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Una visione rock: i Marlene Kuntz sconquassano il Quirinetta

Mar 26

I lampadari retrò del Quirinetta tremano e piombano sulla folla, il palco sprofonda a terra, le bottiglie sugli scaffali dietro al bancone del bar si spaccano, la scala a chiocciola crolla. Questa l'immagine che passa davanti agli occhi mentre i Marlene Kuntz suonano "Narrazione": una visione. Come nell'episodio pilota di "Vinyl", serie tv prodotta da Mick Jagger e Martin Scorsese, in cui il protagonista si ritrova coinvolto nel crollo di un palazzo dove si esibiscono i New York Dolls. Una visione rock, un sogno adrenalinico scatenato dalla furia di Cristiano Godano e dei suoi soci.
La band sale sul palco e già qualcuno dal fondo chiama "Sonica". Rimarrà un grido isolato per tutta la sera – cosa rara in un concerto dei Marlene – segno che la scaletta soddisfa a pieno il pubblico. Una scelta oculata che tocca tutti i dischi, da "Catartica" a "Lunga attesa".
Ma torniamo alla visione rock. Quello di MK è un magma sonico che invade l'elegante sala del Quirinetta dalla prima all'ultima fila. Arrangiamenti duri, da vena gonfia e denti digrignati, quella di Godano è una catarsi attorno al microfono e alla chitarra, che sfrega in raptus centripeti e furenti balli asimmetrici, seduce e accarezza con il corpo grondante. Ai suoi lati l'eleganza di Riccardo Tesio, che arpeggia e orchestra il fluido musicale in un vis a vis con l'amplificatore, e il sapiente basso di Lagash. Alle sue spalle troneggia Luca Bergia, che cuce indomito e puntuale il ritmo delle distorsioni. La testa e il corpo del cantante di Cuneo girano "come un derviscio" e sono lapilli di energia, la camicia chiara diventa presto tutt'uno con la pelle e con la musica. Il tema del doppio si sprigiona nella sua più wildiana essenza: da una parte il Godano poetico e romantico – quello di "Osja, amore mio", "Lunga attesa", "La canzone che scrivo per te" – dall'altra la sua maschera madida sfigurata dalla fatica e trasfigurata nel rock, da cui si rigenera per poi ridursi a schizzi di sudore mescolati a polvere, ferro ed elettricità. Poche parole rivolte al pubblico, stordito dal flusso marleniano, che conturba e spinge a immaginare "Leda", donna dannunziana che "ama vorticare in una fantasmagoria sensuale". Godano e soci escono due volte e altrettante rientrano a imbracciare gli strumenti, a prolungare ancora l'"epifania prodigiosa", che si spegne con i versi di "Bellezza".
Come un buon whisky d'annata, che si gusta assaporandone ogni sfumatura, così il rock dei Marlene scende nella gola del Quirinetta e reintegra – perché è vita vera, è materia e sostanza dello spirito – da una "realtà che ci disintegra".

Daniele Sidonio 26/03/2016

Foto: Roberto Panucci

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