Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

                                                                                                             

#Rubik - Confronto di essenze: Dente e Dimartino live

Mar 29

Il weekend prepasquale romano è stato denso di concerti, in trepidante attesa della Resurrezione di Nostro Signore. La capitale non si è fatta mancare nulla: nel giro di 48 ore, infatti, hanno calcato le scene due esimi esponenti del cantautorato italiano contemporaneo, Dente (giovedì 17 marzo al Quirinetta) e Dimartino (venerdì 18 marzo al Monk Club).
Rubik ha diligentemente presenziato a entrambe le performance, ricevendone good vibes e litri di birra sulla giacca. Ma perché ora accostarle? Perché metterle in relazione?
Perché i due cantanti hanno certamente molti punti in comune: la generazione di appartenenza, la ormai assodata competenza artistica e prolificità compositiva, la capacità di scrittura e di semplice coinvolgimento del pubblico ricca e arricchente. Questi caratteri, uniti a quelli che invece li rendono unici e particolari, nella loro totalità sono in grado di tracciare un quadro abbastanza preciso di un genere musicale (l’indie-rock) corrispondente ormai a una categoria esistenziale.
Non si tratta dunque di un confronto, non saranno eletti un primo e un secondo classificato, non verranno proclamati un buono e un cattivo, ma piuttosto si vuole sottolineare come le loro proprie caratteristiche fanno di questi due cantautori dei buoni rappresentanti del nostro presente.
Emiliano uno e siciliano l’altro, Dente e Dimartino si sono entrambi fatti ambasciatori di sentimenti condivisi, di sguardi sul mondo, di una poetica dell’essenza, del quotidiano e contemporaneamente del fantastico. Stile semplice, ma un lavoro sui testi e sulle parole invidiabile, che riesce a rendere raffinate e quasi elitarie immagini e vocabolari del quotidiano.
Giuseppe Peveri, in arte Dente, è un cantautore che dalla scena indipendente italiana viene e che lì vuole restare. È vero infatti che negli ultimi anni sta diventando più mainstream, forse per via di questo hipsterismo dilagante, ma è un artista che ci tiene a mantenere la sua identità. Niente risvoltini per lui, insomma, niente gestione spasmodica di Instagram o barba da saggio sunnita. Dente ha raccolto il suo pubblico “a sopportare il delirio di onnipotenza di un pazzo”, ad assaporare un concerto lungo e intimistico di voce e chitarra acustica in cui protagonista è il ritorno alle origini, al suo “Anice in bocca” targato 2006, ai suoi morsi di canzoni e ai suoi giochi di parole
Antonio Dimartino invece innanzitutto non è solo, e non è solo testo. La componente musicale ha decisamente tutt’altra rilevanza, grazie anche alla sferzata tendente al rock del live riarrangiata con i fedelissimi Angelo Trabace al piano e controcanto e Giusto Correnti alla batteria. Si percepisce chiaramente la macchina sincronizzata e dinamica da band, le loro abilità strumentali e la loro carica comunicativa non una ma trina.
Come due facce di una stessa moneta sonora, questi due concerti sono emblema di due volontà contrastanti ma interdipendenti dei loro ascoltatori: il risvolto intimistico, il rivolgersi in primis a se stessi per poter poi essere in grado di esprimersi a fondo attraverso l’autoironia e la riflessione malinconica di uno, e il voler buttare, ribaltare sugli altri il proprio io, in un atto di condivisione del piacere e del dolore, alzando i toni adrenalinici e l’elemento energetico.
La difficile convivenza e gestione del sé e dell’altro da sé, insomma: quanta filosofia in tre ore di musica.

Per Rubik, Giulia Zanichelli 29/03/2016

Libro della settimana

Facebook

Formazione

Sentieri dell'arte

Digital COM