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Weird black: “Hy Brazil” terre perdute e ritrovate

Mar 10

I Weird Black ci raccontano “Hy Brazil” attraverso le loro allucinazioni uditive. Un nome, un aggettivo, un solitario nella nebbia, una voce opaca che ci fa cadere nell'oblio psichedelico degli anni Settanta, con i suoi colori intiepiditi dal sole, le corone di fiori, i capelli spettinati, il languore di chi, estasiato, sembra scoprire come godere delle emozioni umane per la prima volta. Tutto questo ritorna a rallentatore, raccontato in filastrocche. O forse sarebbe più lecito parlare di favole. Sembra essere esistita un tempo una sorta di Atlantide perduta, un'isola incantata di nome Hy Brazil che sembrava generasse magia e bellezza nella natura stessa delle cose. Ha ispirato miti, leggende, e certa musica, a quanto pare. Da accordi di acustica che sembrano stare a metà tra il grunge volutamente arraffazzonato che a volte inciampa nel noise, i riff dell'elettrica stritolano instancabilmente la psichedelia che si aggroviglia nei giri di basso. Il tutto reso in un lo-fi che li caratterizza.
I Weird Black sono Luca Di Cataldo, Giampaolo Scapigliati e Matteo Caminoli. Proponibili come i nipotini di Syd Barret, attraverso il calore delle loro sonorità ci fanno riattraversare il fluido torpore di quel rock psichedelico alla Tame Impala portato ai minimi termini del folk e allo stesso tempo rinforzato dagli inserti elettronici che ne rendono nitidi i risvolti rispetto “al già sentito”. La loro distorsione il suono che ci fa sentire la differenza che passa tra la puntina del giradischi e quella del disco ottico porta il loro sound a toni d' irriverenza alla Mac Demarco o Ariel Pink la cui ispirazione sembra dichiarata. È davvero una sorpresa vedere un bel trio fare questo tipo di musica in Italia, dov'è poco radicato un genere simile che manifesta l'innesto tra il rock psichedelico britannico alla giocosità dei sound del West Coast.

Emanuela G. Platania 10/03/2016

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