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“Rain”: al Romaeuropa Festival l’affascinante coreografia di Anne Teresa De Keersmaeker

A quindici anni dal debutto mondiale al Théâtre royal de La Monnaie di Bruxelles, in occasione della trentunesima edizione del Romaeuropa festival, torna a calcare le scene lo spettacolo "Rain" ad opera di Anne Teresa De Keersmaeker e della sua compagnia Rosas.
Il Teatro Argentina, palcoscenico dell'esibizione, vede dieci nuovi interpreti, a cui è richiesto uno sforzo fisico non indifferente, danzare per settanta minuti un pezzo interamente costruito sulla musica del compositore statunitense Steve Reich dal titolo "Music for 18 Musicians". Connubio assai caro alla coreografa fiamminga, quello tra musica e danza, da sempre oggetto di una sua rigorosa e prolifica esplorazione. L'ipnotica e cullante architettura musicale fatta di piccole cellulerain2 melodiche brevi e semplici, e di figure ritmiche immediate, accompagna una danza minimalista costruita attraverso piccoli gesti ripetuti. L’intera struttura dell’opera, sviluppata per accumulazione, è composta dalle variazioni di due ‘"frasi coreografiche", una scritta per i danzatori, l’altra per le danzatrici, che si uniscono e si sovrappongono a creare un dinamismo speculare. Due voci autonome pronte però a intrecciarsi in momenti corali ben precisi.
Assistiamo a camminate lineari alterate da lievi cambi di asse, di peso e cedimenti, forsennate corse individuali e di gruppo, azioni in schiera guidate da una forza esterna magnetica, movimenti circolari o a spirale talvolta attraversati da linee rette o da diagonali o ancora, e soprattutto, corpi apparentemente mai stanchi se non fosse per il sudore impresso sui morbidi abiti, a testimoniare in realtà l'avvenuta fatica.
A tratti, sembra di osservare un origami, l'arte tipica giapponese di ottenere, piegando più volte un foglio di carta secondo precisi schemi geometrici, figure di persone, oggetti, fiori o animali ripetuti più volte. E così si assiste a una sorta di innovazione nella ripetizione.
I rapidi cambi d'abito, avvengono un paio di volte fuori scena, solo su pochi interpreti. I costumi, che mutano in realtà solo nella gamma cromatica, sono disegnati dallo stilista Dries Van Noten con una varietà di colori molto delicati che ben si sposa con l'atmosfera rarefatta creata dallo scenografo Jan Versweyveld.
rain3Gli occhi degli spettatori camminano a passi felpati lungo il perimetro del palcoscenico, ne osservano l'area e si lasciano catturare dalla luce morbida che sottile s'insinua tra le fessure di una tenda, unica e vera scenografia, fatta di fili argentei che ricadono sulle assi come copiose scie di pioggia. Le luci, anch'esse curate da Versweyveld, passano con leggerezza dall'arancione al rosa per mostrare a volte, anche dei lampi brevi e improvvisi, come l’accecante luce bianca proveniente da un faro mobile visibilmente guidato da un tecnico dietro la tenda.
Il ritmo vibrante, dà un senso di progressione, quella della De Keersmaeker è una pratica coreografica che indaga i principi formali dalla geometria, i modelli numerici, il mondo naturale e le strutture sociali per offrire una prospettiva unica sulla articolazione del corpo nello spazio e nel tempo.
Anche di fronte a un apparente errore, il mondo razionale è pronto a porvi rimedio, come quando una danzatrice cade a piombo dritta sul pavimento, forse tradita dal terreno ormai troppo scivoloso non di certo per sua distrazione, il resto dell’ensemble è pronta a ritrovare immediatamente, nello spazio e nel tempo, la giusta armonia.
Ben presto, ci si accorge che tutto è solo in apparenza rigido e controllato, è impossibile, infatti, non dare spazio a una forte sostanza emozionale nel movimento che si osserva ed ecco perché, nel finale, ci si trova immediatamente d'accordo con una definizione storica apparsa sul The Guardian che descriveva questa geniale e ruvida fiamminga come: "una coreografa difficile ma con un seguito popolare, un minimalista con una tendenza a drammatizzare, una persona reticente con molto da dire... Anne Teresa de Keersmaeker è una contraddizione affascinante".

Miriam Larocca 18/10/2016

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