Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

                                                                                                             

“La telefonata”: quando l’attesa non è sempre un piacere

Cosa può essere così forte da distruggere la nostra sicurezza, la stima e la fiducia in noi stessi? Un amore forse non corrisposto o di cui non siamo sicuri è di certo la risposta migliore. Se negli ultimi anni grazie ad uno spot è diventata un tormentone la frase “l'attesa del piacere è essa stessa piacere”, in questo spettacolo viene dimostrato esattamente il contrario.
Ne “La telefonata”, andato in scena presso il Teatro Biblioteca Quarticciolo, il tema portante è proprio una continua sensazione di sospensione tra certezza e incertezza. La protagonista (Ramona Nardò) si presenta al pubblico in Latelefonata1déshabillé, seduta su un divano, circondata da un'enorme quantità di yogurt e da una grossa ceneriera. Una sorta di Bridget Jones. È visibilmente tesa, fuma una sigaretta nervosamente, in silenzio, osservando il pubblico. Ha un telefono che costantemente controlla per vedere se ci sono chiamate perse o messaggi, tic che sta lentamente sostituendo la figura di una sigaretta tra le dita. Inizia così una tormentata riflessione con se stessa: telefonare o non telefonare? Questo il dilemma. La destinataria è la ragazza di cui è innamorata, una dottoressa che le ha curato la spalla. All'inizio questa donna sembra sicura di sé, è sicura di piacere, di aver fatto colpo, ma nonostante tutto non ha il coraggio di fare questa mossa. Ma pian piano la sua sicurezza si va sgretolando, e il passare del tempo è scandito dagli yogurt svuotati che si accumulano sul palco. Lentamente assistiamo ad una vera esplosione di fragilità, paradigma di una dolorosa esperienza che molti hanno vissuto. Il desiderio di avere anche un semplice contatto è all'inizio demonizzato, escluso perché tutto questo non è semplice espressione di una voglia carnale ma di vero amore.
Il personaggio comincia ad essere divorato dall'interno, da questo tempo che passa, e il tutto confluisce in un pianto liberatorio. Il continuo oscillare dei sentimenti sembra costringere la protagonista in un labirinto senza uscita, diventa lentamente tutt'uno con il suo divano, un oggetto d'arredamento: l'indecisione e l'insicurezza hanno preso il sopravvento.
Lo spettacolo, scritto da Tiziana Tomasulo e diretto da Fabiana Iacozzilli, è una riflessione che comincia da quella che potrebbe essere un'azione molto semplice per poi trasformarsi in una prova, nell'occasione per fare i conti con la propria vita. Si oscilla costantemente tra il drammatico e la commedia, con forti accelerazioni e brusche frenate del monologo che danno alla pièce un andamento altalenante. Non esistono decisioni semplici nella vita, ma la perdita di tempo non è di certo la soluzione, anzi. Un senso di inquietudine assale lo spettatore che ride a denti stretti, riconoscendosi forse in quello stato di esitazione che ci ruba il bene più prezioso: il tempo.

Giovanni Recupido 05/03/2017

Libro della settimana

Facebook

Formazione

Sentieri dell'arte

Digital COM