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Freeheld di Peter Sollett: un amore normale, una storia vera

Laurel Hester è una detective del New Jersey e ama il mare. Stacie Andree è una tuttofare dei motori. Si incontrano, si studiano, si sfiorano, si innamorano, prendono una casa, curano il giardino e adottano un cane. Laurel si ammala, e comincia con la giovane compagna una lotta serrata per lasciarle in eredità la propria pensione militare. Una storia tremendamente vera, un amore profondo e normale raccontato da Peter Sollett in "Freeheld: amore, giustizia, uguaglianza", nelle sale italiane dal 5 novembre 2015.
Basato sull'omonimo documentario di Cynthia Wilde, Premio Oscar nel 2008, il film si aggrappa all'interpretazione di Julianne Moore ed Ellen Page. La prima è delicata, struggente, granitica in un altro ruolo complicato dopo la straordinaria apparizione in "Still Alice"; la seconda, tra i produttori del film, è dolce e toccante nella parte di un maschiaccio in jeans e scarponi. Forse il limite dell'opera, presentata all'ultima Festa del Cinema di Roma, è proprio questo: conta troppo sulle due attrici e non sviluppa una vera e propria impronta d'autore su una storia potente. Pur arrestandosi a una regia troppo televisiva, Sollett ha però il merito di puntare i riflettori sulla normalità delle protagoniste e lo fa con un'ambientazione quasi fredda, poco colorata, modesta rispetto al gigantesco tema trattato. L'accettazione del diverso è una materia che sempre più spesso entra nel cinema (e non solo), vuoi perché si tratta di un argomento "giovane" e per questo prolifico dal punto di vista espressivo, vuoi perché i tempi lo richiedono. È necessario parlare di diritti e della loro negazione, è giusto parlarne con discrezione, per svegliare le coscienze, portare alla riflessione e smussare gli estremismi. Sollett lo fa con onestà, cercando un sottile equilibrio tra la parte romantica della storia e i suoi risvolti politici, burocratici, sociali.
Altro neo: troppo vicino al cliché il personaggio di Steven Goldstein, attivista gay ebreo interpretato dal sempre spumeggiante Steve Carell, che ha comunque la forza di stemperare il clima grazie a esilaranti siparietti con il collega di Laurel Dane (Michael Shannon).
Il 26 giugno 2015 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha allargato il diritto di matrimonio a tutti gli americani, coppie gay incluse. Una sentenza storica – Italia, se non ora quando? – che affonda le proprie radici anche nella battaglia per la parità dei diritti di Laurel e Stacie.
Un film sincero – forse troppo – commovente ma non retorico.

Daniele Sidonio 06/11/2015

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