Sono quasi le 22 di un martedì sera quando all'Ippodromo delle Capannelle, sede ormai classica del Postepay Rock in Roma, si accendono i riflettori sull'arrivo della band che forse più rappresenta il mondo dell'alternative rock italiano: gli Afterhours.
Manuel Agnelli e compagni – Roberto Dell’Era al basso, Rodrigo D’Erasmo al violino, Xavier Iriondo alla chitarra e le new entry Stefano Pilia (chitarra) e Fabio Rondanini (batteria) – salgono sul palco con tutta l'energia di chi non sembra aver intrapreso ben sei uscite negli ultimi 10 giorni.
Il tour estivo, di poco successivo all’uscita dell’ultimo album “Folfiri o Folfox”, è giunto a Roma a riempire la programmazione dello spazio #TheItalianWay che, quest’anno, il festival dedica alla buona musica italiana.
La band dedica ai fan un’energica serata per celebrare e comprendere al meglio l’intensità di quest’ultimo lavoro e, insieme, riassaporare vecchi ricordi con alcuni dei brani storici della band. A condire il piatto ricco delle nuove tracce appaiono infatti in scaletta successi come “Ballata per la mia piccola iena” o “Male di miele”, mentre da “Folfiri o Folfox” suonano già noti ed emozionanti pezzi come “Grande”, in apertura di concerto, “Ti cambia il sapore" o “Il mio popolo si fa” seguite da “Non voglio ritrovare il tuo nome”.
È un album, questo, intriso della storia personale di Manuel Agnelli: dedicato alla perdita del padre, parla della sofferenza ma anche della speranza e della vita che può tornare a esplodere dopo che ogni cosa sembra esser crollata.
La scaletta convince e l’energia della band lascia presagire che anche il rientro a chiusura di concerto non deluderà tutti i cuori in ascolto. Interamente dedicati a glorie del passato sono, infatti, i due encore che la band affronta - sì, perché Agnelli e compagni non sembrano affatto voler smettere di abbracciare il pubblico romano - regalando altri nove brani. Immancabili qui alcuni tra i pezzi più amati come “Riprendere Berlino”, “Strategie”, “Non è per sempre”, “Quello che non c’è”, “Bianca” e “Voglio una pelle splendida”.
La chiusura, infine, con un’esplosiva “Bye bye Bombay” mette a riposo ogni singola corda lasciando spazio solo al godimento regalato da un momento di buona musica italiana. Ancora una volta, per fortuna.
Gertrude Cestiè 21/07/2016
Foto: Luigi Orru