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“Come un cane senza padrone”: Pasolini torna a teatro con i MOTUS

Lampi. Tuoni. Pioggia. Immagini di periferia. In sottofondo, la voce di Pasolini. Inizia così “Come un cane senza padrone” dei MOTUS, storica compagnia riminese. Riportato in scena in occasione dei 25 anni di attività, lo spettacolo trae ispirazione dagli appunti presi da Pier Paolo Pasolini per la stesura di “Petrolio”, romanzo che rimarrà invece incompiuto.
Originale, affascinante e travolgente, la pièce si presenta come una versione reading semplicissima, alla quale però non manca veramente nulla. Sulla scena tre schermi, un microfono, un leggio, una sedia. La sensualissima voce di Emanuela Villagrossi, sola sul palco, in piedi, di profilo, racconta le immagini che via via vengono proiettate. La storia narrata è quella di Carlo, un ingegnere borghese e benestante, interpretato da Dany Greggio. L’improvvisa pseudotrasformazione di sesso, lo stordimento, l’impetuoso desiderio sessuale e il fatale incontro con Carmelo, cameriere tenero ma virile, di cui veste i panni Frank Provvedi. Uno sfregamento di mani, un numero di telefono, l’incertezza. Pasolini02Carlo si decide a chiamare Carmelo. L’appuntamento è fissato. Sugli schermi ancora immagini di periferia (quella romana), strade, lampioni, palazzi degradati, prostitute. In macchina è l’apparentemente fragile e indifeso cameriere a guidare l’autorevole ingegnere verso uno sperduto nulla in cui Carlo troverà il suo tutto. Le immagini rimandano a quei sentieri tante volte percorsi e poi descritti da Pasolini nelle notti in cui diceva di girovagare da solo senza una meta alla pazza ricerca di un imprecisato “qualcosa”. Lo stesso personaggio di Carlo si staglia e appare riconoscibile come l’alter ego di PPP: l’omosessualità repressa, la continua ricerca dell’elemento materno, un atteggiamento infantile e fanciullesco. Il desiderio primitivo e irrefrenabile emanato dai due nel corso del viaggio trova sfogo in un prato, unico, silente testimone di un rapporto carnale ai limiti dell’animalesco. Carlo passivo e quasi inconsapevole subisce la prepotente e conscia mascolinità di Carmelo. Il viaggio di ritorno. La macchina che si ferma. Tutto termina con una stretta di mano amichevole, gentile, affettuosa. È tempo che ognuno riprenda a vivere il proprio destino, anche lo spettatore.
Avvolto in un’atmosfera sensuale e fisica, accarezzato dalla voce liquorosa e calda della Villagrossi il pubblico è come intorpidito. Immerso ancora in quell’incontro di mani, di carni, di sensazioni corporee. Lo spettacolo non coinvolge solo la vista ma tutti i sensi e a tratti diventa incredibilmente intenso, vicino, forte. Ogni singolo tassello della performance dalle musiche, alle movenze della lettrice, ai fogli lasciati cadere a terra contribuisce a rendere voluttuosa e fisicamente percepibile l’intera rappresentazione. Di nuovo il buio. Il vento che soffia forte. Il doveroso ritorno alla realtà. Sullo schermo un animale corre libero, sciolto e randagio. È un cane - o forse una cagna- senza padrone.

Elena Picchi 13/03/2017

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