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Emilia: una famiglia quasi tranquilla

Ogni famiglia è infelice a modo suo. Parlare dei legami familiari a teatro non è mai cosa semplice. Spesso si rischia di cadere nel banale, presentando solo una serie di stereotipi già sentiti fino allo sfinimento.
Con grande sorpresa questo è quello che non accade in "Emilia", lo spettacolo scritto e diretto dal regista argentino Claudio Tolcachir, che segna il grande ritorno dell’attrice Giulia Lazzarini, in scena al teatro Argentina di Roma dal 26 marzo al 23 aprile.
Mobili, coperte, sedie e scatoloni invadono lo spazio scenico. Siamo all’interno di una casa dove una famiglia, apparentemente tranquilla e unita, si è appena trasferita. Walter (Sergio Romano) la moglie Carolina (Pia Lanciotti) e il figlio Leo (Josafat Vagni) sono intenti a sistemare la nuova abitazione. Ad un tratto all’interno di questo contesto familiare fa il suo ingresso, quasi in punta di piedi, Emilia (Giulia Lazzarini) una simpatica vecchietta che avrà un ruolo molto decisivo.
La donna, infatti, è stata la bambinaia di Walter e dopo vent’anni si presenta per conoscere la famiglia del suo piccolo, diventato ormai un importante uomo in carriera. Dopo una serie di simpatici aneddoti su Walter e di dolci ricordi del passato, le cose, però, si complicano quando arriva Gabriel (Paolo Mazzarelli) il vero padre di Leo. Emilia2
Lo spettacolo riesce a indagare con grande semplicità il tema della famiglia e dell’amore incondizionato senza alcuna pretesa se non quella di non dare nulla per scontato, obiettivo non facile da raggiungere. Si tratta di uno spettacolo che inganna. Sembra, all’inizio, l’ennesimo dramma familiare, in realtà non è così. All’interno della famiglia di Walter, infatti, avvengono degli scontri, delle riappacificazione e delle rivelazioni che rassicurano e disorientano al tempo stesso.
La scenografia e l’interpretazione quasi ipnotica degli attori, in particolar modo quella di Giulia Lazzarini, riescono a far percepire la precarietà di quei legami che molto spesso vengono dati per scontati e che invece possono crollare quando meno te lo aspetti.
Alternando momenti esilaranti a momenti pregnanti di drammaticità, Emilia prende il pubblico per mano e lo accompagna all’interno dell’intimità di una famiglia che solo per un attimo diventa la famiglia di tutti. Ci permette di spiare i personaggi per avere conferma di come sia difficile riuscire a condividere la propria vita con le persone anche con quelle che si amano più di ogni altra cosa.
Osservando lo spettacolo s’impara il crudele gioco della quotidianità all’interno delle mura domestiche, il primo luogo dove si apprende a mentire e ferire, spesso senza rendersi neanche conto di farlo.
Emilia, attraverso una delicatezza quasi disarmante, ricorda l’importanza della memoria, l’importanza dei ricordi che ci migliorano e il bisogno di cancellare quelli che ci divorano.
Questo è quello che avviene sul palco. I ricordi si fanno vivi, si scacciano e se ne creano di nuovi, forse del tutto inventati.
Così come nella vita vera, lo spazio scenico, simbolo di una casa ancora in divenire dove le speranze di un gruppo di persone felici (solo apparentemente) si possono concretizzare, diventa un campo di battaglia all’interno del quale confrontarsi, uccidersi a vicenda e salvarsi. Infondo non è questo che vuol dire essere una famiglia?

Marilisa Pendino 05/04/2017

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