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Il richiamo, mancato, all’avventura: "The Shannara Chronicles" e le promesse non mantenute

Nella storia dei generi c’è sempre un prima e un dopo. Il genere fantasy, nello specifico televisivo, non può non tenere conto di "Game of Thrones", la fortunata serie tratta dai romanzi di George R. R. Martin, che è stata capace di riavvicinare al genere, rinnovandone i canoni estetici per dare vita a una nuova grammatica fantastica.
Fino a GoT, il fantasy televisivo era destinato a un target ben definito: titoli come i recenti "C’era una volta" o "The Vampire Diaries" si rivolgono quasi esclusivamente a un pubblico adolescente, prevalentemente (ma non totalmente) femminile. Si viveva nella convinzione che il fantasy fosse la forma più facile, per non dire infantile, di intrattenimento.
"Game of Thrones" deve il suo successo a una ricca materia prima, a un cast scelto con cura e a una minuziosa attenzione ai dettagli. Sono questi, infatti, che permettono di entrare nel mondo che si racconta, di abbandonarsi al richiamo dell’avventura che è centro del genere fantastico. Per l’appunto, c’è un prima e c’è un dopo.
Il dopo, oggi, doveva essere la nuovissima serie firmata MTV, "The Shannara Chronicles". Tratta anch’essa da una saga letteraria, Il Ciclo di Shannara di Terry Brooks (1977), la serie racconta le avventure di Wil, Amberle ed Eretria e il loro tentativo di scongiurare un’apocalisse demoniaca. Simbolo della saga è un albero dalle foglie rosso cremisi, l’Eterea, che recentemente ha fatto la sua comparsa nella Galleria delle Carrozze della Stazione Centrale di Milano, ultima suggestiva trovata promozionale di Sky Atlantic.
Le premesse erano monumentali e con esse le aspettative. Fin dal trailer, la serie è stata presentata come un fantasy nuovo, capace di unire atmosfere classiche alla freschezza del contemporaneo, in una chiave originale come richiesto dalla storia, ambientata non in un mondo di fantasia ma sulla nostra Terra, in un lontanissimo futuro dove la razza umana è mutata nelle creature del popolo fantastico. Tra montagne e vallate di tolkeniana memoria sorgono le rovine della nostra civiltà, come lo Space Needle di Seattle avvolto da un’edera millenaria o un transatlantico arenato nel deserto. Non "Game of Thrones", dunque, ma qualcosa di diverso, che richiama all’attenzione la fitta schiera di nuovi appassionati del genere, adescati dalla promessa di una nuova storia, di una nuova avventura.
Ma anche nella visione c’è un prima e un dopo. E il dopo, almeno per chi scrive, è stato deludente. Andando al di là delle ambientazioni, curate ma con alcune cadute di stile, la serie precipita fin dalle primissime battute in un tono semplice, che richiama alla memoria i prodotti sopra riportati. La luce della fotografia apertissima è letteralmente spalmata sui giovani attori, rendendo questi ultimi privi di epicità. Sembra che soprattutto il protagonista, Wil (Austin Butler), sia stato scelto più per la prestanza dei suoi addominali che per effettiva bravura attoriale. Stesso dicasi per Poppy Drayton (Amberle) e Ivana Baquero (Eretria), incapaci, fino a questo momento, di rendersi credibili come eroine di una saga epica come lo sono i loro personaggi. La sceneggiatura, al servizio di una storia di genere da manuale, si arena tra le molte (troppe) spiegazioni, forse necessarie per introdurre a un universo complesso, ma che, sempre per amor di paragone, "Game of Thrones" era riuscito a calare nella trama, rendendo forse più lente ma più profonde l’immedesimazione e l’affezione alla storia.
"The Shannara Chronicles", presa in sé stessa, non può essere considerata un fallimento, ma riguardando al “prima”, alla campagna di marketing che profetizzava un certo prodotto, il “dopo” non può che lasciare perplessi. C’è stata, sembra, una mistificazione su ciò che il prodotto è in realtà, come un’esca lanciata per accalappiare il giusto numero di spettatori per un prodotto sul quale si è spesa una fortuna. È normale che la macchina del marketing faccia il suo dovere, ma chi, dopo le atmosfere drammatiche di GoT, si aspetta una serie simile per tono e per storia, rimarrà inevitabilmente deluso, muovendosi la trama tra temi e drammi molto più soffici. Tra un attacco demoniaco e un duello sanguinario ci si ritrova, infatti, impantanati nella melassa del triangolo amoroso dei tre protagonisti, finora appena accennato ma prevedibile nel suo sviluppo. C’è chi, ed è legittimo, amerà questo postmoderno mondo fatato; ma ci sono altri, invece, che non potranno che attendere con ancora più ansia il 24 aprile, quanto la sesta, attesissima stagione di "Game of Thrones" vedrà finalmente la luce.

Giuseppe Cassarà 18/01/2016

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