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Il commissario Montalbano: il ritorno! “Amato, classico ma sempre nuovo”, ecco i suoi segreti

“Questo bel giovanotto non durerà molto”, con queste parole mia nonna sanciva il suo giudizio negativo riguardo il povero Michele Riondino e il suo “Il giovane Montalbano”, prequel de “Il commissario Montalbano”. La serie, nonostante il parere contrario di mia nonna, ebbe un discreto successo di pubblico e due stagioni con dodici episodi complessivi. Eppure la Rai, si sa, è sempre un po’ nostalgica, soprattutto quando si parla di grandi numeri (e successi garantiti), e perciò non deve stupirci più di tanto la decisione di tornare alle origini richiamando Luca Zingaretti per vestire nuovamente i panni del personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri.
Il passo indietro della Rai nasconde la consueta arma a doppio taglio: da un lato, la presenza di Zingaretti garantirà il supporto di un pubblico estremamente fidelizzato, dall’altro il rischio della ripetizione e dell’omologazione sono sempre dietro l’angolo. In questa tabella di pro e contro, “Il commissario Montalbano” vanta una struttura narrativa e un ritmo talmente consolidati che riesce sempre a sorprendere rimanendo sostanzialmente se stesso.
“Una faccenda delicata” e “La piramide di fango” sono i titoli dei due nuovi episodi che andranno in onda in prima serata su Rai uno rispettivamente il 29 febbraio e il 7 marzo.
“Amato, classico ma sempre nuovo” così è stato definito il commissario più amato dagli italiani durante la conferenza stampa di presentazione per i nuovi episodi. La domanda principale che ha guidato l’intero incontro è stata “Perché Montalbano piace così tanto?”.
Il regista Alberto Sironi ha rivelato che il segreto del suo lavoro è stato quello di trattare questi due episodi come se fossero i primi per non cadere nelle trappole dell’usura del tempo. Gli sceneggiatori, Francesco Bruni e Leonardo Marini, e lo stesso Zingaretti, presente alla conferenza stampa, argomentano l’immenso successo del commissario Montalbano parlando di lui come un uomo sempre uguale a se stesso rispetto a un mondo che sta cambiando. Mentre la BBC ci presenta uno Sherlock Holmes ipertecnologico che comunica via Twitter, il nostro Montalbano non sa utilizzare Whatsapp: questo confronto non vuole guidare una critica gratuita agli strati di polvere della tv italiana ma preferisce far riflettere sul desiderio del pubblico di osservare un protagonista completamente astorico (persino la nonna sopra citata sa inviare una foto con il cellulare).
Anche i casi raccontati non sono ambientati in un luogo reale: la Sicilia di Montalbano non esiste, è finta, ancestrale, quasi favolistica e proprio quest’aspetto la rende estremamente affascinante. Il commissario cammina attraverso un territorio dal forte impatto mitologico in cui non esistono macchine: una Sicilia fuori dal tempo abitata per contrasto da personaggi contemporanei.
Il primo di questi nuovi episodi, “Una faccenda delicata”, rappresenta proprio tale paradosso: una Sicilia dai tratti barocchi per paesaggi e personaggi ma anche incredibilmente moderna per i comportamenti di quest’ultimi. Nella storia dell’omicidio di una prostituta attempata, conosciuta e amata da tutti, si percepiscono le mutazioni di una società sempre più influenzata dal pensiero americano (“Gli americani lo fanno già da tempo” si rimprovera a Montalbano) e anche gli echi sociali e politici di una legge travagliata e attualissima.
L’isola che non c’è della televisione italiana, così potremmo definire la Sicilia di Montalbano, un luogo metafisico in cui solo quest’uomo è in grado di decodificare fino in fondo le passioni elementari degli uomini.

Matteo Illiano 25/02/2016

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