Regia: Alessandro di Robilant
Interpreti: Carlo Ferreri, Evelyn Farnà, Andrea Borrelli, Cettina Bonaffini, Massimo Leggio
Uscita: dal 18 giugno al Filmstudio di Roma
“Uno dei pochi film girati in Sicilia che non parla di mafia”, spiega il regista Alessandro di Robilant, autore della tragicommedia “Mauro c'ha da fare”. A latitare però, come troppo spesso accade oggi, è il lavoro: la ricerca affannosa di un proprio ruolo nella società, con tutte le conseguenze che essa comporta. Per Mauro Magazzino, trentenne con due lauree, questa diventa una vera e propria ossessione, condivisa con i tanti incompresi della contemporaneità, irriducibili sognatori di una giustizia dissipata tra scambi di favori, e assegnazioni poco trasparenti.
Interpretato da uno strabiliante Carlo Ferreri, Mauro si vede soffiare ingiustamente il posto per il dottorato, e la fidanzata non esita a lasciarlo a favore di un attempato avvocato; perché purtroppo, bisogna inevitabilmente scendere a compromessi se si vuole uno stipendio fisso. La sua ostinazione invece, rende il protagonista una sorta di eroe solitario, un corpo estraneo in quel paesino del sud Italia dove ci si arrangia quotidianamente, e che tenta di cambiare, imponendo(si) una moralità urlante, violenta e sbeffeggiatrice. E a nulla valgono i tentativi dei genitori, angosciati e stanchi difronte ai ripetuti fallimenti del figlio che, un po' per pigrizia e inesperienza, fugge via da colloqui e piccoli lavoretti.
Nel film, l'intreccio delinea un susseguirsi di situazioni estremamente esilaranti, portate all'eccesso dallo stesso protagonista, il quale si relaziona con gli altri con un linguaggio senza filtri. Il suo sarcasmo sottile, sfocia fino ai limiti di un'innocente volgarità, rovinando puntualmente gli appuntamenti che Pino, l'amico di sempre, gli combina con le sue amiche.
Quel “c'ha da fare” compreso nel titolo, indica appunto la spinta, il motore che da origine alle disavventure di una figura dalle diverse sfaccettature. La comicità che guida la narrazione, riesce a rivelare circostanze in cui entriamo nel vero del dramma interiore: segnato sul volto di Mauro, che dalla finestra, osserva il vecchietto difronte passare le sue giornate seduto fuori in balcone, prefigurazione di un destino che tenta di combattere in tutti i modi.
Ma alla fine, inaspettatamente, arriva una concreta opportunità, che lo condurrà verso una terra capace di accogliere le sue idee (incomprese), i suoi desideri. “Mauro c'ha da fare” si dimostra ironico nel raccontare personaggi a volte contraddittori che, proprio in virtù di quest'aspetto, aprono a molteplici riflessioni, accrescendo il valore di un'opera che parla un suo dialetto, ma si rivolge a tutto il Paese.
Vincenzo Verderame 20/06/2015