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Dopo la chiusura del Festival Orizzonti parla anche l’ideatore: Manfredi Rutelli

CASTROVILLARI – Alta Calabria. Ci si affaccia sulla Basilicata. Castrovillari. Sotto il Pollino. I primi diciotto anni di Primavera dei Teatri. E infatti stormi di rondini volteggiano nella vallata verde. In fondo alla sala da pranzo della Torre Infame, must del festival diretto da Saverio Pisano, La Ruina, Settimio e Dario De Luca, c’è Roberto Latini. In questi giorni il suo volto, i suoi occhi chiari (bella la locandina del sua nuovo “Cantico dei Cantici” con lenti tra David Bowie e Marilyn Manson) fanno inevitabilmente rima con Chiusi e con la serrata del festival della provincia senese. Lui che aveva ricevuto il compito di formare una compagnia stabile della rassegna diretta da tre anni da Andrea Cigni. La voce profonda dell’attore romano, fatta di bassi che fanno vibrare gli chiusi1oggetti attorno, si sente anche se parla sottovoce, anche quando sussurra che dopo sette anni ha lasciato Bologna per trasferirsi a Milano. Concentrato sul lavoro, che qui in Calabria debutta, ma anche pensieroso. Questa faccenda di Chiusi sta lasciando segni sparsi. Ma Latini è il presente, Cigni il presente, l’interruzione della rassegna il presente.
Ma bisogna conoscere il passato per capire l’oggi. È storia di questi giorni l’annullamento forzato e inaspettato del festival di Chiusi “Orizzonti” del quale proprio Latini, e non era suo compito farlo, ha dato notizia. È uscito nel frattempo qualche intervento sul web: Brighenti (che lavora per il Teatro della Toscana) e Pocosgnich (Teatro e Critica organizza laboratori di scrittura critica nei vari festival della penisola, compreso Chiusi) e Porcheddu il primo che ne ha scritto e che, giustamente, ha chiesto lumi a Latini sull’accaduto, il quale ha espresso il suo sgomento, tristezza e indignazione. Ma facciamo un po’ di chiarezza, torniamo al prima che il presente disfatto e lacerato già lo conosciamo.

chiusi3Chiusi per noi fa rima invece con Manfredi Rutelli, visto che ne è l’ideatore e fondatore. Non si fa pregare, anche se percepiamo che ne avrebbe molte di più da raccontare: “Il festival, quello vero, non è nato nel 2013, bensì nel 2003”, esordisce così l’autore e regista romano, da noi raggiunto telefonicamente. Alle spalle ha oltre venti anni di carriera artistica, direttore da quattro stagioni del Teatro degli Astrusi di Montalcino. Allievo di Alvaro Piccardi, ha cominciato a muovere i primi passi nella regia, prosa e d’opera lirica, al Cantiere di Montepulciano, ha diretto teatri (Torrita, Sarteano, Chiusi, Abbadia San Salvatore), diretto festival (Montecchio Emilia), ha lavorato con Massimo Wertmuller, ha messo in scena per otto stagioni “La Banda” con Flavio Insinna (che riprenderà l’anno prossimo con l’inserimento di Federico Perrotta) ed è in giro con lo spettacolo di Simone Cristicchi “Il secondo figlio di Dio”, mentre a livello internazionale ha lavorato con strutture di Manchester, Bordeaux, Tokyo e Burkina Faso.

Riprende fiato sorpreso: “Ho letto ed è stato detto che fino al 2013 il festival Orizzonti era solo una piccola manifestazione locale, niente di più falso. E lo dico perché abbiamo avuto in cartellone Cesar Brie e Moni Ovadia, Davide Enia, Nicola Piovani, Giorgio Rossi e Davide Riondino”.
Una pausa. È sereno e tranquillo: “In questi ultimi tre anni sono state volontariamente rimosse delle verità, cancellate, dimenticate, al fine di dare lustro alla nuova direzione che volevamanfredirutelli dimostrare discontinuità con il passato. Voglio chiarire che il Festival Orizzonti è una mia creatura, da me ideato e diretto per undici anni, dal 2003 al 2013 nei quali si è fatto conoscere nel panorama nazionale con ospitalità e produzioni. L’ho chiamato Orizzonti proprio perché a Chiusi, con quel nome, c’era bisogno di qualcosa che allargasse le prospettive, culturali e non soltanto ospitando artisti internazionali ma attraverso il coinvolgimento diretto della popolazione dando spazio e luogo a realtà esistenti e dando loro occasione di crescita attraverso la formazione e la partecipazione diretta”.

Si parla di un buco di bilancio in tre edizioni di 300.000 euro. Anche ai tuoi tempi le cifre erano queste?
“Non ho mai chiuso le attività in perdita, ho gestito il festival anche con 34.000 euro per 10 giorni di programmazione. Nel 2012 è cambiata l’amministrazione e il sindaco ha creato una fondazione, idea giusta, a cui è stato dato il nome del festival da me inventato; una bella soddisfazione, mi sono detto. Sono stato nominato vicepresidente e direttore artistico. Nel 2013 si è ritenuto opportuno cambiare direzione artistica. Sono stato informato di un bando per la nuova direzione artistica del festival soltanto dai giornali. E poi è cominciata un’azione di rimozione storica degli undici anni precedenti”.

chiusi5Quasi come se la nuova direzione si “vergognasse” della precedente. Come hai vissuto questi ultimi giorni? Immagino che ti abbiano chiamato e cercato in molti.
“Quando mi è arrivata la notizia della chiusura del festival ho provato profonda amarezza e rabbia. Rabbia per come hanno gestito, amministrato e diretto questa mia creatura. Molti mi hanno inviato messaggi chiedendomi se ero soddisfatto e contento. Non sono certamente contento, non ho certo gioito; quando una manifestazione culturale chiude, mai, a prescindere, si deve essere contenti. Sono dispiaciuto, e molto. In ventidue anni di lavoro in ambito teatrale e culturale non ho mai fatto fallire niente e anzi ho creato le basi, gli stimoli, le opportunità per una collettività teatrante attiva e consapevole. Ho sempre avuto un grande rispetto per il denaro pubblico”. Fin che la barca va, lasciala affondare.

Tommaso Chimenti 03/06/2017

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