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All’Auditorium di Milano le note leggere di Kolja Blacher incantano il pubblico

Ott 24

Il concerto settimanale dell’Auditorium di Milano si rivela come un evento particolare in quanto è una di quelle rare occasioni in cui il Direttore d’Orchestra è anche solista. Il protagonista di questa impresa è il berlinese Kolja Blacher, violinista di fama mondiale, che a soli quindici anni si è trasferito a New York per studiare alla Juilliard School e seguire i corsi di Dorothy DeLay. Dopo essersi perfezionato con Sándor Végh a Salisburgo, ha iniziato una brillante carriera solistica. Dal 1999 al 2009 è stato professore di violino e di musica da camera al Conservatorio di Amburgo, per insegnare poi al Conservatorio Hanns Eisler di Berlino. Come solista ha collaborato con prestigiose orchestre tra cui i Berliner Philharmoniker e con famosi direttori come il nostro compianto Claudio Abbado.kolja2
Blacher dirige per la prima volta la Verdi e lo fa misurandosi con l’esecuzione di tre ipnotiche composizioni: la Ouverture de “Le nozze di Figaro o sia la folle giornata K. 492” del 1786, il “Concerto in Re maggiore per violino e orchestra op. 77” di Brahms del 1879 e la “Serenata per archi in Do maggiore Op. 48” di Čaikovskij del 1880. Un programma dunque abbastanza variegato che spazia dal più forse celebre pezzo della produzione operistica mozartiana, all’unico brano scritto da Brahms per il violino solista per arrivare nella seconda parte alla composizione articolata di Čaikovskij che si ispira chiaramente alle forme settecentesche e allo stesso Mozart. Il centro propulsore del concerto è costituito dall’esecuzione centrale di Brahms dove Kolja Blacher incanta letteralmente il pubblico milanese nella sua doppia veste di Direttore e violino solista. La grazia, la leggerezza e la rapidità con la quale destreggia lo Stradivari "Tritton" del 1730, acquistato dalla Signora Kimiko Powers, lascia piacevolmente attoniti anche i Maestri della Verdi. Così dopo la briosa e trascinante Ouverture esclusivamente strumentale di Mozart, Blacher prende per mano lo spettatore conducendolo nelle sonorità di Brahms, in una atmosfera dall’eco ungherese. Si tratta di un’opera solenne e maestosa, caratterizzata da tecnica perfetta, da una fantasia originale, da melodie festose tipiche dell’allegria viennese, ma anche da calore commosso, triste e a tratti nostalgico. Al tempo in cui venne partorito, il concerto fece fatica a suscitare il favore dell’opinione pubblica. Concepita in tre movimenti, Allegro non troppo, Adagio e Allegro giocoso ma non troppo vivace, questa composizione mette in evidenza le straordinarie doti di Blacher che rende la sua performance morbida e scorrevole seppur di fronte ad un brano dal punto di vista tecnico molto difficile. Quest’opera oggi è difatti considerata una delle più alte opere della letteratura violinistica e Blacher si è rivelato un ottimo lettore ed interprete, capace di lasciare estasiata la platea.
Lunghi gli applausi per lui tra la prima e la seconda parte della serata che si conclude con una Serenata del maestro russo Čaikovskij. Qui siamo di fronte ad una composizione corposa in quattro movimenti che spaziano dalla Sonatina al Walzer Moderato, dal Larghetto Elegiaco all’Andante-Allegro con spirito, dove si alternano passaggi eleganti e carichi di fantasia a melodie di più ampio respiro, sciolte e passionali, attraverso un carattere vigoroso e preciso con un richiamo ai temi popolari russi. L’opera, al contrario della genesi del pezzo di Brahms, entrò fin da subito nel cartellone di molte sale da concerto ed il suo successo fu immediato come quello raccolto da Blacher in questa trasferta milanese.

Adele Labbate 24/10/2016

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