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Fabrizio Gifuni e i suoi ”Ragazzi di Vita”

Per molti il nome di Pasolini è rimasto indissolubilmente legato ai “pischelli” delle borgate romane, fino al punto che, negli anni in cui "Ragazzi di vita" si impose all’attenzione di critica e pubblico, non mancò chi, persino in sede giudiziaria, considerò il degrado morale dei personaggi come prova della scarsa "raccomandabilità" dell’autore. In pochi, ad esempio, si resero conto all’epoca dell’esperimento che aveva messo in atto in quello che sarebbe rimasto uno dei suoi capolavori indiscussi: il tentativo di dare voce diretta, non mediata dall’autore, a una classe sociale esclusa per definizione dalla letteratura.Gifuni3
Quegli stessi ragazzi della Roma sottoproletaria che dal 7 all’8 marzo hanno invaso il palco del teatro Vascello, portati dalla pagina alla scena dalla voce di Fabrizio Gifuni, che continua nel teatro romano a pochi passi dalla casa dove abitò lo stesso Pasolini, il suo ciclo di letture intitolato “Fabrizio Gifuni, l’autore e il suo doppio”. Un tour de force che inizia il 2 marzo con Albert Camus, e, passando per Pasolini e Giovanni Testori, si concluderà il 12 con l’omaggio a due scrittori del calibro di Julio Cortazar e Roberto Bolaño.Gifuni2 Il percorso creativo di Gifuni lo ha portato nel corso della sua carriera a confrontarsi con altrettanti testi letterari, mettendone in atto una vera e propria riscrittura, operata attraverso la voce e il corpo dell’attore. Il risultato è un qualcosa di simile al rituale, che prende forma a teatro e solo a teatro ha la sua ragion d’essere, nel cortocircuito che si viene a instaurare tra il corpo dello spettatore e quello dell’attore.
Anticipato da un fascio di luce che ne mantiene in ombra il volto, Gifuni fa il suo ingresso su un palco delimitato da linee bianche che lo chiudono tutto intorno a formare un quadrato. All'interno di questo spazio così circoscritto nient'altro che un leggìo e una sedia. Quello che lo spettatore si trova di fronte non appena l'attore varca il perimetro della scena non è un semplice esercizio di lettura, quanto piuttosto un vero e proprio atto creativo, che mira ad allargare al massimo le maglie del testo, consentendo a personaggi e ambientazione di fluire liberamente fino allo spettatore. Pur leggendo, l'interprete non è mai completamente fermo, ma caratterizza ora con un gesto ora con un altro ogni singola situazione o personaggio. È in questo modo che il Riccetto, il Caciotta e gli altri fanno capolino sul palcoscenico, saltano al collo di chi legge e vi rimangono aggrappati per tutto lo spettacolo.
La corporalità è d'altronde un elemento chiave nella stessa poetica pasoliniana, a cui si aggiunge, nella performance messa in atto da Gifuni, la particolare modulazione della voce attraverso cui l’attore rende la lingua “regredita” dei protagonisti. Un passaggio dal discorso diretto all’indiretto che ricorda da vicino una tecnica messa in atto da Gifuni stesso anche in "Lehman Trilogy", lo scorso dicembre al teatro Argentina. L'attore, solo sul palco, non legge, ma, come afferma lui stesso, “suona”: ogni personaggio viene fatto "cantare", toccando per ognuno corde diverse. Il rispetto verso il testo pasoliniano non può così prescindere da un apporto del tutto originale dell’interprete, che di fatto di quei personaggi finisce per farsi carico.
Il reading vero e proprio è intervallato da momenti in cui le pagine vengono del tutto abbandonate e a tornare protagonista è proprio il corpo dell'attore che, smessi i panni dei pischelli degli anni '50, assume quelli di Pasolini stesso, citando frammenti di poesie e articoli, dando presenza fisica alla nostalgia del poeta, come anche dello scrittore e del giornalista, per un mondo scomparso, schiacciato da una società autoritaria, tesa ad amalgamare le differenze. I ragazzi di vita assumono così una particolare connotazione, presentandosi agli occhi dello spettatore come messaggeri di una capitale postbellica ormai scomparsa, ma, allo stesso tempo, simboli di un autore più che mai vivo e capace di parlare al presente, tratteggiando i contorni di una società allo sbando, ieri come oggi. Come ci ricordano Gifuni e Pasolini, «la morte non è nel non potere più comunicare, ma nel non potere più essere compresi».

Desirèe Corradetti 09/03/2017

Per la recensione de "Lo straniero": https://www.recensito.net/teatro/lo-straniero-fabrizio-gifuni-camus-vascello.html

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