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Gabriele Salvatores al TaorminaFilmFest

“Italy in a Day” apre la giornata di oggi al TaorminaFilmFest. Dopo la proiezione il collegamento skype con il regista Gabriele Salvatores che, impossibilitato a raggiungere la kermesse, si scusa e scherza “Mi sarebbe piaciuto mangiare una granita stamattina invece che il mio tè”. La platea approfitta della sua generosità di discorso per rivolgergli tutte le domande possibili; prima tra tutte come scegliere tra l’infinità di materiale ricevuto per comporre il film: “Non è stato facile. Abbiamo ricevuto quarantacinquemila video, cioè più di duemila ore di film. Siamo rimasti ancorati a un principio: selezionare le cose che ci sembravano più vere, meno “selfie”. Le cose più semplici della vita erano quelle che ci interessavano.” La scoperta di questo esperimento (che, ricordiamo, è stato creato attraverso video amatoriali degli italiani girati lo stesso giorno e poi inviati al regista che li ha montati) è stata una alfabetizzazione digitale che ha coinvolto dai primi anni 2000 la maggior parte di noi. Dice a tal proposito il regista “La pratica digitale è ormai quotidiana, infatti la qualità delle riprese era molto alta, come anche il gusto che è molto cambiato. Gli anni ‘90 della tv generalista avevano abbassato di molto il gusto dell’immagine, invece negli ultimi anni stiamo ricominciando a prenderci il gusto delle immagini che arrivano da tutto il mondo.”
Se Salvatores dovesse dire “Italia” in una parola sarebbe “Trouble: crisi. Che per i greci significa cambiamento e opportunità. La nostra non è solo una crisi economica, ma sociale” Dice. A suo parere il problema è la carenza di spirito d’appartenenza che da secoli ci caratterizza: “Il popolo italiano non si sente parte di una Nazione. D'altronde siamo uno stato neonato; prima dell’unità, finché c’erano i regni, ognuno difendeva i suoi spazi.” Tuttavia da questo film sgorga la fiducia: “Vediamo un’Italia che ha ancora voglia di vivere. Noi siamo un gran paese, un gran popolo, il sangue è forte, continuiamo a resistere per i nostri sogni” prosegue “questo popolo ha una fantasia e una capacita di affrontare la vita per quella che è. Sa arrangiarsi anche nei momenti difficili. Probabilmente è perché siamo nel mediterraneo, centro nevralgico della cultura, influenzati da ogni parte.” La situazione attuale necessita di politici-sacerdoti che “dovrebbero accorgersi di avere tra le mani un popolo pronto a donare anche più di quello che può”. Parla con sincera convinzione e senza declamare nulla; spesso alla fine di ogni frase dice “credo” o “spero”. E per questo il pubblico lo ama.
Come sarà il sequel di “Italy in a Day”? “Nel numero due mi piacerebbe raccontare cosa si aspetta la gente dal domani. Mi viene in mente una canzone di Lucio Dalla che fa “domani chi lo sa che domani sarà””. Riconferma quindi il format amatoriale e “pop” soprattutto per il piacere di incontrare gente: “Facendo il regista se non vivi dopo un po’ parli solo di te stesso e non sempre sei interessante, sono interessanti le persone”. Riguardo al rischio che il progetto del film ha comportato afferma “Brecht diceva che chi vuole chiamarsi artista deve stare un passo davanti al proprio pubblico, rischiando di più; questo per dire che ho imparato dai tanti video che mi hanno mandato che la qualità emotiva di un film, non sempre è legata all’eccellenza delle inquadrature, ma all’attenzione per le situazioni giuste della vita vera” e continua “ne ‘Il ragazzo invisibile’ la lenta salita sulla scalinata del protagonista, nudo e invisibile, è stata girata in una sola inquadratura fissa: l’emozione del momento si trasmette da sé, più che se avessimo usato mille effetti speciali. ” Conclude sorridendo “Nei miei film mi illudo di dettare le regole della storia. Ma, il mio analista dice, nella vita non si può essere registi, solo attori.”

Silvia Maiuri 19/06/2015

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