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I drammi e i sentimenti degli ex cittadini di Spoon River secondo Valter Casini

La seconda vita dei defunti di Spoon River non è più solo letteratura, ma anche musica e danza. Così l’antologia di epitaffi del poeta Edgar Lee Master diviene uno spettacolo teatrale dal sapore di un piccolo musical con “Spoon River – Acting & Songs” in scena al Teatro Ambra alla Garbatella di Roma. La regia e l’adattamento di Valter Casini mettono il cantautorato italiano di Fabrizio De André – che ha dedicato alle storie delle vite dei defunti della cittadina immaginaria l’album “Non al denaro non all’amore né al cielo” del 1971 - a servizio del teatro, in una veste che utilizza molti linguaggi.spoonriver2

Lapidi bianche campeggiano sul palco dove Flavio Ciancio siede in una vecchia panchina di legno, introducendo le storie dei personaggi. Cappello da cowboy e occhiali fumée, Ciancio usa un tono pacato e dolce che ci fa sentire subito bambini in ascolto di una favola della buonanotte. Man mano che vengono evocati dal narratore, i fantasmi si alzano dalle spoonriver3tombe: spiegano la loro storia cantando, parlando e danzando insieme al cantastorie, una fugace apparizione densa di emotività. Il duo formato da Giuseppe di Pilla e Chiara Friselli, anche loro morti, compie una performance convincente sul piano emozionale e su quello tecnico, diventando colonna sonora della pièce: voce, chitarra e armonica lui; voce e percussioni lei. Anche gli altri attori sulla scena - Ermanno Manzetti, Cristiano Mori, Paolo Perinelli, Eleonora Rizzuto, Ilio Vannucci - si cimentano nella danza e nel canto, forse a volte con una piccola insicurezza, ma senza abbandonare mai la natura complessiva della pièce, spontanea, efficace e godibile.
Così tra balli e canti il cimitero non sembra più uno spazio lugubre e spettrale, ma un luogo di relazione e comprensione delle vite degli altri. Ambiente dove si sviluppa, tra gli ex-compaesani, un’empatia che forse mai c’è stata in vita. Come se, trasfigurati dalla morte, essi siano capaci di far luce su se stessi e i propri sentimenti. Non c’è quasi più spazio per il risentimento, causato da un tradimento o dalla ferita dell’aborto, c’è solo il tentativo di ricordare e dare un senso alle proprie scelte. Mentre si ascoltano queste storie si riflette, non solo sulle relazioni umane, ma anche sul tritacarne soffocante dell’economia, tra strozzinaggio e nevrosi capitalista, sull’orrore della guerra, sulla sofferenza dell’amore. Certo un simile processo post mortem rimane un esperimento irreale, ma, a nostro parere, è un caloroso invito a compiere tale bilancio quando si è ancora in vita.
In questa riproposizione della “Antologia di Spoon River” Casini ci lascia, sul finale, un impellente interrogativo. La domanda centrale di ogni esistenza, quella posta da Ponzio Pilato, che è cullata nell’intimo di tutti noi: “che cos’è la verità?”. Non è importante quanto la morte possa rappresentare il limite estremo della nostra vita, la giustizia che il poeta vuole contribuire a costruire è quella di dare voce al vissuto di uomini e donne scomparsi e alla loro ricerca di verità, uguale a quella di ogni altro essere umano. Ogni vita, per quanto sia stata celebrata o meno, è fonte di genuina riflessone sul senso delle cose.

Ilaria Vanni 12/03/2017

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