Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

                                                                                                             

×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 620

"N-capace" e la sua regista, si (di)spiegano a Grosseto

Sotto a un cielo fortunatamente stellato, il 21 giugno Eleonora Danco accompagna la proiezione del suo film al Clorofilla Film festival, all’aperto, sul bastione “Cassero Senese” nel centro storico del capoluogo maremmano.
Autrice, regista teatrale, performer e attrice, restituisce nella sua opera cinematografica buona parte della cifra stilistica che contraddistingue il suo teatro: molto fisico, fatto di corpi, rotolamenti, contrasti, compagnia, ma anche solitudine.
Dichiaratamente ispirata dalla pittura di Giorgio De Chirico e il cinema di Luis Buñuel, soprattutto per il suo modo di osservare senza giudicare, il film non è però attribuibile interamente ad altri se non a lei: “Volevo fare il mio film. Che coinvolgesse anche aspetti della mia vita personale. Ho utilizzato dei temi universali. Se scavi nell’intimo e sei sincero, gli esseri umani in molte reazioni di fronte alla vita si somigliano. Ho voluto fare un lavoro contemporaneo non usando temi di attualità, ma dinamiche personali”.
Un film che, come per molti artisti, nasce da una personale necessità: “E spero che arrivi questa cosa. Quando è morta mia madre, 10 anni fa, ho iniziato sperimentando prima con mio padre e la badante, facendoli anche arrampicare sui muri. Lì mi sono chiesta anche: come fanno due persone che no si conoscono ad adattarsi e vivere assieme? E ho continuato nella mia ricerca”.
E da qui ha iniziato il suo progetto, usando la tecnica della naturalezza, facendo diventare attori le persone davanti alla macchina da presa, senza che loro se ne accorgessero.
“Ho fatto un confronto tra due età, vecchi ed adolescenti – dice la regista – Tra chi sta terminando un percorso e chi sta iniziando a fare qualcosa. Loro sono come sospesi”.
Eleonora Danco, che spesso termina ogni sua risposta con un rassicurante sorriso, ci informa anche che non è stato facile “ho fatto un sacco di provini. E molte delle donne dicevano di non voler partecipare. Con il fatto che ho coinvolto anche minori, spesso parlare di sesso non è stato semplice, soprattutto con le ragazze che in molti casi avevano i genitori presenti sul set”.
Ma le difficoltà non hanno superato la voglia di fare, in un film che ha coinvolto persone e tematiche a lei vicine, ma che non è autobiografico: “Il mio personaggio è un’anima in pena, che si chiama appunto ‘Anima in pena’. Ho usato me stessa, ma non ho fatto me stessa. Ho utilizzato molto anche il letto, che per me è una forma simbolica di difesa, scudo, ma anche prigione, della propria posizione, come a dire: si ci stò, ma a modo mio”.
Quello che non ha potuto fare a meno di fare, è stato analizzare e osservare il lavoro frutto dei 12 giorni di montaggio/rimaneggiamento frenetico finale, risultato di un’interrogazione della realtà e della verità, specchio dell’Italia “Senza retorica e senza giudicare” – dice la regista – che ha colpito anche lei.
“Usavo l’atteggiamento dell’adolescente di 16 anni, dissacrando, mettendo in discussione. Non ho mai cercato di manipolare qualcuno. La cosa che mi ha colpito è che i giovani erano molto più vicini ai vecchi di quello che pensavo. Quando si invecchia si tende a divenire un po’ più conservatori rispetto al periodo giovanile. E dei giovani partecipanti non molti erano ‘provocatori’, prevalevano gli altri, i conservatori. Praticamente tutti omofobi, con una bassa scolarizzazione. L’essere poco ribelli, ecco, questo mi ha colpita. Ma ho cercato di essere totalmente dalla loro parte, mi interessava la parte umana, semplice.
Tutta questa intelligenza, humor ecc che ho incontrato nei ragazzi potrebbero risultare sprecati, avvicinandoli allo studio sarebbero caratteristiche che forse alcuni potrebbero mettere più a frutto. E nessuno o quasi aveva letto un libro. Che conoscessero un po’ l’arte almeno sarebbe importante”.
Oltre ai ragazzi, parte fondante sono anche gli anziani, presi sempre nell’ambiente romano/laziale, provenienti da città e campagna, forti “contributor” di quella confusione che la regista ha raccolto facendola diventare qualcosa di vitale.
Ed è questo traspare in "N-Capace", non solo cinema, ma qualcosa che respira, anche e soprattutto del respiro degli altri e che è pure stato (usando le parole con cui ha concluso l’incontro col pubblico Eleonora Danco) “Una bella esperienza”.

Federico Catocci 23/06/2015

 

Libro della settimana

Facebook

Formazione

Sentieri dell'arte

Digital COM