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Yundi Li a Roma: uno Chopin cristallizzato in note troppo perfette

Mar 16

Il peso delle aspettative è un macigno che le persone in odore di celebrità devono trasportare tutta la vita. La paura di deluderle, se possibile, ancora di più.
Sarà forse questa la ragione per la quale Yundi Li, il pianista che insieme all’amico - rivale Lang Lang è considerato la punta di diamante del pianoforte cinese, ha deciso all’ultimo secondo di cambiare il programma di sala del suo primo concerto romano, organizzato da IUC (Istituzione Universitaria dei Concerti) e tenutosi nell’ Aula Magna dell’Università “La Sapienza” sabato 12 marzo 2016.
Da una programmazione spaziante tra notturni chopiniani, sonate di Beethoven e la “Fantasia op.17” di Schumann - tutti brani estremamente impegnativi da un punto di vista tecnico e complessi da un punto di vista emozionale e interpretativo- si è optato in ultima istanza per un concerto interamente dedicato a Fryderyk Chopin: le quattro ballate e i 24 Preludi op.28.
Scelta dettata dalla mancanza di un’adeguata preparazione? Oppure decisione presa per esigenze di marketing, essendo uscito da poco il suo ultimo cd interamente dedicato al romantico polacco?
In ogni caso, Chopin è da sempre il porto sicuro di questo interprete: dopo aver vinto nel 2000, a soli diciotto anni, il Concorso Pianistico Internazionale “Chopin” di Varsavia, la carriera di Li è stata caratterizzata dalla costante presenza del compositore e pianista polacco. Le interpretazioni della sua musica gli sono infatti valse, tra i vari riconoscimenti, la Medaglia per Meriti Culturali”Gloria Artis” assegnata dal governo polacco e la prestigiosa esecuzione a Varsavia nel 2010, in occasione del bicentenario della nascita del compositore.
Roma però deve avere messo in soggezione il pianista asiatico: l’inizio è decisamente in sordina e sottotono. La “Ballata n. 1 in sol minore op.23” e la “Ballata n. 2 in fa maggiore op. 38” sono accumunate da una pulizia formale ed espressiva inadatta alla stilistica del compositore in questione. La ricerca della totale perfezione ritmica e sonora non sono infatti nella natura di Chopin, che ha fatto del rubato e del pedale le colonne portanti della sua filosofia musicale. Troppa linearità e troppo rigore di richiamo classicista evidenziano l’assenza di quei respiri essenziali, quelle pause piene di trasporto e di tensione, quei sospiri romantici che appartengono alla natura delle composizioni del polacco; una sorta di prosciugamento dalle componenti emotive che la musica di Fryderick Chopin è in grado di esaltare ai massimi livelli e che proprio nella ripresa del genere della ballata -togliendone i tradizionali titolo e versi ma mantenendone il carattere lirico, narrativo e intenso- sono la perfetta sintesi dell’intenzione musicale chopiniana.
Yundi Li inizia poi lentamente a superare la barriera di gelida precisione da egli stesso creata e a calarsi sempre di più nello spirito emotivo necessario per affrontare i brani successivi. La “Ballata n.3 in la bemolle maggiore op. 47” evidenzia il perfetto sfruttamento delle sonorità del piano e del pianissimo (già presente nei primi brani) e riesce in parte a dispiegare l’abilità nell’utilizzo del crescendo e del forte da parte dell’esecutore: l’aspetto leggero, fantasioso e intimista caratteristico del brano emergono con maggiore nitidezza.
Con l’ultima “Ballata n.4 in fa minore op. 52” si entra appieno in quella sonorità onirica determinata dal ribattuto della sinistra, seppure manchi un poco di profondità nell’andamento melodico dei due temi. Questa opera rappresenta la realizzazione ultima del dramma non verbale originato dall’unione di differenti tratti e stili stratificati, volti a evocare musicalmente la complessità del pensiero e delle emozioni umane.
In tutta la prima parte del concerto insomma, le note restano note e nulla più. L’espressività è troppo spesso “frenata”, schematizzata in un modo che poco si confà alla natura dell’opera chopiniana.
Nella seconda parte invece il pianista riesce a riscattarsi: i “Preludi op. 28” sono tutti ben centrati dal punto di vista espressivo e intenzionale. Yundi Li si dimostra capace di sintesi e condensazione sonora estrema, riuscendo a estrapolare da ognuno una specifica valenza espressiva e farcendone emergere contrasti, somiglianze di stile, differenziazioni di tecnica e di sentimento.
Un’occasione in parte mancata, questa esecuzione romana, da parte del brillante pianista cinese: quello che rimane infatti è la sensazione di un concerto bello ma, troppo spesso, senza anima.

Giulia Zanichelli 16/03/2016

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