiamo avanti e più condividiamo ogni fase della scrittura dei brani".

Restando sul lavoro di gruppo, come si è evoluta dagli esordi la vostra formazione?

A.C.: "In realtà dal primo disco ad oggi è questa. Dal 2009 siamo sempre stati noi quattro, solo nell'ultimo album siamo in cinque. Poi sul palco si è aggiunto Jack, che ci accompagna durante i live per arricchire lo show. I brani nuovi che abbiamo prodotto sono un po' più complessi e anche gli spettacoli ogni volta si arricchiscono di cose nuove - cazzate divertenti - ed è bellissimo, ma è stato necessario alleggerire il carico dello strumento musicale mentre ciascuno cantava le proprie parti. La figura di Jack è stata utilissima e indispensabile proprio per questo, oltretutto è un musicista professionista di altissimo livello".

Oltre ad essere musicisti, però, sappiamo che qualcuno di voi si occupa anche di narrativa, nel 2016 è uscito il vostro libro “Il movimento è fermo. Un romanzo d'amore e libertà, ma non troppo”. Ci parlate del retroscena di questo progetto?

A.C.: "L’abbiamo scritto io e Bebo (Alberto Guidetti, ndr) che inoltre sta scrivendo un fumetto, Andrea, disegnato da Luca Genovese, che uscirà edito per Feltrinelli comics. Io e Bebo abbiamo sempre scritto sin dalle lezioni di matematica alle superiori (ride, ndr), è una passione che abbiamo sempre coltivato. Bebo scrive sempre, non passa un giorno in cui non scriva. È una persona molto organizzata, si sveglia al mattino, scrive un'ora, va a correre, fa un milione di cose. Io, a differenza sua, lo faccio solo quando ne sento il bisogno. (Carota dice: e ci salva il culo a tutti! ndr). Ho un rapporto diverso con la scrittura, non scrivo tutti i giorni, nel momento in cui ho un'idea però ho l'esigenza di esprimerla e scrivere. Non è questione di ispirazione ma di attitudine, quando qualcosa è matura nella mia testa allora posso scriverla. Il connubio tra le nostre due personalità un po' diverse ma affini ha creato e crea un qualcosa di sicuramente stimolante e positivo. Inoltre siamo amici da molto tempo, è come un fratello per me, tra poche settimane farà il mio testimone di nozze.

Si può dire che vi compensiate tutti a vicenda…

A.C.: "Sì, succede sempre tra noi cinque. Si crea un perfetto bilanciamento tra personalità diverse che però si vogliono bene. La nostra amicizia è il cemento delle personalità che siamo e delle nostre diversità. L'amicizia e il lavoro sono strettamente correlate. Certo, ci si può mandare a quel paese facilmente così come altrettanto facilmente si può trovare una soluzione a qualsiasi problema. Probabilmente senza qualcuno di noi non sarebbe proprio la stessa cosa. Non siamo certamente perfetti ma la perfezione non ci interessa, è noiosa. Sono i difetti la cosa più bella".

Un’ultima domanda. In questo momento in cui la comunicazione è tutto e in un mondo in cui ci sono artisti che puntano molto sull’apparenza, quanto è importante per voi un apparato comunicativo funzionale che vada al di là di voi come individui e personalità musicali?

E.R.: "In realtà noi non pensiamo molto a questo aspetto, se non in una fase successiva alla scrittura. Per quanto riguarda l'utilizzo di Facebook, ad esempio, c'è un lavoro tosto dietro, ma è sempre la comunicazione ad adattarsi alla scrittura e alla produzione, non il contrario. Poi se mentre scrivi hai un qualche riferimento verso l'esterno credo sia la normalità, altrimenti saremmo chiusi in casa a far musica e non in mezzo alle persone. Abbiamo utilizzato sempre la comunicazione per condividere le nostre cose, le frasi delle nostre canzoni e via dicendo, ma sempre senza concentrarci particolarmente sull'estetica o sulla mera apparenza. In un ordine mentale se si ha un contenuto da veicolare si può veicolarlo con la forma giusta, ma se non hai quel contenuto puoi inventarti una forma che funzioni a prescindere. Fortunatamente abbiamo un rapporto con l'immagine secondario rispetto alla sostanza e al contenuto, che per noi arriva decisamente prima. Questo è ciò che abbiamo scelto".

Giorgia Groccia, Marta Perroni 01/06/2016

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