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“Trigono” di Bardoscia, Alborada, Marcotulli: congiunzioni astrali fra classica e jazz

Lug 02

A partire dal medioevo la formazione ideale dello studioso per eccellenza, ovvero del filosofo, si compiva attraverso la conoscenza delle arti liberali del Quadrivio (aritmetica, musica, geometria, astronomia), in quanto fonte di verità propedeutiche alla pura contemplazione intellettuale. Mentre la scienza dei numeri, l’aritmetica, serviva a intendere la realtà ideale e immutabile, grazie alla musica e all’astronomia tale comprensione si estendeva alla visione razionale dell’universo. L’astronomia era subordinata alla geometria per la descrizione di orbite, corpi e fenomeni celesti, e alla musica, perché il moto degli astri era scandito da intervalli armonici. Immaginare una commistione d’intenti fra musica e astronomia, fra note e pianeti, fra suoni e costellazioni, non è dunque solo una fantasia: l’uomo alzava gli occhi per cercare una risposta e la risposta era un disegno meraviglioso, una scrittura che lentamente, secolo dopo secolo, qualche riscontro cominciava a fornirlo, rilanciando sempre la Domanda. Allo stesso tempo, il suono poteva placare, incantare, far gioire, esaltare, e si articolava sempre più, diventando linguaggio, poi parola, musica, consentendo un riconoscimento. Il suono era armonia, misura, ritmo. E tale era anche la volta celeste, man mano sempre più rassicurante, in quel ruotare preciso che ritornava ciclicamente al punto di partenza, facendosi tempo, corrispondenza fra emanazione luminosa e consonanza musicale.trigonocop
Oggi, l’astronomia ha perso gran parte della sua sintonia con la musica, ma è ancora possibile intravedere qua e là forme di quell’ascolto-visione originario ancora attive nelle contaminazioni fra artisti. Può capitare, per esempio, che il trigono, ritenuto la più armonica e favorevole delle congiunture astrali, diventi metafora di fortunati triangoli destinati a smussare le alterità di pianeti lontani o addirittura conflittuali. L’album “Trigono” (foto in copertina di Marco Delogu), nato dalla collaborazione del Quartetto Alborada (Anton Berovski e Sonia Peana al violino, Nico Ciricugno alla viola e Piero Salvatori al violoncello) con il contrabbassista Marco Bardoscia e la pianista Rita Marcotulli, pubblicato lo scorso 20 maggio dalla Tŭk Music di Paolo Fresu, è la dimostrazione che il rigore costruttivo armonico-tonale del repertorio quartettistico classico può amalgamarsi perfettamente alla densità ritmica e alle linee melodiche leggere e trascinanti del jazz contemporaneo. Il Quartetto Alborada, del resto, non è nuovo a questo tipo di sperimentazioni: a otto anni dalla ristampa dell’album d’esordio “Éthos” (che ospitava, fra gli altri, artisti del calibro di Diederik Wissels, Elena Ledda, Angelo Adamo, Daniele di Bonaventura e Paolo Fresu), l’esigenza di un nuovo percorso d’ibridazione, di una nuova opera intessuta su trame classiche ma adornata dalle seduzioni dell’avanguardia jazzistica, imponeva ennesime ricerche su territori di confine. E a orbitare attorno al Quartetto Alborada, non potevano essere che vecchi compagni di viaggio come Marco Bardoscia – già apparso per Tŭk in “Legend” (2006), “Replay” (2009), “Argento” (2010) – e Rita Marcotulli, presente fra gli ospiti di “Éthos” ed entrata con disinvoltura a far parte di questo affascinante progetto. “Trigono” propone all’ascolto tredici brani fra composizioni originali – di cui sei firmati da Bardoscia – e riletture classiche, tutti impreziositi dal tocco nitido ed elegante del pianoforte, dove ogni esecuzione risulta molto più di un semplice accostamento di stili e strumenti: è il risultato scultoreo di influssi celesti che ne regolano l’umore ora “arietino” (caldo, infuocato, avvolgente) ora “scorpionico” (complesso, aggressivo, rauco), ora “lunare” (magico, misterioso, incantevole) ora “mercuriale” (allegro, disinvolto, aereo).
trigonoAncorato alla tradizione sonatistica del quartetto d’archi è l’andante sereno e lievemente nostalgico “Abide with Me”, dove le fioriture libere e fluide del pianoforte disegnano arcate melodiche sinuose, che in “Inside” si fanno travolgenti e vorticose, puntellate dal commento minimale del contrabbasso. Volge invece dal “mercuriale” allo “scorpionico” lo spigoloso e sincopato “Rappresenta”, che si contrae e distende per continui spunti dialogici tra pianoforte e archi che evocano atmosfere quasi cinematografiche. Poi la chitarra onirica di Nguyèn Lè introduce la solare “Andrea’s Milonga” a ritmo di habanera, dove compare anche un insolito Paolo Fresu al pianoforte e ai battiti di mani.
Le figurazioni lunari, sottilmente sinistre, del pianoforte si alternano ai grumi sonori dei pizzicati d’archi in “Mr. Hopkins”, mentre il volo inquieto di una farfalla di fiore in fiore è richiamato dai continui inseguimenti contrappuntistici fra pianoforte e contrabbasso in “Farfalla”. Si ispira invece alla potenza lirica delle romanze d’opera la superba “I’m a Dreamer”, su cui si eleva l’estrema pulizia della voce di Maria Pia De Vito, sostenuta dal sussurro del contrabbasso. Armonie che si oscurano lentamente in “ELM”, dove Marcotulli e Bardoscia si esibiscono in assoli, combinazioni di accoppiamenti, risonanze multiple che investono dolcemente anche gli archi in “Ninna nanna per la piccola Sara” e nella malinconica “My Head”. A ritmo di danza folklorica, la spontanea e incalzante “J’adore la pluie” rinfranca nuovamente lo spirito prima che l’album si chiuda con “L’attesa”, brano di reminiscenza orientale in cui il pianoforte torna ad accogliere un mondo privato che si apre su pulsazioni degli archi e arrangiamenti emotivi del contrabbasso.
Nel complesso, “Trigono” si conferma un disco dalla personalità tanto sofisticata quanto discreta, capace di sedurre gli ascoltatori più esigenti grazie al perfetto equilibrio fra ortodossia e innovazione musicale. Un inedito e sorprendente incontro fra giganti del jazz contemporaneo per riavvicinare l’uomo all’origine del cielo e delle stelle.

Valentina Crosetto 02/07/16

Per ascoltare i brani della tracklist: http://bit.ly/297JIhQ 

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