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Kristy di Oliver Blackburn: metamorfosi psicologica in un thriller canonico

prodotto da David Kirschner, Jamie Patricof, Corey Sienega, Lynette Howell Taylor, Scott Derrickson
distribuito in Italia da Leone Group, The Space†
con Haley Bennett, Ashley Greene, Lucas Till
regia di Oliver Blackburn
uscita 30 luglio 2015

Coinvolgente, lineare. Votato all'intrattenimento, ma anche alla riflessione. Inserito a pieno nel genere, si muove con maestria nel campo del "già visto". Tutto questo è "Kristy", opera seconda del britannico Oliver Blackburn, che tra suspance e inseguimenti snervanti segue il weekend del Ringraziamento di Justine (Haley Bennett), costretta a rimanere sola al campus perché non può permettersi di pagare il biglietto aereo per tornare dalla famiglia. Recatasi in un drugstore per comprare qualche snack, Justine si imbatte in Violet (Ashley Greene), punkabbestia leader di una setta tecnologica col "vezzo" dell'omicidio rituale, che la spaventa e la chiama Kristy. Comincia così una lotta notturna durante la quale Justine cerca in tutti modi di sopravvivere alla follia omicida di Violet e dei suoi scagnozzi.
Il punto di partenza del film è la volontà, da parte della setta, di combattere con crudeltà e sadismo una sorta di perbenismo borghese-cristiano simboleggiato dalle adolescenti figlie di papà, seguaci di Cristo ed emblema di purezza e ricchezza. Un archetipo millenario, la lotta tra Bene e Male, tra eroe e antieroe, che Blackburn decide di ambientare in uno sconfinato campus dell'interland americano. Il regista dialoga abilmente con lo spazio, sfruttando ogni angolo, ogni corridoio e ogni stanza (vedi la scena in cucina, figlia del momento cult di Jurassic Park), trasformando il dormitorio in un antro infernale per Justine e ansiogeno per lo spettatore (non mancano le scene da salto in poltrona).
Il maggior punto di forza di Kristy, costato 7 milioni di dollari, è la metamorfosi psicologica della protagonista: il personaggio di Haley Bennett è costretto, da vittima, a diventare carnefice. L'istinto di sopravvivenza induce Justine a una fuga che si trasforma, pian piano, in consapevolezza di sé: conosce ogni anfratto del campus e decide di sfruttarlo a suo vantaggio (l'acme si raggiunge con la scena in piscina). Una figura empatica, per cui lo spettatore parteggia all'istante.
Il plot si sviluppa sull'errore filosofico di un'inquietante Ashley Greene, che sbaglia bersaglio. Perché Justine non è una svampita figlia di papà da terrorizzare e uccidere, perché non possiede nulla di ciò che Violet le invidia. La sua "bella stanza" la mantiene con un impiego da lavapiatti; la "bella macchina" è della roommate Nicole. Insomma, Justine è una sensibile lottatrice, letteralmente dura a morire. Nel suo caso, più che mai, non è l'abito a fare il monaco.
"Kristy" è un survival onesto, che si apre e si chiude con uno scorcio sul lato oscuro del web e della tecnologia. Se per Umberto Eco il web rischia di essere la fiera della "parola al cretino", per Blackburn diventa quella della "parola all'assassino": le efferatezze commesse dalla setta di Violet vengono sadicamente condivise su un social network. Trapuntato di implicazioni socio-psicologiche, "Kirsty" va oltre il semplice entertainment estivo.
Ps: rimanere seduti in sala fino alla fine dei titoli di coda.

Daniele Sidonio 31/07/2015

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