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Le macerie morali del Belpaese in “Quello che non ho”

Il mondo attende un futuro che sembra non arrivare, nostalgico di un passato che non ritornerà e facendo lentamente spegnere il presente. Questa è la base su cui poggia tutto lo spettacolo di Neri Marcorè, "Quello che non ho”, con la regia di Giorgio Gallione, al Teatro Quirino fino al 5 marzo.
Lo spunto iniziale dello spettacolo sembra essere un evento del passato in cui il protagonista scoprì gli "Scritti corsari" di Pier Paolo Pasolini, non presi troppo seriamente dalle masse quando pubblicati. Ma è il film-documentario del 1963 "La rabbia" a trasformare l'intellettuale bolognese in una sorta di Cassandra del XX secolo. L'Italia è una piccola parte del mondo, ma allo stesso tempo è un grande esempio del tracollo della società moderna.quellochenonho2
Marcorè decide quindi di assumere il ruolo del narratore, unendo alle tristi previsioni evolutive di Pasolini la musica e i testi sempre attualissimi di Fabrizio De Andrè, contrapponendo a una triste realtà la "signorina fantasia".
Le canzoni finemente riarrangiate in acustico, eseguite insieme al trio Giua, Pietro Guarracino, Vieri Sturlini, arrivano dritte al cuore dello spettatore e delle questioni, con immagini suggestive che riescono a mitigare anche gli argomenti più duri. Tutto questo si contrappone costantemente alle riflessioni antropologiche pasoliniane, previsioni oramai avverate nella piccola realtà italiana, specchio del mondo e del consumismo estremo dilagante. Un ossimoro, forza e delicatezza, che è il leitmotiv di tutto lo spettacolo.
La totale mancanza di rispetto per l'ambiente di una generazione incosciente che mette il profitto davanti alla salute dei propri figli, senza pensare che le macerie morali dell'Italia e del mondo non inquinino l'ambiente ma l'inquinatore, indigna e trasforma lo spettatore in triste testimone inerme.
Argomenti concreti e d’importanza fondamentale che Marcorè lega benissimo tra di loro, muovendosi costantemente dal generale al particolare e dimostrandosi per l'ennesima volta artista poliedrico, con un umorismo mai troppo cinico e senza mai cadere in sterili sermoni.
Il protagonista, che già nel 2012 con "Eretici e corsari" (sempre per la regia di Gallione) aveva portato in scena il pensiero pasoliniano con le canzoni di Giorgio Gaber, dimostra ancora una volta di avere una forte sensibilità per i problemi che coinvolgono tutti, senza confini e distinzioni, e per i giganti della cultura italiana. Uno spettacolo che lascia l'amaro in bocca ma al tempo stesso diverte. Un trionfo di ossimori.

Giovanni Recupido 01/03/2017

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