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Canzone italiana del 2016: non è una classifica, è una vicenda

Dic 31

Di un anno che si porta via David Bowie, Prince, George Michael, due terzi degli Emerson Lake & Palmer, Gianmaria Testa, Giorgio Calabrese, Leonard Cohen, Dario Fo, Umberto Eco – e ci fermiamo qui per bloccare il magone – probabilmente sarebbe meglio non parlare. Ma tant'è, che Gramsci non ce ne voglia, ci troviamo a fare il punto dell'anno che ha celebrato il primo Festival del Giornalismo Musicale al MEI di Faenza, ma che al tempo stesso ha visto le dimissioni di Enrico De Angelis dalla direzione artistica del Premio Tenco. Nonostante l'impero del web sia sempre più consolidato – ahinoi, per certi versi – novembre ha sancito la nascita di una nuova rivista cartacea mensile, "Noi siamo Cantautori", diretta da Maurizio Becker. Sono nate realtà discografiche come Isola Tobia Label, etichetta etica di Carlo Mercadante, e Parola Cantata Dischi di Mauro Ermanno Giovanardi, che ha piazzato subito due progetti interessanti come "Mi Do Mi Medio Mi Mento" di Lele Battista e "Sottoponziopilato", disco d'esordio di Martinelli.
A Sanremo il tormentone-famiglia Anania è stato sostituito da un Gabriel Garko imbolsito e montaliano, oltre che dal "cazzo" elegante di Virginia Raffaele nei panni di Carla Fracci. La vittoria degli Stadio rientra più o meno nella tradizione, sicuramente di più rispetto al Wake up wagliù di Rocco Hunt e la recidività di Valerio Scanu. Tra i giovani si è imposta – e se ancora sapete chi è la colpa è vostra – Chiara Dello Iacovo, seconda classificata ben più matura rispetto al trionfatore Francesco Gabbani.

 

"Appena sveglia", disco d'esordio della ventunenne astigiana, è infatti uno dei migliori lavori dell'anno e ha sfiorato la vittoria al Tenco, finendo inesorabilmente dietro al caterpillar del dissing aritmato Francesco MottaEntriamo subito nel merito e lasciamo il costume. "La fine dei vent'anni", Targa Tenco come miglior esordio, ha fatto discutere non poco. In fondo, proprio di esordio non si tratta, dato che il suo autore scrive e fa musica da dieci anni. Lo zampino di Riccardo Sinigallia è più che evidente nella confezione di tracce che ruotano più o meno attorno allo stesso messaggio, divulgato attraverso una compagine testuale a volte scarna ma ammonitrice, premonitrice, apocalittica. Le stoccate punk, le ballate amare, la voce ipnotica e il timbro eclettico dell'artista pisano hanno fatto il resto. In parecchi lo aspettano al varco del secondo disco solista.

Niccolò Fabi ci ha preso gusto e ha vinto la seconda Targa Tenco consecutiva per il miglior disco dell'anno. Ha aspettato l'ottavo album per incidere un manifesto poetico, che si ritrova nell'intimità con la natura e nell'isolamento da un circostante in cui regnano l'utile e lo spreco, il capitale e il degrado. L'artista ha costruito un fiume immaginifico che propone una soggettiva sul recupero di qualcosa che è mancato, simboleggiato da quella prima persona buttata lì, forse casualmente, a pochi secondi dall'inizio della title track: "di scelte sbagliate che ho capito col tempo". "Una somma di piccole cose" ha reso ancor più chiara la dimensione spropositata di un autore necessario.

Anche il suo amico-fratello Daniele Silvestri ha piazzato un disco che, a parere di chi scrive, avrebbe meritato miglior sorte nei concorsi di categoria. "Acrobati" è un prodotto pregiato, a metà tra lo scanzonato e il serioso, tra il gipsy e la canzone d'autore. Un disco ponderato, nota per nota, un succulento calderone musicale. "La mia casa" è, senza se e senza ma, una delle canzoni più belle del 2016: inno cosmopolita, inno alla radice, inno a Roma, eterna seppur zeppa di controversie. Premiato e ripagato, fortuna sua, da un tour monumentale che si concluderà il 9 gennaio all'Auditorium Parco della Musica di Roma.

Letteratura, mito, tradizione popolare. Vinicio Capossela si è ormai inserito in un solco che va oltre la canzone d'autore e sfocia nella ricerca. Le sue "Canzoni della Cupa", raccontate negli ultimi 10 giorni dell'anno su Rai Radio 3 con le "Ombre radio", ne sono la testimonianza. Un progetto ampio e complesso, articolato e lontano da una fruibilità subitanea. Si dice che "se non è mai stata nuova e non invecchia mai, allora è una canzone folk": della terra dei padri Capossela aveva già reso parole di carta, diventate poi racconto filmico. Mancavano la musica e i musicanti. "Canzoni della Cupa" è il pulvis et umbra oraziano, una sacrosanta opera di recupero e restituzione all'uso: è il ricreo, un ritorno a una terra da cui non si è mai andati via.

C'è chi dalla musica cerca solo il bene. Non l'ha trovato e non lo troverà nella musica da combattimento degli Zen Circus, che con "La terza guerra mondiale" hanno riacceso gli entusiasmi di quel pubblico che non aveva particolarmente apprezzato "Canzoni contro la natura". L'album contiene nuovi inni generazionali come "Pisa merda", un sorprendente e apprezzabile atto canzonatorio verso il campanilismo bieco, che supera lo sfottò e diventa merda, "specchio di questa Nazione". Immancabile la ballatona acida, in questo caso particolarmente riuscita, come "Non voglio ballare". Un disco con mordente, più edulcorato delle prime opere, ma neanche tanto.

Di tutt'altra pasta è Luigi Mariano, artista sensibile, capace di scrivere con la stessa maestria canzoni d'amore e manifesti sociali. Le sue "Canzoni all'angolo", presentate al Monk in primavera e riproposte all'Arciliuto in novembre, sono figlie di un lavoro educato, che va ascoltato. È una questione di prospettiva, quella che permette all'autore salentino di scorgere mondi diversi – e forse migliori – rispetto al presente, al passato, al futuro e ai rapporti tra questi tempi verbali e umani. Di caratura notevole il brano "Come orbite che cambiano", sublime resa di una storia d'amore immortale.

Importante sottolineare la buona annata del cantautorato femminile. Claudia Crabuzza, eleganza e virtù, ha portato il livello delle esibizioni del Tenco – qui le rivelazioni portano il nome di Gianluca Secco e Ivan Talarico – un gradino più in alto con il suo catalano algherese. Il disco "Com un soldat" ha vinto meritatamente la categoria dei dialetti e lingue minoritarie delle Targhe Tenco.

Oltre alla già citata Chiara Dello Iacovo, di echi rinascimentali si riveste il lavoro di Patrizia Cirulli "Mille baci", che trasforma testi poetici in canzoni (un po' quello che nel 2015 aveva fatto Fausto Mesolella con i versi di Stefano Benni). Marlò ha esordito, autoproducendosi, con "Intro", che mescola delicati passaggi soul a decisi graffi blues e chiazze colorate di canzone d'autore. Elisa Rossi ha virato verso una mise elettronica con "Eco", in cui diverse mitologie si mescolano in una linea narrativa che dalla voce torna alla voce. Con il suo "Allenamento al buonumore" Agnese Valle si è aggiudicata il premio della critica all'ultimo Bianca d'Aponte (vinto da Sighanda): quadra armonica avvincente e ben aderente a testi significativi, che riportano ad atmosfere gitane, fiabesche, ammalianti.

Al di là dei singoli, l'evento dell'anno rimane comunque la partecipazione di Manuel Agnelli alla giuria di X Factor. No, non è vero. È la consacrazione pop di Calcutta e dei Thegiornalisti. No, non è vero. È la conclusione della carriera dei Pooh. No, è "Made in Italy", il concept di Ligabue.
D'accordo, avevamo promesso di lasciare il costume. Seppure si tratti di accadimenti abbastanza clamorosi, non possono superare la vittoria del Nobel per la letteratura da parte di Bob Dylan. Come già ribadito lo scorso ottobre, qui non si tratta di essere pro o contro, si tratta di questioni linguistiche, o semiotiche. Oppure semplicemente la questione riguarda la rappresentatività dei sentimenti collettivi: la canzone è un fatto sociale che confluisce in una volontà e urgenza artistica precisa, la narrazione. La portata storica è smisurata e, per chi vuole, va ben oltre le ciance arrotolate attorno al dibattito portato avanti sterilmente dai detrattori.
Così è, se vi pare. Il 2017 è stato anticipato dai singoli "La verità" e "Amanda Lear" di Brunori SAS e Baustelle, e segnerà il ritorno di nuove fenomenologie indie con Vasco Brondi e le sue Luci della centrale elettrica. Intanto, qualche nome da segnare nel taccuino: Carlo Valente, Rosso Petrolio, Gabriella Martinelli.

Daniele Sidonio 31/12/2016

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