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Un'Orgia fra i giocattoli, in scena al Teatro Patologico

Orgia” di Enrico Maria Carraro Moda, prodotto da I Nani Inani e andato in scena al Teatro Patologico il 25 e 26 febbraio scorsi, è uno spettacolo fatto di contrasti, di trovate stilistiche e interpretative bizzarre, stridenti.
Il rapporto sadomasochistico di una coppia borghese di mezza età, quello del testo originale di Pier Paolo Pasolini, prende vita in uno spazio decisamente inusuale, ampio e vuoto, riempito solo da alcuni giocattoli: una casetta per bambini, un flipper, un gattino maneki (simbolo di benvenuto nella tradizione cinese). Ancor più inusuali sono i personaggi che lo interpretano: i protagonisti, l'Uomo (Mauro F. Cardinali) e la Donna (Martina Corsi), sono, in questa versione, giovani tra i venti e i trent'anni, lei in abiti succinti, lui femminili. I due vengono affiancati da un terzo personaggio che entra ed esce dalla scena, Mirko (Daniele Arceri), oggetto di abusi da parte del protagonista, che nella drammaturgia pasoliniana veniva solo menzionato. La prostituta (Clara Morlino) che compare nelle battute di chiusura, prima di spogliarsi, è infine vestita come l'Uomo.Orgia1
Il tono distorto, baluardo di tutta la messa in scena, viene accentuato innanzitutto dall'interpretazione degli attori che, come anticipato dalla presenza dei giocattoli, discutono di stupri, violenze fisiche e fantasie perverse con la spensieratezza tipica dell'età infantile, a volte con una recitazione enfatica, a volte neutra e didascalica, che non sottolinea quanto viene detto. Nonostante si parli di concetti carnali, del ruolo di serva e padrone all'interno del rapporto uomo-donna, i due protagonisti raramente interagiscono. Spesso infatti i loro dialoghi avvengono a distanza, oppure senza guardarsi negli occhi, pur essendo fisicamente vicini. Inoltre, come se le loro parole non avessero alcun peso, i due continuano ad entrare e uscire dalla casetta, a giocare con il flipper, a saltellare su grandi palloni colorati, a mangiare cioccolata, a indossare braccialetti fosforescenti. Spesso, infine, alcune frasi divengono inascoltabili all'interno della casetta di plastica e a causa del volume altissimo della musica: brani di elettronica si alternano con la sigla di “Daitarn 3” e “Nessuno mi può giudicare” di Caterina Caselli, che si ripetono ossessivamente.
Quello di Pier Paolo Pasolini è già di per sé un testo scomodo, scandaloso, torbido, e Carraro Moda non fa altro che rincarare la dose, optando per l'accentuazione della componente trasgressiva già presente nel contenuto, con la collocazione della performance in un universo ludico. Ed ecco dunque due bambini troppo cresciuti parlare di sesso e violenza in maniera fin troppo disinvolta.
In sostanza, molte delle scelte di cui s'è appena discusso, alcune a primo impatto prive di fondamento, e il processo di ricontestualizzazione – studiato, ispirato – riescono meravigliosamente nell'intento di far sentire lo spettatore francamente a disagio.

Denise Penna 01/03/2017

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