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Al Teatro Stanze Segrete, “Che fine ha fatto Baby Jane?”: già, che fine ha fatto?

Blanche e Jane Hudson, sorelle con un passato da attrici, convivono costrette in un rapporto solo apparentemente sano.
In seguito a un incidente, la prima, un tempo celebre star del cinema, si ritrova a dover dipendere, bloccata su una sedia a rotelle, totalmente dalla seconda, attricetta invece anonima, gelosa del successo della sorella e sempre più insofferente al suo nuovo ruolo di badante. In un crescendo di psicopatia e morbosità, Jane arriverà ad architettare inquietanti trappole e claustrofobiche punizioni per punire Blanche, sfogando così la propria rabbia. Nessuno potrà allora impedire la crescita e la marcia di questa spirale d’odio e malattia mentale...Babyjane1

Questa la storia che Susanna Lauletta e Alessandra Silipo (non solo registe, ma anche interpreti, rispettivamente, di Blanche e Jane Hudson) propongono con “Che fine ha fatto Baby Jane?”, in scena nella suggestiva location del Teatro Stanze Segrete dal 28 febbraio al 12 marzo. Lo spettacolo è un adattamento del celebre thriller psicologico del 1962, diretto da Robert Aldrich, sceneggiato da Lukas Heller e interpretato da Joan Crawford e Bette Davis, “What Ever Happened to Baby Jane?”, basato a sua volta sull’omonimo romanzo di Henry Farrell.
Da libro a film a pièce teatrale, la storia delle sorelle Hudson ha conosciuto perciò forme e linguaggi diversi, rischiando forse, giunta a teatro, di logorarsi un po’ in termini di fascino e intrigo. Riuscire infatti a restituire le atmosfere gotiche e oscure, i momenti di suspense e panico che hanno reso celebre il film, non è certo un’operazione facile: il teatro lascia allo spettatore quella libertà di movimento (dello sguardo, ma non solo) che la camera da presa, dispotica, non concede – sentirsi costretti nel terrore, dunque, al cinema è più facile.

Babyjane2Le due registe sembrano averlo capito, e hanno cercato di aggirare la questione come portando un po’ di cinema a teatro, grazie a due fondamentali espedienti: la scelta del luogo e le musiche. Il piccolo teatrino delle Stanze Segrete è di fatto un’unica stanza, una sorta di salotto privato: non c’è palco, quindi, e spettatori e attori sono esattamente sullo stesso piano, immersi nello stesso dramma. L’aspetto musicale – a cura di Angelo Lauletta – strizza l’occhio al grande cinema horror (echeggiano qui e là i Goblin di “Profondo Rosso”), alternando suggestioni elettroniche a virate di pianoforte, a effetti e effettacci che suonano come versi di bestie e mostri.

C’è però qualcosa che comunque non convince, in questo spettacolo: per quanto evidente e certo faticoso, il lavoro che fanno attori e musicista sembra perdersi e sfumare senza lasciare il segno – inquietudine e paura sono le vere grandi assenti. La recitazione sceglie l’urlo e lo schianto, la risata a piene ottave e il pianto disperato, anziché il sospiro e l’agguato, la sordina e l’allusione, come un luogo e un testo così “mentali” consiglierebbero per ottenere, forse, l’effetto più giusto. Anche l’aspetto luci, curato dal light designer Tommaso Mercogliano, non è troppo funzionale, insistendo su elementi (uno su tutti: l’intermittenza nei momenti di particolare intensità emotiva) non proprio ottimali per l’impianto tecnico del teatro: un uso meno spettacolare avrebbe giovato sicuramente – giocare di rimozione, anziché d’accumulo, è in casi di questo tipo, probabilmente, la scelta migliore.
Alla fine, la domanda che scappa è proprio questa: che fine ha fatto “Che fine ha fatto Baby Jane?”?

Sacha Piersanti
02/03/2017

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