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"Grido D’amore - Edith Piaf": il ritorno della donna dalla voce allegra

Si respira un'atmosfera particolare dall'odore pungente che ricorda i vecchi vicoli francesi degli anni Trenta dove l'aria pesante è un misto di vino rosso di pessima qualità e canzoni tristi di amori finiti. Non siamo in Francia, ma presso il teatro Lo Spazio di Roma dove dal 4 al 9 aprile è in scena "Grido D'amore – Edith Piaf" scritto da Ennio Speranza, diretto e interpretato da Gianni De Feo.
La luce è soffusa e sul palco c'è un uomo seduto con cilindro e occhiali (De Feo), dietro di lui un musicista con la fisarmonica (Marcello Fiorini). Una voce femminile, pronunciando frasi in francese, accoglie, con potere quasi ipnotico, le persone che si affrettano a prendere posto. La fisarmonica inizia a suonare e l’uomo canta, fissando il pubblico.
Cantare Edith Piaf non è di certo cosa semplice, così come non è semplice cercare di ricostruire la storia di una donna nata e cresciuta per strada e diventata in poco tempo il mito della canzone popolare francese del Novecento.
'Édith Giovanna Gassion' nasce a Parigi nel 1915, vive per strada dove canta per sopravvivere. La sua vita è stata un ciclone pieno di felicità e dolore caratterizzata da grandi amori, malattie, dipendenze e successo. Viene ricordata da tutti come 'Piaf' (passerotto) per il suo corpo minuto e la sua voce delicata e ricca di forti sfumature. Piaf1
Piaf è un mito difficile da definire e per certi versi avvolto nel mistero che l'attore riesce straordinariamente a svelare al pubblico. De Feo si avvicina con grande rispetto alla figura di Edith e con profonda delicatezza viviseziona la sua vita divorando con famelica voracità le caratteristiche che l'hanno resa l’idolo della Francia per poi donarle allo spettatore così come la stessa cantante faceva con il suo pubblico.
Un compito arduo quello affrontato dall'attore. Un compito che riesce a portare perfettamente a termine seguendo due linee semplici e distinte, non cadendo in nessun modo nella trappola dell'imitazione o identificazione. Piaf3
Gianni De Feo, infatti, da una parte si stacca dal personaggio e diventa semplicemente il narratore, fornendo una serie di cenni storici e informazioni sull'artista che raggiungono la platea come un uragano, così come è stata la stessa esistenza di Piaf. Dall'altra parte, invece, l'attore ripropone con la stessa passione e lo stesso trasporto le canzoni più famose e per un attimo ci si dimentica che a cantare è un uomo. L'interprete, infatti, scompare per lasciare il posto allo spirito di Piaf, rappresentato simbolicamente da grandi ali appese. Si ha quasi l'impressione di vedere davvero sul palco la cantante con le sue movenze, la sua ironia amara e la sua voce malinconica che cattura l'attenzione. 
Lo spettacolo è riuscito a rendere grande omaggio all'artista, facendo sentire di nuovo il suo grido d'amore nei confronti della vita e dell’arte.
La semplicità e l’umiltà che emergono da ogni minimo gesto e dalla più piccola nota, hanno dato vita a una rappresentazione che in soli novanta minuti riesce a far rivivere epoche e atmosfere lontane.
E così sulle note di 'La vie en rose', 'Milord' e 'Padam Padam' (per citare solo alcuni dei brani proposti) accompagnati dal delicato suono della fisarmonica, il pubblico vola in Francia per assistere di nuovo al dolore e alla gloria della piccola donna dagli occhi tristi e la voce allegra.

Marilisa Pendino 05/04/17

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