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“AVETE RAGIONE TUTTI”, ma abbiamo più ragione noi: l’esordio senza peli sulla lingua dei Canova

Ott 22

Filtro, questo sconosciuto. I Canova sono un arguto quartetto milanese che non sembra avere paura di dire quello che pensa e fa. E quindi non ha grandi remore anche il loro primo album, “AVETE RAGIONE TUTTI”, scritto così, tutto maiuscolo, che è poi come dire che non ha ragione nessuno se non loro. E, come logica conseguenza, le nove tracce che lo compongono sono degli scanzonati proclami, divertenti sentenze sputate tra le righe di semplici armonie.
Sociopatici per finta, poeti della cruda verità, musicano testi schietti, ironici e piacevolmente arroganti. Tra “Vita sociale” e “Festa”, tra “Brexit” ed “Expo” (mal/non) vissute da giovani ignavi al centro esclusivo del proprio mondo, alla fine quello che si cerca è sempre e solo una cosa: “La felicità”, le “bocche a lieto fine”.Canova2
Matteo Mobrici, Fabio Brando, Federico Laidlaw e Gabriele Prina si sono sottoposti all’adeguato grado di mixaggio e arrangiamento elettronico guidato da mani esperte e hanno sfornato un disco coerente e divertente, dalle melodie orecchiabili e dai ritornelli prepotentemente canticchiabili che completano a dovere l’Operazione Trionfo architettata dalla Maciste Dischi. Un impasto da ascoltare, che si incastra a metà strada tra il pop più commerciale e la musica che cerca un’indipendenza. Il quartetto ha indovinato una formula vincente: scrivono quello che passa per la testa, tolgono con cura tutti i fronzoli estetici ed evitano le sabbie mobili del disagio sociale sproloquiato, del romanticismo petaloso o dell’attivismo politico da pausa caffè. E quindi resta della sostanza, tanta sostanza, che colpisce con la crudele verità di una poesia metropolitana scritta sullo scontrino dell’Esselunga con la matita dell’Ikea.
Rimettono Cupìdo e i suoi naif compagni svolazzanti con i piedi per terra: non vogliono sposarti, ma “vederti tutti i santi giorni” o “quando ti spogli con una canzone dei Doors”, non scrivono lettere d’amore struggenti ma cercano “l’occasione che ho per dirti Che stronza!”, non sono alla ricerca di Cenerentola ma di “Maradona”, non litigano per i diritti umani ma per evitare la vacanza a “Portovenere”. Così è, facciamocene tutti una ragione. E crogioliamoci in questa brillante spocchia giovanile, dall’irruente autorevolezza consapevole di non averne, perché probabilmente nessuno ce l’ha.
In fondo non serve a nulla trattenersi, censurarsi o convenzionarsi: perché alla fine tutti - io, loro, Pupo, Beck e Cher - “finiremo alle Canarie a vendere frutta in un centro commerciale”.

Giulia Zanichelli 21/10/2016

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