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La roccia canadese invade l’Italia: i Black Mountain in concerto a Roma

Lug 10

Per l’iniziativa “Roma incontra il mondo 2016” uno dei palcoscenici di Villa Ada si è trasformato, il 4 luglio scorso, in uno spazio cosmico abitato da cinque artisti quasi apatici, capaci però di generare un’energia che arriva anche alle orecchie “infiocchettate” dei profani. Vengono da Vancouver e sono paragonati ai Pink Floyd, ai Led Zeppelin, ai Doors e ai loro quasi omonimi Black Sabbath, eppure hanno un loro carattere, una loro faccia e in definitiva un loro marchio che prende vita nel 2004 col nome di Black Mountain Army. Un collettivo che nasce ai tempi di un rock consumato e che raccoglie il talento della cantante Amber Webber, quello del chitarrista e voce Stephen McBean, del bassista Matthew Camirand, del batterista Joshua Wells e del tastierista Jeremy Schmidt.
Al pubblico si presentano uno alla volta come figure proiettate da un’altra dimensione, dopo essere stati introdotti da un piccolo show alla “Rocky Horror” dei Soviet Soviet, gruppo made in Italy. Quando questi tre ragazzi allegri, ma non blackmountain02morti (quelli arriveranno il 28 luglio sempre a Villa Ada), salutano e si ritirano per lasciare il posto alla band canadese, il silenzio piomba sulla scena. Si sente solo qualche parola masticata troppo piano dalla cantante Amber Webber che però si compone subito in una posa rigida, riscaldata soltanto dalla voce. Il contatto dei Black Mountain col pubblico è tutto canalizzato nella musica. Il concerto si apre con “Mothers of the Sun” il primo singolo di “IV”, ultimo album del gruppo. Da subito non si può negare che le atmosfere ricordano quelle degli anni sessanta e settanta: tra Amber Webber con un look alla Janis Joplin e il chitarrista Stephen McBean, che sembra uscito da un “bagno” vintage, l’antico ritorna senza portare nulla di vecchio. L’arte dei Black Mountain è un salto in avanti, una confluenza di sonorità che provengono dall’hard rock e dal folk. Da “Cemetery Breeding” a “Line Them All up”, da “Florian Saucer Attack” a “You can dream”, la percezione è quella di un ibrido “ben dosato”.
Non mancano pezzi di successo dei lavori precedenti: “Stormy High”, “Tyrants” e “Wucan” tratti dall’album del 2008 “In the Future”, senza dimenticare “Wilderness Heart” dall’omonimo album del 2010, da cui la band ha ripreso anche “Rollercoaster”. Sul finale si torna a “IV” con nove minuti intensi e se “intenso” potrebbe essere un aggettivo cliché, in questo caso ciò che hanno creato i Black Mountain non si può definire in altro modo: l’assolo di “Space to Bakersfield” è stato il momento più significativo dell’evento. Quando gli strumenti hanno smesso di suonare, è ritornato il silenzio iniziale e il pubblico è stato assalito dal dubbio, o meglio dal desiderio, che il concerto non fosse terminato. Ritornati a casa è quasi impossibile dopo il live dei Black Mountain non piantarsi davanti al computer e ascoltare le loro canzoni. La speranza che ci resta è quella di rivederli presto in Italia.

Elisabetta Rizzo 10/06/2016

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