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"Gli ultimi saranno ultimi": una notte di ordinaria follia

"Non si va fuori di testa quando si perde il lavoro, ma quando viene meno l'umanità attorno". Così il regista Massimiliano Bruno riassume l'esperienza di "Gli ultimi saranno ultimi", film in uscita nelle sale italiane il prossimo 12 novembre.
L'opera narra le vicende degli ultimi, di chi si spacca la schiena per racimolare una piccola somma di denaro per poter veder nascere serenamente il proprio bambino, come Luciana (una straordinaria Paola Cortellesi), una donna semplice che sogna una vita dignitosa con suo marito Stefano (Alessandro Gassman). Ci troviamo nella provincia laziale, dove imperversa il terrore di prendersi un tumore a causa delle antenne che trasmettono, a frequenze troppo alte, una radio ecclesiastica. Qui gli ultimi sono molteplici: oltre a Luciana la narrazione si focalizza su personaggi come Antonio Zanzotto (Fabrizio Bentivoglio), un poliziotto dal passato tormentato, e Manuela (Irma Carolina Di Monte) una transgender che lavora come parrucchiera per le anziane signore del paese. I temi sono trattati con tatto e delicatezza, mai stereotipati: "volevamo mandare un messaggio a tutti, un messaggio di speranza e di lotta" ci dice Massimiliano Bruno, "è un messaggio coraggioso e anche necessario in questo momento nel nostro paese" aggiunge Gassman.
La storia nasce da uno spettacolo teatrale del 2005, in cui a recitare tutti i ruoli era la stessa Cortellesi, che ha partecipato alla stesura della sceneggiatura del film: "il ruolo dell'interprete non mi va stretto, ma stavolta, siccome conoscevo bene tutti i personaggi, ho dato una mano alla sceneggiatura".
"Quando scrivo uno spettacolo teatrale" - ci confida Massimiliano Bruno - "non penso mai ad una declinazione cinematografica della storia. Io sono stato molto fortunato a vedere "La stazione" di Sergio Rubini al teatro Argot anni fa, una splendida pièce, poi diventata un ottimo film: se c'è una storia che funziona bene a teatro, può avere fortuna anche al cinema, con il coraggio di saper buttare quello che non filerebbe sul grande schermo".
Il fulcro della narrazione ruota attorno alla reazione che Luciana ha alle angherie subite, ad un vita che non va mai per il verso giusto, dove se rimani pecora finisci per soccombere. Così la protagonista arriva all'esasperazione, senza più un lavoro, con il suo piccolo mondo che le crolla addosso, esplode in una follia distruttiva: "il tema dei torti subiti sul lavoro dalle donne incinta" - continua la Cortellesi - "sopratutto quelle che hanno un contratto a tempo determinato, è conosciuto da tutti, ma spesso si tace su questo argomento, noi invece abbiamo voluto parlarne".
"Ma questo film parla anche di me" - aggiunge Massimiliano Bruno - "è un momento nella mia vita in cui reagisco, in cui dico di no, come i bambini tra i due e i tre anni che iniziano a reagire alla vita con la fase dei no".
Il film ricalca così storie di "ordinaria follia" come quella di "Falling Down" di Joel Schumacher, tema declinato da Massimiliano Bruno al femminile, nel contesto della piccola provincia del bel paese, seguendo l'invisibile filo rosso che collega la commedia italiana al dramma psicologico.

Antonio Savino 10/11/2015

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